ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali
rivolte a tale scopo”
Prosegue il viaggio di “Racconto a mano libera” per
celebrare i settant’anni dalla promulgazione della nostra Carta Costituzionale.
Un viaggio ideale che comporta la lettura degli articoli della legge
fondamentale. Oggi pubblichiamo l’articolo 11. Nel 1948, anno in cui entrò in
vigore la Costituzione, la seconda guerra mondiale era finita da meno di tre
anni. Le famiglie italiane piangevano i loro morti, caduti durante quel
conflitto. Il mondo intero ha vissuto l’orrore delle devastazioni prodotte
dagli eserciti. Ha visto con i propri occhi gli effetti devastanti di una nuova
e tremenda arma: quella nucleare. Hiroshima e Nagasaki sono due città
Giapponesi. Furono bombardate da due tremendi ordigni a testata nucleare,
chiamati con crudele ironia “Little Boy” e “fat man”. Questo infausto
avvenimento provocò, nell’agosto del 1945, quattrocentomila morti. Una cifra
enorme senza precedenti nella storia. Il mondo dovette scoprire gli effetti
nefasti che l’energia nucleare produce sulla vita di ogni essere della terra. I
giapponesi che non morirono, che rimasero lesi dal fungo atomico, dovettero
affrontare immani sofferenze. Davanti all’orrore della guerra, davanti alla
persecuzione di ebrei, zingari, disabili e oppositori politici voluta dal
nazismo durante la folle guerra voluta da Hitler, i costituenti hanno voluto
ripudiare la guerra, come dice l’incipit dell’articolo 11. Il verbo “ripudiare”
ha una valenza fortissima. Si sa è il genitore che ripudia un proprio figlio,
nella cultura antica è il marito che ripudia la moglie. Il ripudio è un termine
usato per indicare la scelta di scacciare una persona che si considerava cara.
Allora perché i costituenti hanno reputato necessario usare un termine così
forte? Dio ripudia Adamo ed Eva quando mangiano l’albero del peccato. E’ la
triste costatazione che la guerra è figlia e creatura dello stato. La guerra
non esisterebbe se non ci fossero gli stati. La guerra è una figlia perfida,crudele
ed orrenda delle istituzioni statuali. Davanti
a questo orrore, davanti alla costatazione che perfino le nuove istituzioni
repubblicane potrebbero dichiarare guerra ad altri stati e provocare morti, i
costituenti hanno detto “no”. L’Italia non farà mai più guerre, era l’augurio
che si facevano. La terra che ha dato i natali a Dante e a San Francesco si fa
operatrice di pace non latrice di morte. Lo stato repubblicano scaccia la
guerra come si scaccerebbe una donna colpevole di reati infami. Ovviamente i
padri Costituenti non potevano non tenere conto della possibilità che un nemico
violasse il sacro suolo patrio. La guerra difensiva è giustificata. Se l’Italia
è attaccata è suo diritto e dovere difendere i propri cittadini movendo
eserciti. Ma solo questo drammatico evento, solo in caso di invasione,giustifica
la guerra. Ogni controversia internazionale, dice l’articolo 11, deve essere
risolta con il negoziato, con il dialogo. Un interloquire fra stati che produca
una nuova concordia fra le nazioni. La Costituzione consente addirittura la
limitazione della sovranità nazionale, la compressione del potere statuale, la
rinuncia al pieno e assoluto dominio sul proprio suolo e la rinuncia alla
difesa assoluta degli interessi nazionali, per costruire assieme ad altre
nazioni un mondo di pace e di giustizia. Una scelta senza precedenti. Per la
prima volta si riconoscono istituzioni sovranazionali che hanno un potere
maggiore dello stato stesso. Ovviamente la loro esistenza è giustificata dalla
ricerca della pace e del progresso dell’umanità. Lo stato rinuncia a parte
della propria sovranità per dare un
futuro prospero ai propri cittadini e all’intero genere umano. Da questo
scaturisce la scelta del nostro paese di aderire all’organizzazione della
Nazioni Unite. L’ONU è una comunità di stati che si incontrano in un’assemblea
comune volta a discutere delle grandi questioni dell’umanità e cercarne la
soluzione in via pacifica. L’Italia non solo deve partecipare ad organizzazioni
sovranazionali, ma le deve favorire l’istituzione. Non è un caso che il nostro
paese sia uno dei fondatori della Comunità Europea, Non è un caso che i
trattati di fondazione del primo nucleo di quello che sarà la UE sono stati
stipulati a Roma nel 1957. La nascita della Comunità Europea è in linea con la
cultura di pace e di fraternità incisi nella nostra costituzione. L’adesione
all’Europa è il compimento del sogno di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e
Ursula HIrschmann, al confino a Ventotene, delinearono un domani di pace con il
famoso Manifesto che chiedeva a gran voce un’Europa libera e Unita, negli anni
ove il Vecchio Continente era ancora
schiavo del giogo nazifascista. L’Italia è protagonista di un percorso di fratellanza fra i popoli che ha il
fondamento nell’articolo 11. Non scordiamolo mai. Non è un caso che i partiti
antieuropeisti sono coloro che ripudiano i principi costituzionali, e si
rifanno al fascismo. La pace fra le nazioni, la ricerca di una pacifica
convivenza non sono ancora valori condivisi. E’ il caso di chiederci il motivo
per cui partiti come Lega e Forza Italia prendano tanti voti. In Italia ciò
avviene fin dal 1994. Fa impressione vedere come la patria di Spinelli sia allo
stesso tempo la patria di Bossi, Miglio,
Berlusconi e oggi Salvini. Uomini che hanno avuto la capacità di esportare
l’egoismo nazionale anche all’estero. Non è un caso che in Polonia, in Austria,
in Ungheria i capi di stato nazionalisti di quelle nazioni vedono nel governo
Berlusconi del 1994 un punto di riferimento. Allora proviamo a chiederci: siamo
l’Italia della fratellanza fra le nazioni, come dice l’articolo 11, o siamo
l’Italia sovranista? Spetta a noi cittadini scegliere, non solo e non tanto con
il voto, ma con il sereno confronto dialettico volto a pensare quale Italia
costruire, quale mondo prospettare.
Testo di Giovanni Falagario
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