ES
Che cosa è “l’es”. Per la psicologia è la presenza della
natura nell’animo umano. Una affermazione importante certo. Per me che sono
ignorante è difficile mettere in chiaro questo concetto. Prima di tutto bisogna
essere consapevoli della dicotomia fra ognuno di noi e la natura che ci
circonda. Noi siamo ciò che siamo, siamo una individualità specifica, proprio
perché ci mettiamo in contrapposizione con l’altro, con l’altra donna o uomo che
ci sono vicini, ma anche con il mondo naturale che ci circonda. L’uomo è
diventato tale perché ha preso consapevolezza di essere, certamente parte,
della natura, ma allo stesso tempo componente speciale e particolare del mondo
naturale. La sua capacità di distinguersi da esso è il frutto della capacità
propria del genere umano di pensare e, soprattutto, di pensarsi. L’uomo
acquista consapevolezza di se stesso, perché si contrappone a ciò che è
naturale. Ma questo non comporta che sia fuori dalla natura. L’uomo è parte del
naturale. Il naturale è fondamentale parte della vita dell’uomo. Ecco perché
Sigmund Freud concepisce il concetto di “es”. L’uomo è esso, es in latino è il
pronome terza persona singolare, cioè è anche naturalità ed istinto. Anzi
proprio questi aspetti contribuiscono a formare in maniera esaustiva la singola
personalità di ciascuno di noi. È l’incontro scontro dialettico fra “es”, fra
gli istinti, e il super ego, cioè la consapevolezza che è bene obbedire alle
regole sociali e alle convenzioni che la vita comune degli uomini ha posto, che
contribuisco a formare nel bene e nel male l’Ego, cioè la personalità di ognuno
di noi. Ma il mio procedere nel pensiero può apparire azzardato. Freud non è
Hegel. Per il secondo è “naturale” e benefico che attraverso il confronto e scontro fra due
concetti in antitesi, pervenga una sintesi che vuol dire superamento e
soluzione di una controversia. Per Freud non è così. Le molteplici tensioni
emotive e razionali che caratterizzano l’essere umano non hanno una soluzione,
una tensione a superare il problema e a guardare avanti. Le conflittualità che
albergano nella mente dell’uomo, per Freud, sono costanti e in sostanza
insuperabili. Si possono sublimare, esattamente come il ghiaccio può diventare
immediatamente sostanza gassosa, cioè possono diventare il motore che spinge
ogni essere della nostra specie a creare. Ma non possono essere risolte e non
possono essere contenute, pena gravissimi danni per la psiche. Per Freud, infatti, qualsiasi atto razionale
dell’uomo è mosso dall’irrefrenabile sete di soddisfare i nostri istinti. La
passione istintuale crea l’estro creativo dell’artista. La stessa, però, genera
l’istinto omicida dell’assassino. Ogni atto, vile o ottimo che sia, è il
compimento del bisogno di soddisfare i nostri istinti più reconditi. Insomma è “ES”,
cioè il nostro essere più naturale, brutali, che ci spinge a creare o a
distruggere. È la fame di bisogni primari a farci scultori o brutali capi di
governo che ordinano efferati omicidi. È la razionalità che ci fa diventare
persone illustri o di potere, per spiegare: bisogna essere bravi nell’arte del
comando e del governo per arrivare alla cancelleria tedesca anche se ti chiami
Adolf Hitler e anche se ordinerai la morte di milioni di persone. Ma è la tua
incapacità di trasformare gli istinti primari in bene per gli altri a spingerti
ad ammazzare e perseguitare milioni di ebrei e di esseri umani in generale. Allora
si può capire come la differenza fra l’omicida e l’artista, parlo per opposti
radicalmente incompatibili, la fa l’Ego, cioè la persona, che sa calibrare al
meglio i propri istinti, sublimandoli, se è buono in opera d’arte o in capacità
di guidare gli altri con saggezza, o se invece materializza i propri bisogni
primari in sete omicida. È bene ricordare, per meglio accentrare la questione,
che non vi è nell’opera umana, quasi mai, una perfetta separazione fra azione e
uomini del bene e fra quelli del male. Ogni opera umana, non solo può essere
studiata, ma anche può essere nella sua concretezza sia fonte di bene che di
male. Pensiamo in ambito di politica internazionale alle cosiddette “missioni
di pace”, queste possono realmente portare pace e benessere, ma anche morte e
peggiori sciagure di quelle che volevano combattere. Allora in questo caso è
difficile dire se “Es” sublimato abbia prodotto il bene o il male. Allora
spetta a noi trovare una risposta. Non solo per analizzare le scelte dei capi
di stato, ma anche per valutare come vivere al meglio la nostra vita. L’Es è
fonte di litigi anche per noi gente comune. La nostra brama istintuale alla salvezza
nostra e dei nostri più stretti congiunti, i figli ad esempio, ci spingono a
compiere atti prima di tutto crudeli e cattivi, ma anche non consoni a
risolvere i problemi che siamo chiamati ad affrontare. Per semplificare: se
abbiamo un problema da risolvere con un’altra persona, molto meglio sarebbe il
confronto aperto e l’ascolto, che lo scontro. Meglio ascoltare l’altro che
attaccarlo. Sublimare l’Es vuol dire anche la capacità di porsi sulla stessa
corrente d’onda dell’ altro, sapere che anche egli ha i suoi bisogni e che
possono non necessariamente essere in contrasto insolubile con i tuoi, ma che
potrebbero produrre invece una fruttuosa e pacifica collaborazione, sublimando
così lo scontro in fruttuosa compartecipazione. Ci proviamo? Proviamo a trovare
una sintesi fra Engel e Freud, dicendo si il secondo ha ragione quando sottolinea
che alcuni aspetti del nostro animo sono insuperabili e li dobbiamo portare “appresso”
per tutta la vita, ma allo stesso tempo possiamo trovare in essi una sintesi,
come diceva Engel, ma non tanto per superarli, Freud avrebbe detto rimuoverli,
ma per farli diventare elemento comune denominatore della vita collettiva e
presupposto per vivere in pace con coloro che interagiscono con noi.
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