venerdì 8 dicembre 2017

AMBASCIATA USA A GERUSALEMME



L'AMBASCIATA
Donald Trump ha deciso. L'ambasciata americana in Israele avrà la sua sede non a Tel Aviv ma a Gerusalemme. Una scelta che rende esecutiva una risoluzione del Congresso di Washington che nel 1992 votò per il trasferimento. Una norma che nessun presidente americano ha resa esecutiva, prima di Trump, per non irritare gli stati mussulmani alleati. Trump ha dichiarato invece di voler compiere questo passo. Una scelta radicale che apre la strada al riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello stato di Israele, in barba a tutte le risoluzioni dell'Onu che invece consideravano la città cara alle tre religioni monoteiste non patrimonio unico dello stato d'Israele ma patrimonio sia d'Israele che dello stato di Palestina, oltre che dell'intera umanità. La scelta di Trump cambia radicalmente la politica americana che, almeno sulla questione Gerusalemme, ha sempre tentato di avere una posizione di equidistanza fra palestinesi ed israeliani. Trump gioca sulla storica rivalità fra sunniti e sciiti. I Siriani, i palestinesi sono sciiti come gli iraniani, storici nemici di Israele, mentre l'Arabia Saudita e gli altri paesi arabi sono sunniti. La politica filo israeliana di Trump potrebbe essere vista in buona luce nelle Penisola Arabica se danneggiasse il rivale di sempre Iran. Ma Gerusalemme trascende le rivalità storiche del mondo Mussulmano. Consegnare ad Israele la città santa ove il profeta Maometto, secondo le sacre scritture mussulmane, sarebbe salito al cielo su un cavallo bianco, sarebbe visto come un vero e proprio atto sacrilego da tutti i credenti in Allah. Difficile dire se l'atto di Trump avrà effetti realmente destabilizzanti per il quadro mediorientale. I palestinesi residenti a Gerusalemme appaiono adirati davanti alle scelte Usa, è l'ennesima prova, a dire delle loro fonti ufficiali, che gli Usa non hanno alcun interesse a trovare soluzioni pacifiche allo scontro che da mezzo secolo insanguina la Terra Santa. Secondo alcuni osservatori Trump potrebbe trovare un compromesso. Procrastinare a data da definirsi l'effettiva inaugurazione dell'ambasciata a Gerusalemme a causa della necessità di costruire un edificio adeguato alle incombenze che una sede di ambasciata deve fronteggiare. Un modo per non deludere le aspettative del capo del governo israeliano Nethaneau che spinge per il trasferimento dell'ambasciata senza costringere gli alleati arabi a prendere realmente le distanze dagli Usa. Trump gioca d'astuzia, proclama scelte radicali senza effettivamente compierle. Forse questa sua ambiguità potrà realmente aiutare la pace. Difficile a dirsi.
Testo di Giovanni Falagario

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