domenica 27 agosto 2017

MORTE DI UNO SCRITTORE, CESARE PAVESE

LA MORTE DI PAVESE.
Il 27 agosto 1950, esattamente sessantasette anni fa, moriva Cesare Pavese. Nato a Santo Stefano di Belbo (provincia di cuneo) il 9 settembre 1900. Compì i suoi studi a Torino. La sua attività intellettuale fu segnata dalla passione per la letteratura inglese. Fin da giovane si distinse come finissimo traduttore di Melville, di Joyce e di tanti altri autori di lingua anglosassone. Per questo Giulio Einaudi, nel 1933, lo volle alla sua casa editrice. In questa fu valente dirigente, in grado di operare sia come traduttore sia come "talent scout", la sua amicizia e stima per Italo Calvino è nota. Ben presto, però, Einaudi lo scoprì anche fine scrittore. Cesare Pavese amava la letteratura, fin da fanciullo scriveva componimenti, l'approccio alla letteratura fu il naturale compimento di un'anima dotta. Ben presto, influenzato dallo spirito libertario che soffiava all'interno della casa editrice, si avvicinò alle idee di "Giustizia e Libertà", il movimento antifascista fondato dai Fratelli Rosselli. Il suo ostinato essere contro il regime lo portò alla prigione. Durante la guerra operò nelle formazioni partigiane piemontesi. Finita l'esperienza politica di Giustizia e libertà, per mancanza di consenso popolare (ebbe pochissimi voti alle elezioni per l'assemblea costituente), si iscrisse al Partito Comunista Italiano e vi militò, con spirito critico, fino alla morte. I suoi romanzi sono di una bellezza struggente. Al confine fra il neorealismo e l'analisi psicologica, fra il realismo e l'analisi proustiana dell'animo umano, i suoi libri sono capolavori della letteratura italiana. Leggere, ad esempio, "La luna e il falò" oppure i suoi tanti racconti sono uno strumento essenziale per conoscere un'epoca storica fondamentale e drammatica per l'Italia e l'intero mondo, siamo negli anni delle grandi dittature, della seconda guerra mondiale e della ricostruzione. I suoi personaggi sono ossessionati dal tempo che scorre inesorabile, lasciando tracce profonde nel corpo e nella mente. Sono ossessionati dall'idea che l'uomo non riesce a essere artefice di se stesso, non riesce a essere protagonista della propria vita. I suoi personaggi, animati di passione ideale e per la vita, rimangono comunque travolti soggiogati dalle logiche cruente della guerra. Forse per questo, forse perché Pavese credeva di essere imprigionato in un mondo non suo esattamente come le sue creature artistiche, che il 27 agosto del 1950 decise di togliersi la vita. Scrisse prima di morire: non si può bruciare la candela dalle due parti, nel mio caso l'ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto. Pavese, vinto dalla depressione, incolpava il proprio estro letterario della sua incapacità di vivere. Forse aveva ragione, certo il suo talento, che l'ha portato alla morte, ci ha regalato libri bellissimi. Il rimpianto che la morte prematura ci abbia sottratto un autore favoloso è comunque fortissima.
testo di Giovanni Falagario

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