giovedì 31 agosto 2017

vent'anni fa moriva Lady D



LA PRINCIPESSA DEL POPOLO
Sono passati vent'anni da quando un tragico incidente spense la vita di Diana Spencer. Morì un tragico 31 agosto 1997. Stava percorrendo, su una macchina di Dodi Al Fayed, figlio del proprietario del magazzini londinesi Harrods, Pont de l'alma, il ponte dell'anima della capitale francese. Erano insieme Diana e Dodi, braccati dai fotografi che volevano immortalare la loro (presunta?) storia d'amore. La vita di Diana è stata segnata da eventi straordinari. Sposa giovanissima dell'erede al trono d'Inghilterra, Carlo, si è sempre mostrata affabile e ha affascinato miliardi di persone che la vedevano come un modello di regalità ormai perduta nel tempo. Si sposò nel 1981. Era il 28 luglio, quel giorno la cattedrale di San Paolo, a Londra, era addobbata a festa. Quella che doveva essere la futura coppia reale, Carlo e Diana, si presentava all'intero mondo felice e sorridente. Da principessa di Galles, titolo che spetta agli eredi al trono d'Inghilterra, si distinse per il suo impegno in opere di beneficenza. Al fianco di madre Teresa di Calcutta si è adoperata per assicurare a tutti i bimbi in difficoltà cibo e cure adeguate. Il suo impegno per i piccoli dei paesi in via di sviluppo è encomiabile, tanto che qualcuno propose il suo nome per l'assegnazione del Nobel della pace. Ebbe due figli: William, quello destinato a succedere alla nonna Elisabetta II e al padre Carlo, e Harry. Ben presto il matrimonio, però, si rivelò infelice. Carlo era innamorato di un'altra donna, Camilla Parker Brown, e la principessa Diana non poté far altro che concentrarsi nelle sue attività benefiche per smorzare il dolore che attagliava il suo animo. Ma l'assenza d'amore indusse la giovane donna a cercarlo in altri uomini. Ben presto le notizie sulle vite sentimentali "separate" dei due coniugi furono note alla stanza, che si accanirono in maniera efferata sulla coppia reale britannica. Non ci fu altra soluzione. Il divorzio! Divorzio, che avrebbe precluso il trono a carlo, a meno che non ci fossero stati cambiamenti alla legge di successione dinastica. Poi ci fu l'incontro con Dodi Al Fayed, la vacanza di Diana e dello sceicco prima in Sardegna e poi in Francia. Quell'estate del 1997 aveva fatto sognare la stampa rosa, che aveva narrato della rinascita dio quella che ormai veniva chiamata la "principessa triste", Diana appunto. Invece lo schianto. La corsa disperata in macchina fra i boulevard di Parigi, l'inseguimento dei fgotografi, il disperato desiderio di riservatezza, "corri corri" dicevano all'autista, boom, la fine. Poi si scoprì che il conducente dell'auto era ubriaco. Una beffa nella beffa. La principessa più amata aveva affidato la propria vita a chi beveva troppo e non ha retto al difficile compito di portarla in salvo. Così quella notte di vent'anni fa, quel 31 agosto 1997, Diana spirò per sempre, lasciando il suo ricordo indelebile. P.s. la morte di Diana risolve i problemi dinastici, Carlo non è considerato più divorziato, ma vedovo risposato. Questo dato ha indotto molti a indicare la corona inglese come l'artefice di un complotto che avrebbe portato alla morte della principessa Diana. Questa tesi si è rivelata assolutamente infondata.
testo di Giovanni Falagario


PERICOLO NUCLEARE

INCUBO ATOMICO
Si fa concreta la minaccia di King Jong-un, il dittatore della Corea del Nord. Lo stato comunista ha lanciato un missile che è riuscito a lambire le isole del Giappone. Si trattava di un test balistico. Il razzo non conteneva alcun congegno esplosivo. La minaccia è esplicita. La Corea del Nord può colpire gli alleati degli Usa in Asia e può colpire gli stessi Stati Uniti. Ricordiamolo Piong Yang si è dotata della bomba atomica, sono ormai 25 anni che ci sta lavorando e sembra essere giunta all'obbiettivo. Insomma l'intero pianeta è piombato nel pericolo di vivere una catastrofe nucleare. Per uno strano gioco del destino è proprio l'unica nazione ad aver vissuto sulla pelle dei propri cittadini gli effetti dell'olocausto nucleare, il Giappone, a rischiare ancora una volta, assieme alla Corea del Sud, di essere colpita da un ordigno atomico. Il governo Giapponese è, giustamente, in allarme. Sembra che sia disposto a infrangere i dettami della sua costituzione, scritta all'indomani della Seconda Guerra Mondiale, che gli impedisce di dotarsi di armamenti pesanti e atti all'offesa e non alla mera difesa del suolo nazionale. Una scelta voluta per poter anch'esso, in poco tempo, avere l'atomica da usare come deterrente per dissuadere la Nord Corea ad attaccare il paese che ha come capitale Tokio. L'Asia appare in fibrillazione. Poco servono gli appelli di Trump, il presidente Usa, che invita lo stato cinese a dissuadere il suo alleato coreano ad avere atteggiamenti bellicosi. Intanto le portaerei americane incrociano allargo della penisola coreana. Ci sono esercitazioni militari. Il mondo trema, basterebbe un casus belli per scatenare una guerra che potrebbe avere conseguenze devastanti. In America, il Pentagono, fa sapere di aver appena sperimentato un sistema balistico e antimissile in grado di sventare ogni attacco coreano. Gli osservatori neutrali sono scettici in proposito. Secondo loro il sistema denominato "guerre stellari", vecchio di trentanni voluto dal presidente Ronald Regan per fermare eventuali attacchi della vecchia URSS, pur essendo effettivamente operativo, non sarebbe in grado di fermare specificatamente quel tipo di razzi in possesso della Corea del Sud. Ovviamente non siamo in grado di dirvi chi ha ragione, speriamo ovviamente che l'abbia il governo di Washington che sprizza ottimismo. Comunque il modo più sicuro per evitare i rischi della guerra, i rischi atomici, e non farla proprio la guerra. Speriamo che i leader coinvolti in questa crisi internazionale se ne rendano conto.
testo di Giovanni Falagario


ROMA: CENTRO MIGRANTI NELL'OCCHIO DEL CICLONE



SPECCHIO INFRANTO
Come uno specchio caduto per terra, i cui cocci rispecchiano la realtà deformandola, così la nostra società sembra divisa, senza alcuna visione d'insieme atta ad affrontare le enormi difficoltà che ci assalgono. Quello che è successo nel quartiere Tiburtino a Roma ieri sera, 30/08/2017, è l'ennesima manifestazione di come la nostra società, la politica prima di tutto, non ha una visione d'insieme capace di affrontare e risolvere i problemi. Ricapitoliamo! Al Tiburtino c'è un centro d'accoglienza migranti che ospita migranti che hanno bisogno di cure e di un luogo dove stare. Ieri, 30/08/2017, un ospite di questa struttura ha tirato una pietra a un gruppo di persone che portavano a spasso un neonato. A dire il vero sono stati questi ultimi a insultare pesantemente il migrante, che ha reagito scagliando un sasso, senza per altro colpire nessuno. A questo punto una donna, romana, è andata a protestare davanti al centro d'accoglienza. Ne è nato un diverbio, la donna è stata letteralmente sequestrata per alcune ore. Almeno così dicono i borgatari che hanno reagito assaltando il centro d'accoglienza e ferendo diversi migranti. Insomma ieri c'è stata una vera e propria guerriglia urbana. Non li vogliamo più, siamo esasperati, queste sono le voci di alcuni abitanti del quartiere. Insomma la situazione è veramente ingestibile, la tensione è alta. Come al solito c'è il solito rimpallo di competenze fra Comune, Regione e Governo. Il sindaco Raggi, orgogliosamente ricorda come il Movimento Cinque Stelle mise spalle a muro marino, l'allora sindaco piddino, inchiodandolo alle sue responsabilità nel caso simile avvenuto al tramonto del suo mandato. Tuona faremo lo stesso con Minniti, l'attuale ministro degli interni. Deve essere chiaro tuona la sindaca che il Movimento pensa solo ai Romani, se ci sono problemi di ordine pubblico, di decoro, di pulizia, la colpa è del Partito Democratico. Intanto i cittadini, le persone, vengono lasciate a se stesse. Vergognoso è anche il silenzio del Partito Democratico che non fa nulla per migliorare le condizioni di vita delle persone. In questa canea ha gioco forza che prevalga l'estremismo della destra, capeggiata da Salvini e Casa Pound. La sfida è cercare di rimettere insieme questo specchio infranto così da poter avere una visione d'assieme della nostra società, quella italiana, del nostro territorio, è cominciare a pensare a un progetto di futuro vivibile.
Testo di giovanni Falagario


L'EVANGELIZZATORE EXTRATERRESTRE



IL PRETE DELLE STELLE
Si chiama Guy Consolmagno. E' nato a Detroit nel 1952. Ha 65 anni. E' di chiare origini ispaniche. E' gesuita. E' stato scelto da papa Francesco per gestire la "Specola Vaticana" (l'osservatorio astronomico della Santa Sede). Si perché oltre a far parte della Compagnia di Gesù, lo stesso ordine che fu di Jorge Mario Bergoglio, è anche un noto astronomo di fama internazionale. I suoi libri hanno portato un importante contributo agli studi scientifici nel settore dell'astrofisica. Ma è stato il suo intervento nel dialogo fra fede e scienza a renderlo famoso anche fra i non "addetti ai lavori". Si ricordano i suoi libri: "L'infinitamente grande. L'astronomia e il vaticano" e "God's Mechanics: come gli scienziati e gli ingegneri ci trasmettono il senso della religione. Ecco perché è stato scelto da Francesco come direttore della "Specola Vaticana", uno degli osservatori astronomici più antichi e prestigiosi del mondo. Voluto da Papa Clemente XIV, che ordinò i lavori di costruzione dell'osservatorio che sorgerà all'interno del Vaticano con un "motu proprio"" (un documento fatto di iniziativa papale) nel 1774, la "Specula Vaticana" è una delle sedi scientifiche più importanti del mondo, i scienziati di tutta Europa affollano i suoi centri di osservazione stellari all'avanguardia. Ecco perché il pensiero di padre Guy Consolmagno è degno di essere recepito e le sue parole sono un chiarimento prezioso davanti ai tanti dubbi che annebbiano la mente di molti che affrontano il tema scienza/religione. Le sue parole sono di conforto di fronte a un mondo che sembra senza Dio. Un mondo dominato dal caso, in cui la scienza registra solo avvenimenti segnati dalla casualità e dal meccanicismo, senza un'apparente presenza di una mente divina. Il gesuita confuta decisamente questa visione di un universo senza Dio. Afferma: Dio esiste, e lo si può vedere nell'armonia delle stelle, nell'ordine delle galassie, anche gli eventi più estremi più deflagranti, quali le esplosioni delle supernove o i terribili "Buchi neri" sono la manifestazione della presenza di Dio e della sua clemenza con le creature. La bellezza del creato impone che ci sia un creatore. Padre Guy afferma che Dio è talmente grande che è impossibile coglierlo nella sua essenza. Possiamo percepirlo nelle sue opere, nella natura da lui creata. Possiamo intuirlo paragonandolo alle nostre esperienze terrene, ecco perché lo chiamiamo "padre", perché lo paragoniamo ai nostri genitori, ma Dio è qualcosa di immensamente più grande dei nostri progenitori il suo amore è infinitamente più grande di quello che possiamo nutrire noi esseri umani. Ecco perché l'universo, pur non essendo Dio, ma anch'esso una sua creatura, può essere specchio allo sguardo dell'uomo di Dio, nella sua infinitezza possiamo percepire l'assoluto del divino, ecco perché secondo Guy la scienza, l'astronomia e la fisica non negano Dio, ma l'affermano. Guy, guardando all'immensità dello spazio, non esclude la presenza di altri esseri viventi, magari scienti come l'Uomo. Dice: se ci fossero dovremmo offrigli la possibilità di battezzarsi e di scoprire il messaggio di salvezza che Gesù ha dato a tutti i viventi, non solo all'uomo. Sarebbero certamente "fratelli", come è fratello ogni uomo di questa terra, perché cosa ci fa simili fra noi esseri umani e cosa ci fra essere simili agli altri esseri viventi, eventualmente esistenti su altri pianeti, non è il DNA, non sono i cromosomi, tanto meno il colore della pelle, ma è la coscienza, il senso di bene, la percezione che l'altro è un bene prezioso, che deve essere un'acquisizione comune ad ogni essere senziente, questa è la certezza di Guy Consolmagno, il prete delle stelle.
testo di Giovanni Falagario


mercoledì 30 agosto 2017

BASTA VIOLENZA SULLE DONNE



NON TOCCARE LE DONNE!

Lo stupro avvenuto sulle spiagge di Rimini ai danni di una giovane turista polacca fa molta rabbia e suscita sdegno. Come è possibile che si commetta una tale atrocità sul corpo delle donne? Come si può rinunciare alla propria umanità, che ti impone di rispettare la persona altrui? Eppure la soglia, invalicabile, è stata superata. Una banda di balordi ha fatto violenza su una donna e ha pestato a sangue colui che le era vicino. Niente può giustificare un atto così scellerato. La provenienza, i propri natali, la propria cultura, niente può giustificare un atto così barbaro. Abusare di una donna, ma anche di bambini o di soggetti deboli, è un atto che degrada chi lo compie a bestia. Che lo spoglia di quell'umanità che lo autorizza a considerarsi parte del consesso civile. Bisogna che siano catturati quei balordi che hanno violentato la giovane. Bisogna che pachino, che rispondano del loro atto davanti alla giustizia degli uomini e degli dei, qualsiasi dio credano. Perché la sacralità della persona umana non ammette violazioni. La dignità delle donne non deve essere violata. Ogni tipo di polemica di carattere politico deve essere messa in secondo piano. Prima di tutti bisogna operare affinché atti così barbari non avvengano più. Prima di tutto operando un severo atto di polizia, che arresti i colpevoli e che allo stesso tempo vigili sulla sicurezza dei luoghi, affinché tali barbarie non avvengano mai più. Poi ci vuole una campagna di sensibilizzazione, una vera rivoluzione culturale, se mi sia consentito il termine, che bandisca ogni forma di maschilismo, sciovinismo e misoginia. Una campagna che, ovviamente, non può avere risultati in poche ore. Bisogna sconfiggere pregiudizi che vivono nell'animo dell'uomo, del maschio, da secoli. Ma che deve essere iniziata. Basta con le battute a sfondo sessuale che denigrano e degradano la condizione femminile. Basta con le norme religiose, specialmente quelle mussulmane, che impongono un certo modo di vestirsi e di comportarsi in pubblico delle donne. la donna deve scegliere, nessun comportamento sociale gli deve essere imposto, deve vestirsi, parlare, e vivere come meglio gli aggrada, questo deve valere in ogni latitudine della nostra Terra. Cambiare atteggiamento verso le donne, cambiare il modo di pensare, abbattere tabù culturali che pongono l'universo femminile in uno stato di sottomissione verso quello maschile, questa è la sfida per costruire un futuro a misura di donna e migliore per l'intera umanità.
Testo di Giovanni Falagario


martedì 29 agosto 2017

I DATI DI LUGLIO E AGOSTO INDICANO UNA DIMINUZIONE DEI BARCONI NEL MEDITERRANEO



MENO SBARCHI!
E' il canto di vittoria del ministro degli interni Marco Minniti. A guardare i dati sembrerebbe che abbia ragione. L'anno scorso nei mesi di luglio e agosto si erano registrati gli arrivi di 333mila persone. Quest'anno nello stesso periodo "appena" 38mila. Senza contare che in inverno quest'anno si era registrato un aumento senza precedenti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Si pensava che un afflusso così ampio nella stagione invernale (71mila solo a Maggio), sempre considerata avversa al traversamento del Mediterraneo per motivi atmosferici, dovesse preludere a un estate con un afflusso record di barconi. Ciò non è avvenuto. Minniti attribuisce questo che lui chiama "successo" all'azione del governo che ha stipulato accordi con la Nigeria, il Niger e la Libia. Questi sono tre paesi fondamentali nell'odissea dei migranti che vogliono giungere in Europa. Attraverso questi stati si snoda il cammino di migliaia di chilometri che conduce al "mare nostrum". L'Italia ha certamente condotto una campagna di dissuasione verso gli stati africani. ha promesso finanziamenti in cambio di un controllo rigoroso dei confini interni. La Libia ad esempio sta trasformando coloro che erano, fino a pochi giorni fa, i trafficanti di uomini, in gestori di centri d'accoglienza all'interno del paese. E' qui un altro elemento di polemica. Giustamente molti considerano un eufemismo chiamare i luoghi in cui sono detenuti i migranti in Libia "centri d'accoglienza", le chiamano prigioni. Gentiloni, presidente del Consiglio italiano, Macron, presidente della Repubblica Francese, Merkel, cancelliera della Repubblica Federale Tedesca, si sono affrettati a dichiarare che i diritti umani saranno tutelati in questi centri d'accoglienza, e l'alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati veglierà sull'operato delle forze libiche e straniere affinché nulla di illecito avvenga. Speriamo che abbiano ragione. Urge sottolineare, al fine, che malgrado l'esultanza di Gentiloni, proprio ieri una nave delle Organizzazioni Non Governative che operano nel Mediterraneo a salvato un centinaio di migranti che erano alla deriva su un barcone in mezzo al mare. Finirà mai questa tragedia umanitaria che ormai non ha precedenti? Finiranno di morire affogate centinaia migliaia di persone affogate, come è avvenuto in questi anni? Lo speriamo! Vorremmo tanto che tutti, soprattutto i governanti, abbiano ben chiaro che la vita umana vale più di qualsiasi cosa, più di qualsiasi spot propagandistico.
testo di Giovanni Falagario

CASA POUND VS IL PRETE DEI MIGRANTI



CHI E' VERO CRISTIANO?
Domenica scorsa, 27/08/2017, il rappresentante di Casa Paund che è andato, assieme a un gruppo di altri adepti al gruppo, a contestare l'operato di padre Biancolani, il sacerdote che ha portato un gruppo di migranti in piscina a Pistoia ha detto: noi siamo cristiani. Intendeva dire che reputava il non essere per una cultura inclusiva, il non condividere le idee di solidarietà verso il prossimo, non fosse incompatibile con la fede in Gesù quale figlio di Dio. Non è un concetto nuovo. Anche nel meeting di rimini di Comunione e Liberazione si sono alzate voci che esprimevano lo stesso concetto. Voci che hanno apertamente contestato il progetto di inclusione sociale legato all'introduzione del cosiddetto Ius soli. Non voglio confondere le cose. Sappiamo benissimo che lo ius soli è un progetto di legge che rende cittadino italiano chi è nato e vive in Italia, ma è stato procreato da persone di nazionalità straniera. Un conto è questa norma che si riferisce a soggetti sociali ben precisi, la cui vita è legata a quella del nostro paese fin dalla loro nascita, e un conto è l'idea solidale che anima i cuori di diverse persone e fa storcere il naso ad altre. Però appare lecito pensare che l'idea di contestare un sacerdote, perché ospita migranti, e l'idea di non accettare che bambini nati e vissuti in Italia diventino cittadini italiani si poggia sulla stessa cultura di esclusione. La domanda è la cultura dell'esclusione è compatibile con il messaggio evangelico? Si può chiedere di cacciare il migranti, si può contestare un prete che li dà un rifugio, e sentirsi allo stesso tempo credenti? Si può contestare le parole del papa che invitano alla solidarietà verso gli ultimi, verso i disabili, i migranti, i malati, i diseredati, ed essere egualmente cristiani? La risposta che si dà casa pound è: si. Ma noi cittadini comuni possiamo affermare la stessa cosa? Possiamo tranquillamente reputarci credenti anche se ci prendiamo gioco della diversità, ci prendiamo in giro i disabili, i migranti che chiedono aiuto? E' una domanda complessa a cui è realmente difficile trovare una risposta. Teoricamente non dovrebbe costare molto ai seguaci del "primatismo", cioè a coloro che credono nell'esclusione del diverso, rinunciare al cristianesimo. Casa Pound asserisce il diritto di escludere l'altro, la chiesa chiede inclusione, la scelta logica è ripudiare la chiesa incompatibile, come il messaggio evangelico, con i dogmi della destra. Questa scelta però è difficile farla. Per motivi di tradizione culturale è difficile fare una scelta coerente. Troppo spesso, pur odiando il messaggio d'amore verso i disabili gli stranieri portato da Gesù, diventa difficile rinunciare a dirsi cristiani, è un fenomeno comune a molti, non solo ai seguaci di casa Pound, dichiararsi cristiani pur non condividendo i valori iscritti nel vangelo. Da un punto di vista dell'evoluzione del pensiero sociale del nostro paese e non solo è un aspetto importante, una contraddizione, che va studiata con interesse.
testo di Giovanni Falagario


lunedì 28 agosto 2017

INDIVIDUATO L'AUTORE DEGLI INSULTI AI DISABILI



ECCO CHI INSULTA I DISABILI
E' stato identificato l'autore del cartello che insultava i disabili a al centro commerciale "Carosello" di Carugate. E' un incensurato. Un professionista. E' un laureato. Le forze dell'ordine non hanno reso noto le sue generalità. Quello che si sa che è un professionista affermato. Ricapitoliamo il "signore" in questione era andato a un centro commerciale, aveva posteggiato la macchina in un parcheggio riservato agli invalidi, una persona diversamente abile aveva denunciato il fatto alla polizia, al ritorno della spesa il tizio ha trovato una bella multa di 50 euro. A ciò l'automobilista incivile ha reagito, invece di vergognandosi, esponendo un cartello ricolmo di insulti verso colui che l'aveva denunciato. Un cartello di uno squallore desolante nei suoi contenuti era stato esposto su un idrante proprio attaccato alla parete prospiciente il posto riservato. Un cartello fatto di insulti e errori ortografici. Si è pensato al solito atto di inciviltà, certo, ma non si pensava potesse essere stato compiuto da una persona con un'istruzione superiore. Invece si è scoperto che l'inciviltà non si vince con i pezzi di carta che attestano i, presunti, risultati scolastici. Una persona laureata può essere l'autore di insulti indicibili verso le persone più deboli. Questo è un chiaro indice di come i valori cristiani siano ben lontani dalla vita vissuta quotidianamente. Di come le parole di solidarietà di comunanza di fraternità sono rumori vuoti, semplici parole che fluiscono nel vento. Il cartello di Carugate è un esempio estremo di cattiveria e di mancanza di sensibilità, ma quante volte, quasi tutti i giorni, si sentono parole e si compiono gesti che con la solidarietà verso il più debole non hanno nulla a che fare. Si vive una dicotomia fra una società fondata sulla solidarietà, non solo i Vangeli ma anche la costituzione italiana stessa impongono che siano rivolto soccorso a chi non ce la fa, che nel quotidiano invece è fatta di chiusure, di porte sbarrate davanti a coloro che il fato ha voluto diversi. Quanti insulti sentiamo per strada. Quante volte la rabbia spinge a prendersela con il più debole. Difficile pensare veramente che ci possano essere prospettive per costruire una società meno crudele. Difficile pensare che lo stato di emarginazione, sociale lavorativa culturale, che vivono in molti sia superabile. Bisogna trovare il modo di abbattere le barriere, non solo quelle architettoniche, che costruiscono un muro fra persone e rendono il cuore duro, talmente duro da giustificare l'insulto verso un disabile. Ci vorranno generazioni per compiere questo salto culturale.
testo di Giovanni Falagario

domenica 27 agosto 2017

EDOARDO DE FILIPPO SCONOSCIUTO



EDOARDO: LA COMMEDIA RITROVATA
Fra i documenti che furono di Enzo Cannavale, noto attore comico degli anni '70 del secolo scorso, morto alcuni anni fa,è stato trovato un brogliaccio di qualche decina di fogli, contenente una commedia di Edoardo De Filippo. In realtà si tratta di uno sketch lungo. La famiglia Cannavale ha donato tutte le carte e i cimeli dell'attore a una fondazione che si chiama "Libreria cinema e teatro". Fra le carte è stato ritrovata questa commedia. Il curatore della fondazione Giuseppe Adinolfi è entusiasta. Cannavale era in contato con la compagnia teatrale dei fratelli De Filippo, ne aveva fatto parte, appare non certo improbabile che abbia avuto in dono il pezzo di carta dallo stesso Edoardo De Filippo. Rimane il fatto che questo prezioso documento è rimasto celato per mezzo secolo, forse di più. Probabilmente l'opera risale addirittura agli anni '20 o '30. Vergata, quasi certamente, dalla mano di Giuseppe De Cesare, attore della compagnia, e allo stesso tempo "scrivano" di Edoardo. De Filippo dettava a lui i suoi pensieri e le sue commedie perché riteneva la sua calligrafia degna di vergare i suoi componimenti. La commedia si chiama "Dduie.. paciune". Racconta di una coppia di sposi. L'irascibile Michele Tranquillo e la moglie accomodante Luisa che si trovano a dover affrontare il geometra Giovannino Pace, un giovane un po' vanaglorioso e presupponente, che vorrebbe impalmare la loro figlia Giulietta. La rappresentazione si sussegue fra battute e colpi di scena. E' una tipica commedia degli equivoci, in cui i protagonisti vengono scambiati per ciò che non sono dagli altri personaggi, creando così una serie di situazioni imbarazzanti che suscitano l'ilarità del pubblico. La commedia doveva essere recitata dai fratelli De Filippo. Edoardo aveva lasciato a sé la parte del padre "tranquillo ma non tanto". La Sorella Titina doveva interpretare la giovane figlia. Peppino aveva il compito di vestire il ruolo del pretendente debosciato. Antonella Ottai e Paola Quarenghi, due critiche letterarie appassionate delle opere di De Filippo, non appaiono sorprese dalla scoperta. Edoardo aveva l'abitudine di scrivere commedie all'impronta, fatte di alcune pagine scritte in fretta in camerino e poi rappresentate al pubblico. Anche "Natale in casa Cuppiello" nasce così. Il 25 dicembre 1931, per festeggiare il capodanno, la compagnia doveva rappresentare qualcosa in teatro. De Filippo scrisse alcune battute che narravano un cenone in una famiglia napoletana, ebbe l'intuizione di far dire al protagonista "te piace u' presep?", il successo fu talmente fragoroso che il testo teatrale fu rappresentato per mesi. Edoardo poi decise di farne una commedia, con una storia articolata e strutturata in maniera più complessa, così nacque il capolavoro de "Natale in casa Cupiello". La stessa fortuna non l'ebbe Dduie.. paciune" che non divenne mai commedia. A dire la verità molti personaggi e situazioni del testo ritrovato sono state riprese in altre commedie di Edoardo, a indicare che l'eccelso commediografo, pur non regalando al testo la dignità di opera, ne trasse diversi spunti per proseguire il proprio impegno letterario successivo. Rimane il fatto che scoprire una nuova opera di De Filippo è una gioia profonda, il teatro italiano e internazionale deve moltissimo all'impegno del grande napoletano.
testo di Giovanni Falagario

SOLIDARIETA' CRISTIANA

PISTOIA CON DON BIANCALANI
Sono Biancalani è il parroco di Vicofaro a Pistoia. Qualche giorno fa ha postato le foto di alcuni ragazzi della sua comunità che andavano in piscina. Questa scelta ha suscitato le ire di Forza nuova, un partito di destra, che ha promesso di manifestare contro il sacerdote durante la celebrazione della messa domenicale di oggi, 27 agosto 2017. Quello che ha infastidito il movimento di destra è il fatto che i ragazzi di don Biscolani, quelli che con lui stanno compiendo un percorso di inserimento nella comunità, sono extracomunitari. Il partito di destra ha deciso, a nome degli italiani, di manifestare il loro dissenso verso un prete che si occupa di gente di colore. Ha deciso quindi di presenziare alla messa per dare un monito al prete: basta solidarietà basta integrazione. Una posizione condivisa da molti che vedono nella destra di Salvini, Berlusconi e Forza Nuova un freno alla cultura dell'integrazione. Quello che ha sorpreso, però, è la reazione della popolazione, che invece si schierarsi con movimento moderato, animato da forza nuova,si è schierata , solidale, con il parroco. Pacificamente ha risposto a Forza Nuova, che era venuta a rimbrottare il parroco, con lo striscione su cui era scritto "Pistoia razzista no grazie". Una scelta di coraggiosa e forte in questi giorni di forte tensione, che molti schieramenti cercano di sfruttare, lucrando su una paura, purtroppo in parte giustifica. I pistoiesi non si sono arresi alla logica dell'odio. Meritano un plauso.

MORTE DI UNO SCRITTORE, CESARE PAVESE

LA MORTE DI PAVESE.
Il 27 agosto 1950, esattamente sessantasette anni fa, moriva Cesare Pavese. Nato a Santo Stefano di Belbo (provincia di cuneo) il 9 settembre 1900. Compì i suoi studi a Torino. La sua attività intellettuale fu segnata dalla passione per la letteratura inglese. Fin da giovane si distinse come finissimo traduttore di Melville, di Joyce e di tanti altri autori di lingua anglosassone. Per questo Giulio Einaudi, nel 1933, lo volle alla sua casa editrice. In questa fu valente dirigente, in grado di operare sia come traduttore sia come "talent scout", la sua amicizia e stima per Italo Calvino è nota. Ben presto, però, Einaudi lo scoprì anche fine scrittore. Cesare Pavese amava la letteratura, fin da fanciullo scriveva componimenti, l'approccio alla letteratura fu il naturale compimento di un'anima dotta. Ben presto, influenzato dallo spirito libertario che soffiava all'interno della casa editrice, si avvicinò alle idee di "Giustizia e Libertà", il movimento antifascista fondato dai Fratelli Rosselli. Il suo ostinato essere contro il regime lo portò alla prigione. Durante la guerra operò nelle formazioni partigiane piemontesi. Finita l'esperienza politica di Giustizia e libertà, per mancanza di consenso popolare (ebbe pochissimi voti alle elezioni per l'assemblea costituente), si iscrisse al Partito Comunista Italiano e vi militò, con spirito critico, fino alla morte. I suoi romanzi sono di una bellezza struggente. Al confine fra il neorealismo e l'analisi psicologica, fra il realismo e l'analisi proustiana dell'animo umano, i suoi libri sono capolavori della letteratura italiana. Leggere, ad esempio, "La luna e il falò" oppure i suoi tanti racconti sono uno strumento essenziale per conoscere un'epoca storica fondamentale e drammatica per l'Italia e l'intero mondo, siamo negli anni delle grandi dittature, della seconda guerra mondiale e della ricostruzione. I suoi personaggi sono ossessionati dal tempo che scorre inesorabile, lasciando tracce profonde nel corpo e nella mente. Sono ossessionati dall'idea che l'uomo non riesce a essere artefice di se stesso, non riesce a essere protagonista della propria vita. I suoi personaggi, animati di passione ideale e per la vita, rimangono comunque travolti soggiogati dalle logiche cruente della guerra. Forse per questo, forse perché Pavese credeva di essere imprigionato in un mondo non suo esattamente come le sue creature artistiche, che il 27 agosto del 1950 decise di togliersi la vita. Scrisse prima di morire: non si può bruciare la candela dalle due parti, nel mio caso l'ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto. Pavese, vinto dalla depressione, incolpava il proprio estro letterario della sua incapacità di vivere. Forse aveva ragione, certo il suo talento, che l'ha portato alla morte, ci ha regalato libri bellissimi. Il rimpianto che la morte prematura ci abbia sottratto un autore favoloso è comunque fortissima.
testo di Giovanni Falagario

grazie ai 500 amici



SIAMO 500
In realtà per una pagina facebook avere 500 "mi piace" è poca cosa. Sappiamo che ci sono tante altre realtà che fanno meglio. Questo dato è dovuto a limiti espressivi e pochezza di capacità di raccontare propri di chi vi sta scrivendo in questo momento, Giovanni Falagario. La mia collaboratrice, Antonietta Depalma, invece merita il plauso di tutti voi. Il suo impegno la rende già brillante "articolista" non solo su questa pagina. Io non troverò mai le parole giuste per ringraziarla, ogni aggettivo sminuirebbe la sua verve e il suo impegno che è veramente tanto e latore di oggettivi risultati. Fatta questa doverosa premessa vi spiego il perché del mio impegno in questa esperienza. Io ho bisogno di scrivere. La mia è un'esigenza fisica, quasi un atto meccanico, che mi aiuta a vincere tutti i momenti di sconforto e di angoscia. Lo ammetto io non scrivo per voi, siete voi che mi fate un grande favore leggendomi, quando avete la bontà di farlo, perché scrivere mi fa sentire meglio, scrivere mi fa sentire bene. Io veramente sento l'obbligo morale di ringraziarvi per questo regalo che mi fate. Per favore dopo queste parole non togliete "mi piace", abbiate pietà di questo povero scribacchino. Anzi fatemi il regalo di consigliare questa pagina ad altri. Se vi chiedono: perché mettere "mi piace"? La risposta è per far sorridere una persona, per renderlo un po' felice. Buona domenica a Tutti.
Testo scritto da Giovanni Falagario

BRUTALE VIOLENZA SESSUALE AVVENUTA A RIMINI

LA DIGNITA' DELLA DONNA
Quello che è successo nella notte fra il 25/08 e il 26/08/2017 a Rimini lascia senza parole e sgomenta. Una giovane coppia di turisti polacchi si sono sdraiati su un lettino, per godersi le brezza del mare notturno e per abbracciarsi l'ultima notte di vacanza, l'indomani sarebbero dovuti ripartire verso Varsavia. Non sappiano cosa si dicessero, forse i due ventenni si promettevano vicendevolmente un futuro insieme, chi lo sa. Mentre la notte stava lasciando il posto al mattino, erano le quattro, un branco li ha sorpresi. Un gruppo di giovani, probabilmente magrebini, li ha circondati. Hanno picchiato selvaggiamente il ragazzo, rompendogli il setto nasale e facendogli perdere i sensi. Hanno afferrato la ragazza, l'hanno trascinata sulla sabbia, e l'hanno ripetutamente violentata. Il branco famelico ha compiuto il suo gesto di brutale violenza in preda all'alcol e alla droga. E' sconcertante scoprire che atti di barbarie così truce possano avvenire nel nostro paese. Non è accettabile che una donna sia costretta a subire una tale violenza. Chi ha perso la dignità di essere umano sono quegli uomini che hanno commesso violenza, hanno perso il diritto di essere considerati esseri umani, hanno manifestato un ferinità indicibile e inimmaginabile. Rimane il fatto che quella donna, violentata in una spiaggia di Rimini, oggi si trova a fronteggiare uno stato d'animo che racchiude un dolore infinito. Quei maschi hanno voluto farsi beffe della sua umanità. Hanno voluto reificarla, esattamente come facevano i nazisti con gli ebrei nei campi di concentramento. La violenza come annientamento della personalità umana. Non c'è dubbio che falliranno, che non riusciranno ad annientare la bellezza dell'essere donna, esattamente come fallirono i nazisti nel loro folle tentativo di annientare l'umanità delle loro vittime, Rimane però il dolore fisico e morale che hanno inferto alla giovane donna polacca. Rimangono le cicatrici fisiche e morali che uno stupro produce sulla femminilità. Bisogna che ciò non avvenga mai più. Bisogna che l'uomo, il maschio, impari a rispettare la dignità altrui e, soprattutto, la propria non degradando in bestia affamata di violenza e di sesso, che con la sessualità vera non ha nulla a che fare. Purtroppo c'è da ricordare che questo stesso gruppo di animali, nella stessa notte, ha commesso un altro atroce delitto. A manifestazione della loro bestialità dopo aver violentato la giovane polacca, hanno abusato anche di un trans di 30 anni che stava poco distante dalla spiaggia. Anche questa giovane ha dovuto soffrire umiliazione e dolore, anche questa donna ha avuto la stessa violenza. Noi non possiamo che piangere per il gesto. Un appunto extra. Non c'è dubbio che questi atti di violenza sulle donne, esattamente come l'operato dei terroristi dello Stato Islamico, sono assolutamente contro i dettami del Corano. ancora una volta quindi si utilizza la violenza, da parte di persone di cultura islamica, per bestemmiare Allah. Noi siamo per la libertà religiosa, se si sceglie di bestemmiare il divino si ha diritto di farlo, ma non si deve usare la violenza. Insomma pur rispettando la professione di ateismo fatta dai violentatori di rimini come dai seguaci dello Stato Islamico, condanniamo il suo esplicitarsi attraverso la violenza, lo stupro, la guerra e gli attentati. Prima di ogni cosa c'è l'umanità e la vita che vanno rispettate e salvaguardate.
Testo di Giovanni Falagario

sabato 26 agosto 2017

SGOMBERO A ROMA DI UN EDIFICIO OCCUPATO DA MIGRANTI

LO SGOMBERO!
Ha suscitato polemiche la scelta della polizia, del prefetto, di sgomberare via Curtatone, una strada romana vicina alla stazione Termini. Lì c'è uno stabile occupato dal 2013 da migranti di nazionalità Eritrea e Somala, tutte persone che hanno lo status di rifugiati. Lo stabile è proprietà privata, il proprietario ha comunque dovuto pagare 240mila euro di tasse e 575mila euro di spese da quando non può usufruire dell'immobile. Una bella somma! L'edificio è stato in parte già sgombrato, ma sono rimaste le persone che non sapevano dove andare. Ieri un ordine prefettizio, si dice avallato dal ministero dell'interno, ha dato il via allo sgombero totale. Questo comporta il costringere coloro che stanno all'interno dell'edificio ad andare via e indurre coloro, migranti, che sono ancora sul selciato della strada davanti al palazzo, a sgombrare. Ieri la polizia è stata decisa, per usare un eufemismo. Davanti agli occupanti che lanciavano dai balconi suppellettili di vario tipo, hanno reagito caricando. Il capo servizio avrebbe addirittura spronato i suoi uomini alle parole "spezziamogli le gambe!". Forse si sentiva Massimo Decio Smeriglio, il protagonista del film "Il Gladiatore, che, generale romano, spronava i militi al grido "scatenate l'inferno". Solo che i poliziotti romani avevano di fronte a loro, non bellicosi germani, ma donne e bambini che assiepavano la piazza, una bella differenza che non gli ha impedito di usare manganelli e idranti, con il pericolo di ferire persone inermi. Il ministro degli interni, Minniti, ha promesso un'inchiesta per chiarire se non ci sono stati atti che travalicano il codice d'azione delle forze dell'ordine. Vuole sapere se si è superato il confine fra l'azione di polizia e la prevaricazione violenta. Promette mai più sgomberi senza un preventivo atto di pianificazione che scongiuri tensioni di piazza. Prima di sgomberare bisogna sapere dove portare e come portare i malcapitati sgomberati, tuona Minniti. Intanto scoppiano le polemiche fra Regione Lazio e Comune Roma. Zingaretti, presidente della regione Lazio, ricorda che ha stanziato 40milioni di euro, dati al Campidoglio per risolvere la questione migranti, che è competenza del sindaco. Dal Movimento Cinque Stelle si replica: è un attacco alla Raggi, se Zingaretti vuole risolvere il problema ordine pubblico a Roma se ne occupi direttamente, come ha fatto per l'acquedotto, noi del movimento non faremo nulla. Intanto fra le polemiche della politica, si abbandona Roma e i suoi abitanti, che siano di nazionalità italiana o di altro paese, a se stessa. Comunque l'immagine più commovente, davanti a questa storia sconfortante, è la carezza di un poliziotto che consola una donna eritrea in lacrime, un tocco di umanità in questa giornata di violenza.
testo di Giovanni Falagario


DOMANI NOTTE, 27/08/2017, A MELPIGNANO, LECCE: LA NOTTE DELLA TARANTA

DIONISO E LE STREGHE
Domani, 27/08/2017, a Melpignano, in provincia di Lecce, si terrà l'annuale notte della Taranta. Secondo la tradizione Salentina che si perde nella notte dei tempi le donne e gli uomini per vincere il veleno della Taranta, la tarantola velenosa, dovevano ballare fino allo sfinimento. Da questa leggenda nasce il rito di Melpignano, una notte di canti e balli al ritmo della taranta, detta anche pizzica, un ballo salentino che ha lo stesso ceppo sonoro della tarantella napoletana e in generale del ballo popolare italiano. Per vincere il malefico siero migliaia di persone si lasciano trascinare in un vortice di suoni fatto di tamburelli, altri strumenti a percussione tradizionali, strumenti a fiato e a corda. Chi era soprattutto la malcapitata punta? Una donna! Che si lanciava in vorticose piroette per vincere il dolore e scongiurare la morte. Questo aspetto ha reso chiaro che il rito della "taranta" fosse legato a una tradizione millenaria, pagana. L'immagine che rievoca è quella della tragedia di Euripide: Le Baccanti. In quell'opera si rievoca il rito dionisiaco delle baccanali. Le donne devote al dio erano punte dal pungolo divino, denominato "l'oistros, e da quel momento erano posseduti dal demone divino che le faceva danzare a un ritmo forsennato. Non c'è dubbio che il rito della taranta assomigli alla festa dionisiaca. In ambedue i casi una puntura suscita la perdita del senno e il lasciarsi trascinare nel mondo della passione e dell'irrazionalità. Le donne di età classica erano posseduti da un dio, le donne in età medioevale erano possedute da un insetto che aveva un legame con satana. Quindi per un caso la danza è un rito in onore del dio che punge, nell'altro è una sorta di esorcismo contro il male. Appare chiaro quindi che con il passaggio dal paganesimo al cristianesimo la puntura da essere fonte di beneficio, di estasi di ricongiungimento al divino, diviene maleficio, morte, caduta all'inferno. Mentre il ballo antico era strumento per assecondare il dio, la danza cristiana era strumento per soggiogare e vincere in diavolo. Non è un caso che le tarantolate rivolgevano le loro preghiere alla statua di San Paolo, poco fuori le mura di Melpignano. L'icona rupestre del santo era stata posta, e c'è ancora, proprio dove sorgeva un Menir, monumento preistorico certo, ma utilizzato in epoca classica dei fedeli di Dioniso, proprio a indicare lo stretto legame fra i culti dionisiaci e la pizzica salentina, o taranta, che domani sera migliaia di persone balleranno a Melpignano salentino.
P.S. Se vogliamo giocare ai froidiani sia il pungiglione della tarantola che l'oistros, il pungolo di Dionisio, potrebbero essere considerati simboli fallici e su questo ci sarebbe altro da raccontare....
Testo di Giovanni Falagario

venerdì 25 agosto 2017

LA DESTRA E I CONDONI EDILIZI



NON E' COLPA DI BERLUSCONI!
Come al solito quando ci sono crolli e morti sotto le macerie si dà la colpa a Silvio Berlusconi. Sono suoi e di Craxi i condoni  che hanno segnato la storia d'Italia. Il leader socialista ne fece uno negli anni Ottanta, poi seguirono i due del cavaliere nel 1994 e nel 2003. A distanza di dieci anni fa felici i suoi elettori, Purtroppo è mancato all'appuntamento del 2013, non era al governo la sua coalizione Lega Forza Italia. Sarebbe sbagliato imputare a Berlusconi lo scempio edilizio. Nelle sue leggi a guardar bene dava la possibilità ai sindaci di non autorizzare il condono. Spiego:prima fase Berlusconi dava il condono, seconda fase il ministro dell'economia, Tremonti, metteva a bilancio le entrate del condono, terza fase Berlusconi vinceva le elezioni, terza fase i sindaci non concedevano il condono. Questa ultima fase non c'è stata. Molti sindaci, per paura di perdere le proprie di elezioni, non hanno revocato i condoni, anzi molti non li hanno neanche concessi, tanto che molte case risultano "sospese", cioè si attende ancora che il comune si pronunci. Sono i sindaci che non hanno capito che il condono era solo una sparata elettorale. Sono loro che hanno fatto finta di prendere sul serio Berlusconi e hanno concesso i condoni. Berlusconi come al solito non è da reputare responsabile degli atti del suo pseudo governare. Non è la prima volta che Berlusconi viene accusato, ingiustamente, di aver voluto i provvedimenti del suo governo. Ad esempio quando l'Italia appoggiò la Francia nel far cadere Gheddafi, lui era impegnato con Lele Mora con Tarantini e con tanti altri suoi stretti collaboratori politici a risolvere la spinosa questione della nipote del presidente egiziano Moubarak, Ruby. Quando Napolitano gli disse di firmare l'appoggio, durante una prima teatrale a Roma, Berlusconi non sapeva neanche di cosa stesse parlando. Il giorno dopo firmò il decreto della presidenza del consiglio perché l'aveva detto Giorgio Napolitano. La stessa cosa è avvenuta per i condoni, non fu certo Napolitano a ordinarlo, ma comunque Berlusconi firmò quel decreto senza ben capire cosa stesse facendo, quindi accusare Berlusconi è ridicolo, lo sanno bene i tanti elettori che nelle ultime tornate elettorali hanno votato per i due partiti che formarono la coalizione che lo portò per anni al governo: Forza Italia e Lega.
Testo di Giovanni Falagario

LA POETESSA E IL RAGIONIER FANTOZZI

FANTOZZI MI SALVO'
Paolo Villaggio è morto pochi giorni fa. Esattamente il 3 luglio 2017. Alda Merini è la più grande poetessa italiana contemporanea. E' morta il 1 novembre 2009. La sua vita, purtroppo, è stata segnata da una grave malattia di carattere psichico. Gli fu diagnosticato un disturbo bipolare che la costrinse a ricoverarsi in casa di cura a più riprese nella sua vita. Nei primi anni '70 dovette rimanere, degente, in un nosocomio di Milano. Ha raccontato che quei mesi furono terribili. Non riusciva a vedere la luce oltre il tunnel della patologia psicologica. Desiderava ardentemente la morte. Ogni via di fuga all'angoscia che gli tormentava l'anima appariva preclusa. Un suo amico, che ogni tanto gli faceva visita, gli portò un libro. Non conosceva né l'autore né il contenuto del testo. L'argomento della narrazione letteraria gli era oscura. Cominciò a leggere un po' per tedio e un po' per provare sollievo da quella cappa di disperazione che gli ottundeva il cuore. Dopo qualche pagina senti forti delle risate. Con sorpresa scoprì che chi rideva era lei. Rimase stupida nello scoprire che le sue angosce si erano obliate, almeno per qualche istante. Guardò il libro come se fosse un mago potente. Come se fosse un dio dell'olimpo che con la sua potente mano solleva macigno che la opprimeva. Quel libro si intitolava "Fantozzi" era stato pubblicato nel 1970, a scriverlo era un bislacco comico genovese, Paolo Villaggio. Ad un premio a Viareggio, molti decenni dopo all'inizio degli anni 2000, Alda espresse tutto il suo amore per Paolo. Mentre conversava con Roberto Benigni disse "si lo amo molto (riferito a Benigni) ma c'è un altro grande comico che amo di più, Paolo Villaggio, perché mi ha salvato la vita" e in quell'occasione ricordo l'episodio che gli capitò in manicomio (così chiamava la poetessa le case di cura in cui era stata ricoverata nella sua vita, non amava i giri di parole e gli eufemismi) e di come un libro comico, un libro che apparentemente doveva essere "da poco" senza pretese letterarie, in cui si narrava della vita di uno sciagurato perdente senza speranza, portò un po' di luce nella sua vita che in quel momento sembrava avvolta nell'oscurità.
Testo di Giovanni Falagario

giovedì 24 agosto 2017

NOTTE DI SAN LORENZO 1572: IL BAGNO DI SANGUE





NOTTE DI SAN BARTOLOMEO: QUANDO AD UCCIDERE ERANO I CATTOLICI
La notte fra il 23 e il 24 agosto del 1572 la violenza e la rabbia si rovesciò contro gli Ugonotti, i protestanti francesi. Carlo IX, re di Francia, ordinò di uccidere l'ammiraglio Gaspard de Chatillon, questo era l'uomo più eminente e potente degli antipapisti di Gallia. L'odio del re verso la riforma, secondo buona parte della storiografia, fu causato dalla madre, l'italiana Caterina de' Medici.Una cosa è certa, quello che doveva essere un omicidio politico, l'uccisione di un solo militare, diventò una strage. Gli uomini del re misero a ferro e a fuoco Parigi. Si aprì una vera e propria caccia all'ugonotto. I dati di quella notte, ricavabili dalle testimonianze di storici, letterati e semplici testimoni dell'epoca, sono agghiaccianti. Un Italiano che lavorava, quale spia, al soldo di Londra testimone della strage, che racconterà agli inglesi: "furono usate crudeltà gravissime contra donne e fanciulli, onde erano senza riguardo alcuno uccise, quantunque molte di loro erano gravide. Un orafo si vantò d'averne con le sue proprie mani scannate più di quattrocento d'ogni sesso e di qualità. Un prete nomato Potrì n'uccise più di cinquecento, come mi è stato affermato; e un altro ha detto a me averne morti nel suo quartiere 700 con le sue mani. Insomma ci fu una vera e propria strage politico religiosa". I cattolici decisero di risolvere con il sangue la ormai decennale tensione politica e sociale fra i due fronti. Sarebbe sbagliato considerare la notte di San Bartolomeo, il 24 agosto, un fenomeno isolato. Ormai da un secolo l'Europa intera era segnata da violenze e guerre che avevano come ragion d'essere l'odio religioso. Da tempo protestanti e cattolici si scontravano mietendo vittime innocenti. Una cosa è certa: quella notte donne e bambini, uomini inermi, furono uccisi nel sonno. Furono presi dalle proprie case e scannati con inumana violenza. Il mondo cattolico, trionfante dopo la battaglia di Lepanto del 1571 che aveva visto la vittoria di Francia Spagna e Venezia sui terribili Turchi, ha visto in quella notte il modo di liberarsi di un altro nemico tremendo, l'eresia. Per farlo si decise di bagnare di sangue Parigi e molte altre città francesi. In un'Europa che conosceva allora il Rinascimento. In una Francia che riscopriva l'arte e la cultura attraverso intellettuali quali Montaigne, teorico della tolleranza, quelle ore di sangue furono un brutale risveglio di violenza e di rabbia. Una rabbia che si placò solo 38 anni dopo. Solo quando i regnati europei nel 1598 a Nantes firmarono un accordo, un editto, che prometteva rispetto reciproco fra le fedi. L'Europa in quel tremendo XVI secolo fu culla di intolleranza, crudeltà, preconcetti, fu luogo di ignobili stragi, che per onore del vero furono anche compiute dai protestanti. Quei giorni di oscuro fanatismo ci siano di monito. Oggi l'Europa e il mondo intero, sono segnati da un altro periodo di violenza, il terrorismo minaccia le nostre strade, ricordare altri momenti bui forse ci offre la possibilità di trovare quel lume di ragione che porta alla pace, dagli errori e orrori del passato si può trovare l'insegnamento per sconfiggere la barbarie e la violenza di oggi, almeno si spera.
testo di Giovanni Falagario