sabato 2 settembre 2017

IL 03/09/1982 MORIVA CARLO ALBERTO DALLA CHIESA



IL GENERALE
Domani, 03/09/2017, ricorre il trentacinquequennale della morte del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Era stato chiamato dal governo nazionale a combattere la mafia. Doveva svolgere il ruolo di prefetto a Palermo. Era stato eroe della resistenza. Aveva combattuto la mafia fra il 1966 e il 1973 da colonnello dei carabinieri. Aveva svolto la sua funzione di soldato distinguendosi nella lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, quando ancora erano in molti a negare l'esistenza di quella organizzazione criminale denominata "Cosa nostra". La mafia per i notabili di Palermo non esisteva, e invece Dalla Chiesa era lì, assieme a tanti altri servitori dello stato, che la combatteva ogni giorno incessantemente. A Palermo sono nati e hanno studiato i suoi figli. Mai domo, infatti, il Carlo Alberto dalla Chiesa si sforzava di fermare quella mafia che uccideva e terrorizzava i siciliani. Negli anni '70 fu chiamato a combattere il brigatismo rosso, la sua caparbia azione di polizia contro le Brigate Rosse permisero allo stato di vincere la battaglia contro il terrore marxista leninista. Proprio per il suo impegno indefesso contro i brigatisti fu promosso a generale, ruolo che svolse nell'arma fino al concedo. A lui sono da attribuire gli arresti dei brigatisti Rocco Micaletti e Patrizio Peci, che in galera cominciarono a parlare e a sgretolare la cortina di silenzio che rendeva forte il brigatismo. Dismesse le vesti di uomo dell'Arma benemerita, fu chiamato a svolgere, come abbiamo detto, il ruolo di prefetto di Palermo. L'anno 1982 fu quello che segnò il destino suo e dell'intera Italia. Furono mesi cruciali quelli di Dalla Chiesa a Palermo. Si fece convinto che suo compito era arrestare e fermare coloro che avevano ucciso tanti uomini dello stato, fra i quali Rocco Chinnici. Assieme a Giovanni Falcone e agli altri magistrati che saranno il pool antimafia imbastì una lotta ferma e decisa contro il fenomeno mafioso. Non ancora investito del titolo di prefetto, nomina ufficiale che avvenne dopo la sua morte, portò a palermo quel rigore e quella risolutezza che non ammetteva connivenze. Tuonò contro la politica e contro la finanza e l'impresa privata che non rifiutavano di fare affari con la mafia. Asserì la necessità di respingere ogni compromesso. Ogni zona d'ombra e di complicità doveva sparire. Lo stato, tuonò, non si relaziona con chi è mafioso. La politica del "sacco di Palermo", cioè che aveva permesso ogni abuso possibile e immaginabile alla mafia, non la prese bene. La stessa cosa si può dire per Totò Reina e la sua mafia che infatti organizzo l'attentato che uccise sia il generale che la sua sposa Emanuela Setti Carraro, freddati a colpi di kalashnikov mentre viaggiavano sulla loro macchina per raggiungere il paese di Carini e trascorrere alcune ore di relax quel maledetto 03/09/1982. La morte di Carlo Alberto dalla Chiesa ha scosso le coscienze. Si è percepito quanto fosse orrendo il fenomeno mafioso. Si è percepito il valore del rispetto dello Stato e delle sue leggi, contrapposto a una "cultura" (le virgolette sono d'obbligo) mafiosa che impone le sue regole con il sangue. Il generale è stato uno dei tanti martiri che hanno saputo, con il loro esempio, mostrare la strada per costruire un'Italia migliore, un'Italia senza mafia. Questo obbiettivo a 35 anni dalla morte di dalla Chiesa non è stato raggiunto, ma continueremo a perseguirlo in nome dei martiri che sono morti.
testo di Giovanni Falagario

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