martedì 28 aprile 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE


ARTICOLO 19 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associativa, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”

L’articolo 19 della costituzione fonda la propria ragion d’essere nell’articolo 3 della stessa carta. Il principio di uguaglianza, iscritto nel terzo articolo costituzionale, dà il diritto a tutti i cittadini di professare il proprio credo religioso. Nessuno deve essere discriminato in base alle sue credenze sull’aldilà. L’articolo 19 offre a ogni cittadino una libertà personale, un diritto universale e inviolabile di libertà religiosa che non può essere intaccato da nessuno, né da altre persone né dall’autorità statuale. Questo articolo è legato all’articolo 8 della stessa carta che afferma che tutte le religioni sono egualmente libere davanti alla legge. Il 19 dice qualcosa di più e di diverso. Afferma che il singolo uomo e la singola donna sono libere di credere o di non credere. Afferma la libertà del singolo di professare una fede religiosa, una libertà che spezza ogni catena e costrizione causata da un’entità esterna che sia statuale o abbia le sembianze di un’autorità religiosa. Quindi dà la libertà di professare una fede religiosa. Offre la possibilità di professare il suo agnosticismo e il suo ateismo. Insomma l’uomo è nella piena potestà di manifestare il suo rifiuto assoluto del divino (ateismo) o la sua indifferenza verso tutte le credenze metafisiche (agnosticismo) esattamente come è libero di professare qualsiasi forma di credo e di venerare qualsiasi divinità. Non c’è più la religione di stato. Nel periodo della Monarchia Sabauda lo stato riconosceva la religione cattolica come religione di stato. Alla luce di questo i cattolici avevano nei fatti privilegi, rispetto a coloro che avevano altre credenze. La religione del papa e i suoi segni liturgici erano presenti nella vita pubblica dello stato, le manifestazioni istituzionali erano accompagnati da riti cristiani. Oggi la sensibilità verso le diverse credenze ha portato lo stato a considerare ogni rito religioso degno di essere rispettato e inserito nel protocollo istituzionale. La Repubblica non ha scelto di essere atea, cioè di considerare ininfluente la religione, ma ha scelto di rispettare ogni forma religiosa. E’ un importante cambiamento di prospettiva. Malgrado l’oggettivo riconoscimento della Chiesa Cattolica come interlocutore religioso meglio radicato nel territorio italiano, la Repubblica dà pari dignità ad ogni religione presente nel territorio. Il patti lateranensi, che regolamentano i rapporti fra stato e chiesa, sono la naturale conseguenza del fatto che il cattolicesimo è la religione della maggioranza dei cittadini italiani. Ma questo dato non deve comportare uno svilimento del ruolo degli altri credi che sono rispettati egualmente alla quello cristiano. Infatti lo stato sta conducendo da decenni una politica di dialogo con tutte le istituzioni religiose di ogni credo al fine di definire i rapporti istituzionali con esse e di rendere possibile la libertà di fede dei singoli aderenti a queste fedi in forza dell’ultimo comma dell’articolo 8 della stessa costituzione. La libertà di culto è un diritto universale. Non è riservato a una parte del genere umano, i cittadini italiani ad esempio, ma all’intero genere umano. La Repubblica non fa discriminazioni di alcun genere chi vive nel nostro paese può e deve professare la propria fede. A questo proposito è da citare la disputa del crocifisso, come la stampa l’ha chiamata. Il tema era se fosse opportuno appendere il simbolo cristiano nei luoghi pubblici, soprattutto nelle aule scolastiche. La questione è stata sollevata da alcune famiglie con bambini in età scolare non di religione cattolica. Le madri di questi pargoli hanno espresso la loro perplessità davanti all’imposizione di un simbolo cristiano, appeso nel luogo ove si insegna, al propri bambini. La questione  è stata risolta dalla corte europea dei diritti dell’uomo, a cui si sono appellate le parti, che ha invitato tutti a una maggiore tolleranza. Da una parte ha invitato le autorità scolastiche a rispettare le singole diverse sensibilità. Dall’altro ha riconosciuto che i simboli del cattolicesimo e del cristianesimo sono parti integranti della cultura secolare della nazione, non possono essere rimossi senza un grave nocumento per la formazione personale del singolo bambino che vive in una realtà in cui la religione di Gesù è fondamento del vivere culturale e collettivo. I segni religiosi cristiani fanno parte dellostile di vita che si segue nel nostro paese, la loro derubricazione a semplici moti dell’anima personale che non devono manifestarsi in simboli esterni è praticamente impossibile. Alla luce del diritto di appendere simboli cattolici in luoghi pubblici in nome del rispetto della sensibilità religiosa della maggioranza, c’è il pari diritto di tutti a professare liberamente il proprio credo. Questa libertà offe il diritto a tutti di indossare simboli della propria religione e di avere costumi consoni ai dettami dei testi sacri a loro cari, tranne che non siano contrari al buon costume, che non siano pericolosi o che non siano perturbatori dell’ordine pubblico. I mussulmani hanno diritto di vestire come credono. Le donne che credono in Allah hanno il diritto di coprirsi il viso e il corpo, se lo credono opportuno. Urge sottolineare che la Costituzione è chiara e precisa. Una persona può essere libera di indossare ciò che vuole, può essere libera di coprire interamente il proprio corpo, indossando il Burka. Quello che è vietato tassativamente è l’imposizione. Nessuna comunità religiosa, nessuna famiglia, nessuna istituzione può imporre al singolo una particolare condotta pubblica. Nel nostro paese una mussulmana è libera di vivere, come si dice volgarmente, all’occidentale, nessuno può imporgli nulla. Ciò in nome dei diritti universali della persona. Diritti che devono essere portati anche in regioni della terra in cui la donna è oggetto di discriminazione e di pregiudizi. Il principio di uguaglianza impone che la donna debba essere considerata libera anche di professare la propria fede superando i dettami maschilisti che caratterizzano la stragrande maggioranza delle religioni. La dignità umana è un bene prezioso che non può essere sacrificato sull’altare di nessun dio. Vorrei citare un episodio. In Italia appartenenti alla religione sikh hanno chiesto di poter circolare nelle nostre strade con il Kirpan il coltello rituale che ogni sikh deve portare sempre con sé. Il kirpan è un’arma estremamente pericolosa. Ha una lama affilata di diversi centimetri, chi professa la religione asiatica lo indossa per sconfiggere allegoricamente il male, ma rimane uno strumento di morte che potrebbe infliggere gravi lesioni in caso di litigi o zuffe. La corte di cassazione, interrogata sulla questione, ha invitato i credenti a indossare coltelli di plastica, così da rispettare il loro credo e i valori allegorici di cui è latore, ma allo stesso tempo di evitare che si vada in giro per strada con armi pericolose. La comunità sikh in Italia ha reagito con malumore. Per loro è necessario circolare con coltelli veri per adempiere il volere delle proprie divinità. La questione è complessa e lungi dall’essere pienamente risolata. Fortunatamente però i casi in questione sono sporadici, è raro vedere persone armate di coltello in giro nelle nostre città. Ma è il caso di proporre questi casi quali rilevatori delle enormi questioni che il principio di libertà religiosa può sollevare, questioni risolvibili solo con la pazienza e la tolleranza reciproca. La libertà religiosa, però, è un bene prezioso. Dare a tutti la libertà di credere nel proprio dio è un modo per accrescere culturalmente l’intera collettività. La Repubblica diviene più grande se è in grado di accogliere tutte le filosofie e le religioni del mondo. La crescita avviene nella sincretica convergenza di più fedi. E’ bene ricordarlo: la pluralità è ricchezza. Per questo motivo è fondamentale l’articolo 19 che dà la possibilità ad ogni cittadino di esprimere il proprio credo e la propria fede.
Testo di Giovanni Falagario

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