MA CHE BELLA GIORNATA
DI SOLE
“Ma che bella giornata di sole”, oltre ad essere una
costatazione sullo stato del tempo meteorologico, è anche l’incipit di una
canzone di Antonello Venditti. Il cantautore la dedicò al 25 aprile 1945.
Questa è una data estremamente importante per i destini del nostro paese. Non a
caso ogni anno la festeggiamo quale una delle feste nazionali. Ma cosa avvenne
il quel giorno fatidico? Lo sappiamo tutti: cessò la guerra nella nostra
penisola. In quel frangente le armi smisero di essere usate. Lo scontro
titanico fra Nazismo e forze democratiche smise di vedere come scenario di
guerra il nostro paese. I nostri nonni o bisnonni, italiani, ebbero un ruolo
fondamentale. Erano divisi, una parte, pochi, al fianco dei nazisti e l’altra,
la maggioranza, ad agognare la libertà. Molte città nel nostro paese si
liberarono dal giogo tedesco con sollevazioni popolari. Napoli, la prima,
Bologna, Milano, Genova, Torino e tante altre scacciarono e misero sotto scacco
l’esercito tedesco grazie allo sforzo eroico di comuni cittadini. L’eroismo del
popolo fu un esempio di sforzo collettivo e di dignità pubblica encomiabile.
Roma, già liberata nel 1944, si era distinta per la grande solidarietà verso
gli ebrei e tutti coloro che erano perseguitati dai terribili dittatori
Mussolini ed Hitler. I Partigiani, l’esercito di volontari che fin dal 1943
avevano speso le proprie vite per la salvezza nazionale, in quel giorno erano
nelle strade a festeggiare. Oggi noi siamo chiamati a ricordare. Siamo chiamati
a difendere, si spera mai più con le armi ma con il nostro sforzo
intellettuale, quella libertà allora conquistata con il sangue. È il momento di
rendere ognuno di noi strumento per realizzare quei sogni di emancipazione
sociale, di rinascita nazionale, di primavera di idee, che avevano mosso i
nostri progenitori alle armi. È tempo di utilizzare il lavoro di ognuno per
rendere concreto l’ideale sorto ormai moltissimi decenni fa e mai più spento.
Anche oggi è Liberazione. Non ricordiamo solo un evento di 75 anni fa, ma
dobbiamo farci promotori di sommovimento epocale che ci spinga ad attraversare
gli spazi e i tempi e così costruire una società più giusta. Oggi è tempo di
Corona Virus. La malattia che ha paralizzato non solo l’Italia ma il mondo
intero. Dobbiamo utilizzare questo momento di lutto, oltre che per porre
doverosamente omaggio ai caduti di ieri, in guerra, e a quelli di oggi, a causa
del morbo, anche per elaborare uno
sforzo collettivo di rinascita. È bene partire da quei valori universali di
libertà, dignità ed eguaglianza. Principi nati nella Rivoluzione Francese alla
fine del ‘700, ma ancora vivi alla fine del secondo conflitto mondiale, oggi e,
oserei dire, sempre. Bisogna rimodulare la nostra vita in un ottica di
comunanza non solo intellettuale, ma anche ideale, sentimentale e,diciamolo
chiaro, anche economica e sociale con gli altri. Io, da solo, non sono niente,
io con i miei concittadini sono una nazione, una comunità, ho un ideale da
perseguire. È questa certezza che ci deve far suscitare un fremito al cuore. I nostri
partigiani di oggi sono gli infermieri e i medici, sono i tanti addetti che
operano contro il male e per la salute di tutti. Non è forse un caso che la
regione martire della malattia sia la stessa che nel ’45 era martire del giogo
tedesco. Ancora una volta la Lombardia è dolorosa testimone di una tragedia.
Può sembrare un azzardo, ma mi sembra non fuori luogo paragonare gli ebrei
partiti da Milano verso lo sterminio a quei poveri malati di Corona Virus morti
nel Pio Albergo Trivulzio. Come per quelli Milano si è sollevata nel 1945, oggi
per questi il popolo deve reagire manifestando solidarietà e condivisione. Il
futuro può essere migliore, anche questo 25 aprile, non solo quello del 1945, è
(deve essere) “una bella giornata di sole”.
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