LA CROCE
Oggi, 10/04/2020, è Venerdì Santo. Si ricorda la morte di Gesù sulla croce. Avvenimento che risale a più di venti secoli fa. Il Cristo, dopo aver cenato con i suoi discepoli, fu arrestato e condotto davanti al sinedrio, il congresso degli anziani di Israele. Era accusato di "bestemmia", cioè era accusato di essersi dichiarato figlio di Dio. I vegliardi non ebbero il coraggio di esprimere una condanna esplicita. Decisero di consegnarlo all'autorità romana, che allora in Gerusalemme era Ponzio Pilato prefetto della giudea. L'accusa era chiara. In Palestina chiunque si proclamasse "Figlio di Dio" si indicava anche come re degli Ebrei. Infatti il re fin dai tempi di Saul e Davide,quindi fin dal X secolo Avanti Cristo, era anche appellato "figlio di Dio". Allora l'accusa del Sinedrio, degli anziani di Israele, a Gesù era seria e grave. Egli, essendosi appellato figlio di Dio, non solo aveva infranto le leggi del popolo di Israele, quelle scritte da Mosè sotto dettatura di Iavhé, ma anche di quelle di Roma, essendosi proclamato capo di un popolo sottomesso all'impero dell'Urbe. Ma quale stato il rapporto fra Gesù e Pilato? L'interrogatorio che tenne l'amministratore dell'impero a Gesù è raccontato da tutti i Vangeli. E' in realtà un monologo. Gesù si rifiutò di rispondere in maniera dettagliata al latino. Era Pilato che lo appellava, lui al limite si limitava ad alternare al silenzio sibilline risposte. Pilato, ad esempio, gli chiede: "Sei tu il re dei Giudei?", Gesù gli risponde: tu lo dici. Pilato non riesce a trovare colpa nell'uomo che ha di fronte. Vorrebbe mandarlo libero per la sua strada. Forse, asseriscono alcuni studiosi delle Sacre Scritture, non aveva colto la grandezza degli eventi che gli si appalesavano davanti agli occhi. Non aveva capito che veramente si trovava di fronte a un fatto che avrebbe cambiato i destini del mondo. Aveva visto in Gesù uno dei tanti che in Israele si lasciavano prendere dall'afflato religioso, e si facevano maestri della folla, predicando modelli di vita in bilico fra l'ammonimento contro il rilassamento dei costumi e l'invito al ritorno ai costumi dei padri. Gesù non era fra costoro. Gesù era colui che avrebbe rovesciato gli equilibri etici dell'intera umanità con il suo messaggio di amore e fratellanza. Ma ciò Pilato non lo capì. Scelse di "lavarsene le mani" quando la plebe, fomentata dai leader politici di Gerusalemme, gli chiese la morte dell'uomo nato a Betlemme e la salvezza del ladrone, Barabba. E' qui, con la condanna a morte del popolo, ratificata dal pavido Pilato, che inizia la salita al Golgota, al colle ove sarebbe stato messo in croce, di Gesù. Gesù subisce la morte degli schiavi. E' condannato alla pena più dolorosa e infamante che il diritto romano avesse riservato ai rei di reati tremendi.Chi muore sulla Croce è il servo.Chi muore sulla croce è il brigante. L'assassino ha quel destino. Il vile ladro è destinato a quella condanna. Il non cittadino romano e destinato al palo del supplizio. Gesù è ultimo fra gli ultimi. E' prima torturato. Poi comincia il suo cammino verso il Golgota, dove incontra una folla divisa, fra coloro che vogliono aiutarlo, vorrebbero avere il potere di salvarlo dalla morte, e coloro che lo deridono e bramano di vederlo spirare. E' un cammino drammatico, umanamente significativo in cui le due nature di Gesù, quella umana e divina, si esplicitano in maniera rivelante. E' un uomo che soffre, ma allo stesso tempo un padre generoso in apprensione per ognuno di noi, suoi figli, ecco cos'è Gesù mentre con la croce sulle spalle cammina verso il proprio tragico destino. Sulle strade di Gerusalemme, mentre regge il peso della croce, incontra donne e uomini in cerca di risposte sul senso della vita. E' l'esempio di Gesù, che prende su di sé i destini del mondo, è per loro e per noi, uomini e donne d'oggi, d'esempio. Poi è il momento della condanna definitiva. Gesù arriva sul colle Golgota e viene inchiodato alla croce. Al suo fianco ci sono due criminali, due persone che meritano realmente di morire secondo la legge degli uomini. Gesù prova a redimerli con il suo muto esempio, ma solo uno, quello che i Vangeli riconosceranno come "il buon ladrone" coglierà questa opportunità. Ai piedi della Croce c'è la Madonna, Maria, colei che ha dato alla luce il salvatore del mondo. Soffre esattamente come ogni madre a cui il destino crudele riesce a sottrarre il proprio figlio. Ma Gesù è perentorio. Anche Maria, fa capire, deve essere consapevole del disegno di salvezza che si sta per compiere con la sua morte. La madonna lo accetta, ma come non capire una madre che vede il proprio figlio abbandonare la terra. Poi Gesù recita il salmo che inizia con le dure, ma commoventi parole": Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato. Un salmo che si apre con tetra disperazione, e si conclude con l'affidarsi alla onnipotenza del creatore. Fatto questo spira. Il tempo si ferma. Il mondo rimane attonito davanti alla morte del suo creatore. Il sole si oscura in pieno giorno. Il vero del tempo, che rappresenta l'armonioso equilibrio fra il divino e l'umano, si squarcia. Tutto sembra precipitare verso un immane dolore e sconforto. Ogni ragione stessa di convivenza umana sembra spezzata dall'orrore della morte. Il mondo è perso, condannato dalla morte del Creatore. Ma proprio questo orrore è l'inizio della salvezza. Giuseppe di Animatea, un Giusto d'Israele, chiede a Pilato di seppellire il corpo di Gesù. Lo fa riposare in un sepolcro incontaminato, cioè mai utilizzato in precedenza per far riposare per sempre una persona spirata. Il solo atto di carità umana di Giuseppe, spinto dal desiderio di dare degna sepoltura all'unto d'Israele, è la nota di speranza di fronte a questa giornata di lutto. Dio ora è morto, La notte prevale sui destini della terra. Ma l'alba di rinascita è vicina. Ancora due giorni, ancora il battito di ciglia di Dio che segna un tempo di pace, e Gesù risorgerà, dando la Luce a un popolo, tutti noi, che viveva nell'ombra.
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