LA SCELTA
La legge sul "fine vita" è stata approvata dal senato, ieri 18/12/2017. Una norma dello stato dà la possibilità a ognuno di noi di scegliere se continuare il percorso dell'esistenza oppure scegliere di lasciare che la natura faccia il suo tragico percorso, senza che la medicina continui a mantenere in funzione i nostri organi vitali, se viviamo nello stadio terminale della propria vita, colpiti da una malattia che ci permette soltanto di vivere in uno stato vegetativo, aiutati a farlo da macchinari e farmaci. Una scelta che riguarda ogni singola persona. Ognuno di noi è chiamato a fare i conti con la sua dipartita. Ognuno di noi si trova davanti ai grandi interrogativi che gli ultimi giorni di vita richiama. E' giusto rinunciare alla speranza di vivere? E' giusto scegliere di morire, anche se la medicina può farti continuare a respirare e a farti battere il cuore? Le fasi finali della vita sono, assieme alla nascita, momenti che distinguono l'essere umano. Davanti alle nascite e alle morti la comunità e il singolo si forma culturalmente. La visione della vita è uno degli aspetti culturali più importanti. La dignità umana deve essere il baricentro delle scelte politiche e sociali su questo delicatissimo tema. Il rispetto della propria e dell'altrui dignità deve essere il fondamento su cui basare le nostre decisioni. Rispettare l'altro, rispettare la sua scelta di vivere o morire, dignitosamente, deve essere il fondamento su cui basare le norme giuridiche e le regole di comportamento sociale su questo delicatissimo argomento. Noi non possiamo avere risposte. Non possiamo conoscere le strade della sofferenza, le strade della vita, che portano ogni singola persona a decidere come vorrebbe rapportarsi alla morte. Non ci sono soluzioni giuste, non ci sono regole generali che devono essere rispettate, ognuno ha il diritto di scegliere se continuare ad oltranza le cure mediche che gli offrono "solo" una vita vegetativa oppure scegliere di addormentarsi per sempre, accompagnati in questa dolorosa scelta. Ognuno deve poter decidere se è eticamente e moralmente accettabile rinunciare alle cure. Se è dignitoso lasciare che il proprio corpo sia oggetto di accanimento terapeutico, nel malaugurato caso che si troverà nelle condizioni vegetative. Ognuno ha il diritto e il dovere di rispondere a se stesso, alla propria coscienza, al proprio Dio, se crede in un'entità divina, se è giusto addormentarsi oppure è meglio lasciare che la medicina, i macchinari scientifici, tengano in funzione il proprio corpo, lo facciano respirare, anche se la coscienza è ormai rinchiusa in una gabbia che non gli permette di esprimersi ed essere, come è il caso di un corpo in stato di coma irreversibile. La legge approvata ieri, pur essendo ricca di contraddizioni, pur lasciando troppo spazio alla volontà amministrativa( come sarà applicata dipenderà dai regolamenti ministeriali impartiti dal dicastero della sanità) è comunque un avanzamento nella tutela dei diritti della persona. Chi si trova in stato di incoscienza, chi non è più in grado di decidere del proprio destino, non sarà in balia di amministratori, politici e giudici, come è avvenuto per Iliana Englaro e Piergiorgio Welby. Queste due persone, gravemente ammalate e in una fase terminale della vita, hanno visto, dall'alto dei cieli, il loro corpo oggetto di una insana diatriba politica, in cui gli assertori della "vita ad oltranza" hanno utilizzato la malattia come strumento di propaganda politica. Questo non deve avvenire più. Ognuno deve essere rispettato nelle proprie scelte. Ci auguriamo le la legge sul fine vita nella sua applicazione nei casi concreti sia realmente un modo per rispettare la libertà di scelta e la dignità dell'uomo.
testo di Giovanni Falagario
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