IN NOME DEL PADRE
Esce per la casa editrice Feltrinelli il libro "Come uccidere il padre". Non l'ha scritto il psicanalista di scuola froidiana. L'ha scritta una studiosa apprezzatissima di diritto romano: Eva Cantarella. La giurista ripercorre l'evoluzione, all'interno della civiltà romana antica, di uno degli istituti giuridici più importanti non solo del passato, ma anche del presente, la famiglia. La famiglia è un'istituzione fondamentale per la Roma antica. Attorno al concetto di familia (il termine latino) si aggirava una vera e propria comunità di persone che non erano legate solo dal sangue, dai legami causati dalla procreazione, ma anche da ragioni economiche e politiche. facevano parte della famiglia gli schiavi, ma anche i clientes, cioè uomini liberi legati politicamente alla gens romana a cui faceva capo la famiglia in questione. Insomma all'interno della famiglia si svolgevano affari, si formavano circoli culturali e politici, si dava vita a una visione della società. A capo di questa organizzazione c'era il pater familia, l'uomo più anziano del nucleo principale del gruppo che decideva la vita e la morte di tutti coloro che erano a lui sottomessi. Gli schiavi, ma anche mogli e figli, soprattutto in epoca repubblicana potevano perfino perdere la vita se lui lo comandava, aveva lo ius vitae et mortis. La Cantarella fa l'esempio di Spurio Cassio fustigato a morte dal padre perché lo reputava reo di attentare alla repubblica romana. Un figlio non poteva neanche avere un'attività economica propria. Tutti i suoi atti giuridici erano interdetti, non poteva contrarre alcun contratto, era il padre che stipulava transazioni per suo conto. Per ovviare alle difficoltà che questo stato di cose produceva. Un terzo non poteva sapere se il contratto stipulato era valido o meno, non sapendo se l'interlocutore era sotto patria potestas o meno. Si inventò il peculio, una somma di patrimonio che era amministrata dal figlio e che il padre riconosceva di pieno possesso dell'erede. Ma il padre non rispondeva per debiti che ammontano oltre al peculio. Se un creditore avesse avuto un credito superiore al peculio l'unico modo per rientrare in possesso dei propri denari sarebbe stato quello di vendere il figlio indebitato. Cantarella arriva alla conclusione che in epoca romana l'unico modo per essere libero è uccidere il padre, neanche l'emancipatio, l'emancipazione, un rito che metteva fuori dalla familia il figlio lo rendeva libero pienamente dal potere paterno. Insomma Roma era una civiltà affascinante e contraddittoria, in cui c'era libertà di costumi e di commerci, ma che allo stesso tempo non dava ufficialmente la possibilità a nessuno di allacciarsi un sandalo senza il consenso del padre. Insomma era un paese in cui si poteva far tutto, bastava aggirare la legge, sono passati duemila anni, il rapporto fra italiani e diritto non cambia. Anche noi facciamo cose che la legge non consentirebbe. I Romani lo facevano per "non uccidere il padre", noi perché non rispettiamo il diritto? Bella domanda che il libro della Cantarella potrebbe aiutarci a sciogliere.
testo di Giovanni Falagario
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