LO SPIRITO EUROPEO
Cosa sia e come sia nata la cultura europea è un dibattito
aperto e complesso che infervora gli animi e le menti di tanti intellettuali. A
un illetterato e ignorante come me non appare peregrino chiamare in causa la
figura di Benedetto da Norcia per dirimere la questione. Nato nella cittadina
umbra nel 480 Dopo Cristo Benedetto è stato colui che ha istituito la cultura
monastica occidentale. Il santo con la sorella, Scolastica, è stato il fondatore
di molti conventi che hanno conservato nei secoli il patrimonio culturale e
artistico dell’Europa. Figlio di un nobile diretto discendente dell’imperatore
Giustiniano, colui che ha voluto il famoso codice che ordina il diritto romano,
Benedetto fin da giovanissima età manifesta una forte fede e una vocazione alla
preghiera e alla vita appartata. Rimarrà inciso nei secoli il suo proverbiale motto
“Ora et labora”. Benedetto crede profondamente nel legame fra l’azione nel
mondo e la contemplazione del divino. Il suo vivere appartato, monaco in greco
vuol dire colui che è da solo, da monos, non gli preclude il lavoro come
strumento per mettere al servizio della comunità le sue capacità fisiche ed
intellettuali. Ecco perché crede profondamente non tanto nella solitudine
contemplativa, ma nella vita monastica, così verra chiamata proprio per
ricordare il suo esempio fulgido, la vita comunitaria di uomini di fede, che
rifiutano ricchezze e desideri mondani. Il suo primo rifugio sicuro dalle
tentazione del mondo è nella valle dell’Aniene, il secondo fiume di Roma dopo
il Tevere. Dopo fonda una comunità, la prima in Europa Occidentale composta da
monaci, a Subiaco. Sui resti di una villa imperiale voluta del perfido Nerone,
fonda una comunità di persone il cui intento è solo matura e profonda
contemplazione del divino. In questo si riassume il compito culturale di
Benedetto. Subiaco è letteralmente l’allegoria dei compiti alti della cultura
cristiana medievale. Il rendere la cultura classica, la villa neroniana,
avamposto del messaggio evangelico e di salvezza lasciato da Gesù di Nazareth.
Siamo all’indomani della caduta dell’Impero Romano, l’Italia è in balia dei
barbari, l’imperatore Giustiniano, che si trovava a Costantinopoli, aveva pochi
decenni priva tentato di portare l’imperio latino in un occidente stremato e
diviso dai conflitti. Il suo Codice di Leggi, citato poco sopra, aveva portato
nuova speranza. Ancor oggi quel componimento giuridico è fondamento degli studi
giurisprudenziali, dico questo per sottolinearne l’importanza. Ma di fatto l’Italia,
come il resto dell’Europa Occidentale, rimaneva in balia di una incertezza
istituzionale e statuale senza precedenti. Il mondo era diviso. Senza regole
valide per tutti. Addirittura era prevalente il cosiddetto “ius gentium”,
istituto conosciuto anche nell’antichità ma non così diffuso in passato, che
sottoponeva ogni uomo a regole diverse a seconda del suo “sangue”, cioè a
seconda della etnia della sua famiglia. Questo voleva dire che un Bizantino,
cioè un nato in terre greche, era sottoposto a una legge diversa rispetto a un
suo vicino di casa, concittadino, solo perché quest’altro era nato in Italia o
in Francia. Questo era considerato male da Benedetto. La sua opera era
indirizzata a creare una nuova “Universitas”, cioè cittadinanza, fondata su
valori universali di cui la Chiesa di Roma, il papa, era latrice. Su questa
base fonda una regola, la regola benedettina, che doveva essere comune a tutti
coloro che intendevano coniugare una vita di fede con la ricerca di una comune
cultura. Il lavoro benedettino, di conseguenza, ben presto non si limita solo a
quello dei campi. È lavoro di ricerca e di preservazione del patrimonio
culturale comune. Dopo Subiaco, Benedetto fonda un altro monastero, che rimarrà
famosissimo e simbolo della vita e della cultura monastica, è il buon ritiro di
Cassino, nel Lazio. In quel ritrovo situato su un colle, uno dei tanti dell’Appennino,
ma fatale per i destini non soltanto della fede ma dell’intero mondo, la
cultura e l’arte si conservano, ma non solo, si generano. Cassino è il fulcro
di un arcipelago di altri monasteri che in tutto il mondo continuano e
perpetuano l’opera di San Benedetto. I Benedettini, coloro che proseguono l’opera
del santo di Norcia, sono ancor oggi coloro che tutelano l’arte, la cultura e
la teologia cristiana. Sono i servitori umili del papa. Sono i custodi dei
simboli e dei segni più importanti del Cristianesimo. Chi vi scrive è di Bari.
Per questo motivo è forte nel mio cuore il segno che San Nicola, il patrono
della mia città, è affidato alla tutela e alla cura dei Benedettini, che custodiscono,
nella basilica a lui dedicata, le sue reliquie. Vi dico questo per provare ad
esplicitare la grandezza dell’opera benedettina. Il compito lasciato da san Benedetto
ai suoi è quello di proteggere quelli che sono i valori fondanti della cultura
e della fede Cristina. Noi uomini del XXI secolo, a prescindere dalla nostra
provenienza geografica o dal nostro credo religioso, dobbiamo essere grati all’opera
dei Benedettini che per un millennio hanno custodito il patrimonio storico e
culturale dell’Occidente. Senza di loro, senza le loro biblioteche, senza il
loro lavoro, tante opere letterarie antiche sarebbero state perse e tanti
componimenti medievali e moderni non sarebbero stati composti. Troppo spesso si
è contrapposto lo spirito ecumenico e di solidarietà dei francescani, con lo
spirito, diciamo, “conservatore” e volto alla custodia del passato dei
Benedettini. Si è parlato di spirito di povertà francescana e di bramosia dell’accumulo
benedettino. In parte è vero. Ma non dobbiamo dimenticare che i benedettini non
perseguono la ricchezza personale, il loro obbiettivo non è accumulare beni
personali per sé, ma al contrario lavorare e operare per aumentare il
patrimonio dell’ordine e di conseguenza arricchire, attraverso la acquisita
conoscenza, l’intera umanità. I monasteri non sono e non sono mai stati una combriccola di persone
assetate di ricchezza e sapere personale, come ci vuol far apparire il pur
bello e interessante libro di Umberto eco “Il nome della rosa”. I monasteri
sono un ritrovo di persone che credono nell’importanza del servizio alla Chiesa
e alla comunità dei credenti, che sono infatuati del messaggio “Ora et labora”,
prega, contempla Dio e metti il tuo pensiero e il tuo braccio a servizio del
tuo prossimo. Ecco il messaggio di san Benedetto che ha un valore universale
ancor oggi. Aggiungo, a mio modesto parere, che questo deve essere il messaggio
europeo, un invito a fondare sulla cultura, sul patrimonio storico letterario
comune, una società allargata a tutte le genti che vivono in questo “Vecchio”
Continente, che può diventare nuovissimo se si fonda sulle idee di solidarietà
che più di un millennio fa animarono l’opera di San Benedetto da Norcia. Per
portare avanti questo messaggio la chiesa ha proclamato il santo di Subiaco e
di Cassino patrono di Europa, una scelta voluta da Paolo VI nel 1964. Benedetto
morì a Cassino, il suo monastero, il 21 marzo del 547. Questo il motivo per cui
si festeggia la sua opera il primo giorno di primavera. Per la Chiesa,
ricordiamolo, importante è il giorno della nascita al cielo, cioè della morte,
di tutti noi che in quel giorno siamo chiamati a spogliarci del fardello
terreno e rinascere a Dio.
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