domenica 5 aprile 2020

LA DONNA DI DANTE



BEATRICE
Beatrice Portinari nacque a Firenze nel 1266. Si sposò giovanissima Simone de Bardi. Non è chiaro, ma è probabile che morì giovanissima nel 1290 mentre partoriva il suo primo e, sfortunatamente, unico figlio. Ma Beatrice non è solo la donna che visse la sua, pur breve, vita. E' la musa del Poeta Italiano per antonomasia. Per la letteratura resterà per sempre la Donna, la Signora, di Dante Alighieri. Il vate la cantava nella Vita Nuova come la donna gentile a cui tributare ogni dono poetico. Ma Beatrice era ben più di una figura femminile amata da un poeta. Per Dante in lei erano racchiuse tutte le virtù, sia quelle cardinali, cioè legate alla vita laica, sia teologali, cioè direttamente manifestazione del volere di Dio. Beatrice è colei che vuole e guida il viaggio nell'aldilà. E' lei che chiama a sé il poeta Virgilio e gli ordina di guidare Dante alla salvezza, mentre era sperso nella selva del peccato e della perdizione. E' lei che guida da lontano il viandante nell'Inferno e nel Purgatorio ed è al suo fianco nel Paradiso. Insomma per Dante Beatrice è l'essenza stessa della volontà salvifica di Dio. Beatrice, quale splendida figura allegorica, incarna la Teologia, la scienza che porta l'umanità sul cammino di redenzione. Difficile, almeno per me, trovare la parole giuste per definire questa splendida figura allegorica. La Beatrice dantesca è allo stesso tempo la donna leggiadra che viveva a Firenze, è l'epifania del volere di Dio che indica la salvezza agli uomini, è il motore che guida la storia dell'intera chiesa. Infatti il Cattolicesimo non avrebbe ragion d'essere, non esisterebbe senza Teologia. Insomma Beatrice è lo strumento di Dante per cercare di cogliere qualcosa di ciò che è per definizione indefinibile. E' la donna che spiega il senso della Trinità, il senso della incarnazione, morte e resurrezione di Cristo all'uomo troppo piccolo per comprendere da solo l'imponderabilità della Verità Celeste. Nell'ultimo canto del Purgatorio Beatrice è alla guida di una processione allegorica che rappresenta il percorso faticoso dell'uomo verso la conoscenza del divino, è la guida concreta dell'intelletto umano che cerca una spiegazione a ciò che non può essere spiegato da una mente finito. Beatrice è appunto l'anello che collega la finitezza dell'uomo alla infinitezza di Dio. La Teologia è il rendere l'idea divina con le misere fattezze del pensiero umano. Esattamente come l'incarnazione, in cui Dio non disdegno di farsi fattura di una propria creatura, Maria, la teologia è il chinarsi del pensiero divino sul pensiero umano. Come un padre si abbassa per prendere tra le proprie braccia un infante. Allora si capisce che Beatrice è molto di più di se stessa. E' la donna che racchiude in sé l'essenza stessa del cercare il divino da parte dell'uomo. E' l'anello di congiunzione fra il Signore dei Cieli e noi umani. E' colei che prende Dante, peccatore. Lo salva dalle tremende fiere, il leone (la brama di potere) la lupa (la brama di denaro) la lonza (il desiderio carnale), e attraverso la ragione (rappresentata dal sommo poeta romano Virgilio) lo riconduce a sé, cioè allo spirito religioso e di redenzione. Insomma la figura letteraria di Beatrice supera gli spazi ristretti del suo tempo. Sfonda le regole letterarie del Dolce Stil Nuovo, che disegnano la figura femminile come semplice, si fa per dire, rappresentazione di bellezza che ispira i poeti. Diventa essa stessa vaso prezioso, in cui sono racchiusi e allo stesso tempo rivelati i misteri del mondo e del divino. Insomma la Beatrice di Dante è l'essenza stessa dell'anelito alla verità che l'intera umanità ha insita nel proprio cuore. Beatrice nella Divina Commedia guida Dante in un cammino di redenzione e di conoscenza. Anche noi siamo chiamati a seguirla. Anche noi partendo dall'oscurità siamo chiamati con la sua saggezza a vedere la luce. Una luce che per un credente è Dio, per un laico potrebbe essere la profonda ragione che ci fa amare non solo la nostra vita ma l'intero genere umano e la natura.

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