ARTICOLO 43 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Ai fini di utilità
generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante
espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di
lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si
riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni
di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
La proprietà pubblica e privata deve essere finalizzata
all’utilità generale. Questo è un principio basilare che la Costituzione
Italiana ribadisce esplicitamente sia nell’articolo 41, dedicato all’iniziativa
economica, sia nell’articolo 42, dedicato alla proprietà privata. Ogni singolo
cittadino è libero di avere un’attività economica, i suoi beni sono di sua
proprietà per un diritto giuridico sacrosanto. Affermato questo, però, i
costituenti hanno sottolineato che l’interesse collettivo e generale deve
essere salvaguardato anche se questo determina un nocumento dei diritti di
natura economica del singolo. Vi sono alcune attività imprenditoriali che per
la loro natura sono indispensabili per la tutela degli interessi nazionali.
Pensiamo alle imprese che gestiscono e producono energia elettrica. Pensiamo
alle imprese che si occupano della distribuzione di beni fondamentali per
l’uomo, pensiamo alle società che si occupano della gestione della rete idrica.
Ci sono servizi che travalicano il semplice gioco della domanda/offerta
elemento fondamentale del libero mercato. Penso ai servizi di trasporto. Troppo
spesso il mantenimento di un bus navetta, faccio un esempio, da un piccolo
centro a una grande città è poco conveniente dal punto di vista finanziario,
produce a chi lo gestisce poco profitto. Allo stesso tempo è un servizio
indispensabile per la piccola comunità che ne usufruisce. Allora è lo stato che
deve farsene carico, ove il privato non ha interesse a farlo. Lo stato deve
garantire il servizio alla comunità, anche se è antieconomico. Alla luce di
questa affermazione bisogna leggere l’articolo 43. Lo stato in nome
dell’utilità generale può, anzi deve, gestire alcune attività economiche. Tali
attività devono essere attribuite e ordinate dalla legge. Non può essere un
atto amministrativo, atto proprio del potere esecutivo, a regolamentare in
maniera generale la gestione dell’attività dello stato nell’economia. Deve
essere una legge. Una norma emanata dal parlamento, diretta emanazione della
volontà popolare. Questo per garantire che l’azione dello stato non sia frutto
di una scelta interessata volta a garantire un’impresa, o un soggetto privato,
che potrebbe avvantaggiarsi. La ingerenza dello stato sull’economia deve essere finalizzata agli
interessi generali, non a quelli particolari. Lo stato può espropriare aziende,
terreni, imprese per ottenere risultati economici che soddisfano l’interesse
generale. Può affidare la gestione delle imprese anche a comunità di
lavoratori. La Repubblica aiuta ed incoraggia la cooperazione, cioè il lavoro
messo in comune da più soggetti finalizzato a un bene sociale, oppure, semplicemente,
a garantire servizi e tutele a cittadini quali consumatori o prestatori
d’opera. I lavoratori possono essere protagonisti dell’economia. Saper
conciliare il lavoro manuale con le capacità dirigenziali è una sfida che la
costituzione affida ai cittadini. Si può superare la divisione fra datore e
prestatore di lavoratore. Si può pensare a un’azienda in cui le gerarchie
padronali sono superate. La Repubblica prevede che vi possa essere un mercato
economico in cui convivano le istituzioni di proprietà privata proprie
dell’economia liberista e istituzioni di tipo cooperativo in cui la
compartecipazione dei lavoratori è determinante. È una possibilità vincente. Il
sistema economico denominato misto è stata l’arma vincente non solo dell’Italia
del boom economico, ma di tante altre nazioni europee e successivamente
dell’America Latina e dell’Asia. Il cosiddetto “modello emiliano”, chiamato
così perché è nella regione Emilia Romagna che è nato, fondato sulla presenza
nel territorio di tante piccole e grandi cooperative di lavoratori appare
vincente. Sicuramente questo modello non è in contrasto con l’economia di
mercato. Sicuramente la libertà degli imprenditori di utilizzare i modelli
proprietari per fare impresa non è stata pregiudicata. È la dimostrazione che
un’economia plurale è possibile. Che un sistema misto pubblico – privato è
vincente. Per migliorare il sistema sarebbe indispensabile una legge che
regolasse il “conflitto d’interesse” che in Italia purtroppo manca. Bisogna
dirlo con chiarezza. Le storture, gli scandali finanziari, la corruzione che
caratterizza il rapporto fra la nostra economia e la politica sono legate alla
mancanza di regole rigide che evitino la commistione di interessi. Vediamo lo
scandalo legato ad alcuni istituti bancari. La politica non è stata al suo
posto, ha voluto essere protagonista e non arbitro dei giochi interbancari e ha
prodotto danni. Penso al caso “Banca Etruria” che ha coinvolto tutta la
dirigenza del Partito Democratico, il partito di maggioranza in questa legislatura.
Ma vediamo anche gli effetti sull’economia della destra. Il cosiddetto
conflitto d’interessi di Berlusconi che ha caratterizzato vent’anni di politica
italiana ha reso l’economia asfittica. Allora cambiare si deve! Mutare la
politica economica del paese rispettando i dettami costituzionali volti difesa
della legalità, della trasparenza e della tutela dell’interesse generale, non
certo di quello particolare. Bisogna rendere l’economia nazionale più
funzionale. Bisogna aver sempre presente gli interessi generali del paese.
Bisogna tener presente la tutela del piccolo credito, la tutela del lavoro
salariato e di quello del libero professionista e dell’imprenditore. Bisogna
rifuggire l’interesse della grande finanza, dei cosiddetti “pirati finanziari”
cioè di quelli che ridevano per il terremoto, pensando ai lauti guadagni che il
governo di Forza Italia e lega gli avrebbe fatto fare a discapito della povera
gente dell’Aquila, senza casa a causa del sisma. Allora lo stato deve operare
in economia, lo deve fare per il bene di tutti e per raggiungere tale
obbiettivo deve essere trasparente. Bisogna che la pubblica amministrazione sia
come un palazzo di vetro. Bisogna che tutti possano giudicare, guardare e
mettere all’indice il comportamento scorretto della classe politica. Bisogna avere
un moto d’orgoglio. Basta con i politici corrotti. Basta con gli ammiccamenti
al potere. Bisogna avere il coraggio di cambiare le cose. Di voltare le spalle
a persone come Berlusconi che hanno fatto della politica la latrina dei propri
interessi economici. Ribellarsi è giusto. Bisogna farlo dicendo no a certi
partiti collusi, non votandoli alle elezioni.
Scritto da Padolecchia Gianfranco
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