martedì 14 aprile 2020

IL DESTINO E I FACITORI DELLA STORIA




Il principe. 
Nel 1532 Nicolò Machiavelli pubblicò la sua opera politica più importante. L'autore fiorentino traccia la personalità che dovrebbe avere, a suo giudizio, il capo destinato a guidare una nazione.La personalità tracciata è eloquente. Il capo di stato deve essere scaltro. Deve avere una grande forza d'animo.Deve avere la forza di utilizzare le virtù dei propri uomini per raggiungere i grandi obbiettivi che persegue. Dove avete la prontezza d'animo per sfruttare al meglio le fortune che il destino gli offre. Questo è un tema fondamentale nel pensiero di Machiavelli. La consapevolezza che la sorte segna i destini dell'umanità, e la virtù principale del grande duca: il saper soggiogare il fato al proprio dovere. A mio parere il machiavellismo, cioè la convinzione che tutto è giustificato in nome del potere, non è un pensiero di Machiavelli. L'autore ha un profondo senso etico della politica. Ciò è confermato dal suo amore e ammirazione per Tito Livio, lo storico romano cantore delle virtù repubblicane. Non prefigurava affatto il politico privo di scrupoli. Non voleva un comando privo di etica. Il suo Principe doveva certo far sorgere uno stato forte, una Italia unita. Questo però non voleva dire che tutto gli era concesso.la sua mano doveva essere inflessibile in guerra, ma doveva essere giusta nell'esercito del buon governo. Il re doveva essere caritatevole ed ascoltare le istanze del popolo.Insomma il re doveva forgiate i destini comuni, sapendo prendersi cura dei propri sudditi tutelando non solo la loro vita ma anche le loro attività commerciali e lavorative. Doveva prendersi cura delle famiglie.Quattro secoli dopo, più o meno, Antonio Gramsci attribuì al proletariato, a tutti i componenti quella classe sociale, lo stesso compito che Machiavelli attribuì al Principe. Per Gramsci era il proletariato, organizzato nel partito, ha farsi fattore dei destini collettivi.Cosa dire? Anche questa è una grande utopia rinascimentale. Per Machiavelli l'intelligenza di un singolo uomo doveva cambiare il mondo, per Gramsci la comunione di intenti di un folto gruppo di uomini e donne organizzate, dovevano cambiare i destini della penisola e dell'intera umanità. Due utopie diverse, con una visione politica differente, nate in tempi fra loro lontani, ma ambedue basate sulla convinzione che la volontà e la dedizione umana possono cambiare in meglio la storia.

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