PORTA PIA
Il 20 settembre del 1870 i bersaglieri guidati dal generale Raffaele Cadorna entrarono a Roma e posero fine al millenario potere temporale del papa. Fu un evento epocale. L'Italia, nata nel 1861, conquistava la città simbolo della Penisola, quella che aveva dato vita a una civiltà e a un impero che hanno segnato per sempre la storia dell'intera umanità. La fine dello stato pontificio era però questione molto delicata. Il papa aveva chiesto e ottenuto la protezione dell'imperatore francese Luigi Napoleone Bonaparte. Il ministro degli affari esteri italiano, il marchese Emilio Visconti Venosta, dovette operare dialogando animatamente con la cancelleria tedesca e con il governo francese per avere la certezza che un'eventuale entrata delle truppe italiane nell'Urbe non provocasse una guerra dagli esiti imprevedibili per la giovane monarchia italiana. L'opera diplomatica dell'italiano ottenne la neutralità delle principali superpotenze dell'epoca. La Francia che fino a quel momento si era dimostrata baluardo del papa, o almeno di Roma papale, lascia un laconico quanto eloquente comunicato: non approviamo né difendiamo il potere temporale del papa. Un esplicito via libera all'Italia che manda i suoi bersaglieri a liberare Roma. Alla guida del contingente ci sono, oltre che il già citato Raffaele Cadorna, i generali Emilio Ferrero, Gustavo Mazé de la Roche, e colui che fu il braccio destro di Giuseppe Garibaldi nell'impresa dei Mille, la conquista del sud d'Italia, Nino Bixio. La presa di Roma, l'ingresso attraverso Porta Pia nella Caput Mundi fu l'apoteosi della monarchia sabaudia. Vittorio Emanuele II poté essere il signore della città che dominò nei secoli l'intero globo terraqueo conosciuto. Quale differenza c'era fra la precedente sconfitta papale. Nel 1848 la cacciata del Santo Padre da Roma aveva fatto nascere la Repubblica. In quei mesi di libertà si scrisse la costituzione romana, ancor oggi considerata un'esempio di ciò che di straordinario può produrre l'afflato libertario delle genti oppresse da secoli di assolutismo. Invece la Breccia di Porta Pia segnò la vittoria di un monarca e di un regime liberale che si fondava non sull'uguaglianza, ma sul censo. Garibaldi era a Caprera, l'isola della sardegna dove viveva il suo esilio. Roma era monarchica, era ben diversa da quella che era stata liberata nel 1848 dallo stesso Giuseppe Garibaldi, eroe della Repubblica Romana, e da altri patrioti come Goffredo Mameli, l'autore dell'inno nazionale italiano, morto durante l'assedio romano. Quell'esperienza libertaria fu schiacciata dall'esercito francese che allora intervenne in difesa del potere del pontefice. Ora il potere liberale, fatto di accordi e di interessi tutelati sottobanco, si impossessava anche di Roma. Il censo, la ricchezza e la nobiltà, governavano l'Intera penisola mentre milioni di persone, divenuti italiani, rimanevano ancora sotto il giogo della fame e dell'ignoranza. Bisogna però dirlo, anche Porta Pia è stato un momento fondamentale per la storia dell'emancipazione delle genti italiane. Senza la debellatio del potere temporale del papa non ci sarebbe stata quella tensione culturale che avrebbe portato dopo lunghi e difficili anni alla nascita di un vero e maturo regime democratico quale fu la Repubblica nata dopo la seconda guerra mondiale, con la sua Costituzione i cui fondamenti poggiano anche sull'afflato di libertà che ha caratterizzato il Risorgimento italiano.
testo di Giovanni Falagario
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