venerdì 3 luglio 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE




PARLANDO DELL'ARTICOLO 41 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“L’iniziativa economica è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”
L'articolo 41 è uno dei più importanti del titolo III, la parte della Costituzione Italiana dedicata ai rapporti economici. L'incipit, il primo comma, è chiarissimo: l'iniziativa economica è libera. Questo pone l'italia nel gruppo dei paesi che si definiscono liberali. Cosa vuol dire liberale. Liberale è un termine che rimanda esplicitamente alla parola libertà, intesa nel senso che scioglie i vincoli che costringono i singoli a subire le decisioni eteronome. Lo stato, le istituzioni non possono e non devono negare il diritto a svolgere liberamente una legittima attività commerciale e devono garantire che il soggetto protagonista di un'impresa economica, l'imprenditore, sia libero da impedimenti ingiustificati dalla tutela di altri diritti imperativi. L'imprenditore insomma è libero di esercitare la sua attività. Può stringere rapporti obbligazionali con chiunque e scioglierli nei limiti previsti dall'ordinamento statuale. Perfino il rivoluzionario russo Lenin, il comunista, disse la famosa frase: arricchitevi inaugurando la stagione della NAP, cioè del libero commercio, nella nascente Unione Sovietica. Dico questo per sottolineare come l'impresa economica, libera da laccioli e da vincoli, è causa di benessere diffuso in tutta la comunità. Allora è d'obbligo mettere in evidenza che ogni attività commerciale e di imprenditoria finalizzata a creare lavoro per sé e/o per gli altri è un bene prezioso da tutelare in nome di tutti. Il nostro primo presidente della repubblica, se si esclude la carica provvisoria data a Enrico De Nicola durante la Costituente (anche se ad onor del vero De Nicola assunse anch'egli la carica di presidente della Repubblica dal 1 gennaio 1948 alla fine del suo mandato), fu di Luigi Einaudi. Einaudi è stato un valente ministro dell'economia, o meglio ministro delle finanze come si diceva allora, e poi una grande Presidente della Repubblica. Ma soprattutto era un economista. Era un convinto assertore dei principi liberali. Voleva una società libera da laccioli, in cui le istituzioni statuali dovessero avere un ruolo prezioso di regolatore attento delle sane regole dell'economia. Non un estremista del pensiero liberale, diciamo così, non sosteneva che lo stato "era una bestia da affamare", come sostengono oggi molti partiti in Italia. Per comprenderci era assertore di un sano confronto dialettico fra imprese pubbliche e private, che potessero favorire uno sviluppo del paese non diseguale. In quest'ottica val letto il succedersi dell'articolo 41.
La libertà economica non può essere in contrasto con l'utilità sociale. Dice l'incipit del secondo comma dell'articolo 41 della Costituzione Italiana. Vuol dire che pur essendo libera, l'attività produttiva non deve essere "antisociale", cioè non può operare a danno delle persone. Pensiamo ai danni ambientali che purtroppo alcune imprese industriali compiono. Queste non solo sono illegali, ma scalfiscono i principi che sono a fondamento della Costituzione che incarnano la tutela fondamentale del benessere e della salute di tutti. Insomma nessuna impresa deve recare danno alla sicurezza e alla libertà. La dignità umana deve essere tutelata, non può essere messa in secondo piano per alcun motivo. Troppo spesso, purtroppo, questo obbligo morale e imperativo di natura statuale non viene rispettato. Nei campi quanta gente vine sfruttata e gli viene negata ogni tutela e garanzia per la sua stessa vita. Lo stesso avviene nelle fabbriche. In ogni ambito lavorativo i rapporti lavorativi vengono inquinati da un senso di prevaricazione e di potere, che in alcuni casi ha fatto vedere alla magistratura gli estremi per individuare in alcuni comportamenti il gravissimo reato di "riduzione in schiavitù" recentemente introdotto dal Codice Penale, dopo anni in cui le progressive sorti della Repubblica avevano fatto pensare che questa fattispecie penale non potesse esistere nella nostra comunità. Invece esiste! Pensiamo ai "caporali" che portano nelle campagne braccianti supersfruttati.
Allora è bene ed è necessario,come asseriva Luigi Einaudi e come esplicita il terzo comma dell'articolo 41 della nostra Legge Fondamentale, che lo "Stato determini i programmi e i controlli opportuni, perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali". Questo vuol dire che lo stato è arbitro, cioè definisce le regole del gioco. Mette in galera il datore di lavoro che sfrutta il dipendente. Impone una certa organizzazione del lavoro che, pur garantendo la libertà di impresa, tuteli la salute e il benessere dei prestato d'opera. Pensiamo al prezioso "statuto dei lavorati", il codice del lavoro nato negli anni sessanta del secolo scorto per compiere e rendere vivi i dettami costituzionali.Questa norma, ricordiamolo, è anche il frutto dell'impegno di milioni di persone scese in piazza negli anni Sessanta per chiedere giustizia e libertà, oltre che una paga giusta. Perché essere liberi deve essere un diritto anche nell'ambito lavorativo. Allora evviva l'articolo 41. Evviva i milioni di imprenditori, gente comune e laboriosa, che ogni giorno della propria vita mettono a frutto il loro ingegno nelle varie branche dell'economia per portare a casa un assegno decoroso che possa far vivere bene la propria famiglia, ma che lo fanno anche per accrescere il benessere, la ricchezza e la prosperità dell'intera nazione. Siamo grati a loro. Siamo grati a noi stessi, perché è certo che ognuno di noi, riuscendo o fallendo poco importa in questo discettare, si danna l'anima per dare il meglio di sé è portare il progresso e la crescita della nazione. Viva le parti sociali, viva le componenti della nostra società, imprenditori, agricoltori, contadini, professionisti, medici, avvocati, insegnanti e tanti altri che svolgono le più diverse professioni, La loro "iniziativa economica libera" è un bene prezioso per il paese.

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