lunedì 27 luglio 2020

SANTA SOFIA, ISTANBUL E LA LAICITA' DELLO STATO



L’INCROCIO DI FEDI

Istanbul è nata come Costantinopoli. Fu fondata dal grande imperatore romano Costantino nel 333 Dopo Cristo, che gli dette il suo nome. Si chiama anche Bisanzio, perché fu costruita nelle vicinanze, praticamente sulle fondamenta, della antica città fondata dai coloni di Megara, denominata per l’appunto Bisanzio. Nel 1517, a seguito della conquista Turca, divenne Istanbul, che in realtà è un termine che i Turchi presero dalla lingua greca. Infatti è l’acronimo di “Eis ten Polin”, che vuol dice nel linguaggio di Omero “questa è la Città”, la città per antonomasia, il centro del mondo. Poi l’adattamento all’idioma turco l’ha fatta diventare Istanbul. All’interno della città che sorge sullo stretto del Bosforo, c’è Santa Sofia, la cattedrale che i greci dedicarono alla Sapienza, divenuta una santa del Cristianesimo. Santa Sofia durante con l’arrivo dei Turchi e dell’impero Ottomano diventò la moschea Benedetta dalla Sapienza. Una scelta esplicita per provare a creare una continuità di significato storico, pur nella radicale frattura del passaggio dalla fede Cristiano – Ortodossa a quella per Allah. Insomma come i Greci veneravano la sapienza di Dio, gli islamici fanno la stessa cosa, all’interno di quel monumento. Passarono molti secoli. Siamo nel XX. La Turchia perde la guerra, la prima tremenda Guerra Mondiale. È sconfitta, come lo sono gli alti due imperi con lei alleati, l’Austria e la Germania. La Turchia perde il suo dominio sul Mediterraneo. Diventa una repubblica, guidata dal padre della patria turca moderna , Mustafa Kemal Ataturk. Questi riesce a trasformare l’Anatolia, da entità territoriale frustata da una sconfitta assoluta e definitiva, in uno stato moderno repubblica e, soprattutto, laico. Si ispira alla Francia repubblicana nel modellare il suo sistema statuale. C’è libertà di culto, ma lo stato rimane estraneo a tutte le questioni di fede. Ataturk risolve la questione Santa Sofia, moschea o cattedrale cristiana, con una scelta netta. Nel 1935, la chiesa che aveva visto incoronare gli imperatori bizantini, la moschea che aveva visto pregare gli imperatori ottomani, diventa un museo che racchiude in sé gran parte della bellezza e la cultura della penisola Anatolica, che ricordiamolo ha una storia antichissima, per farsi solo una piccola idea, è nell’attuale Turchia che sorgeva la Troia (intesa come la città di Ilio, sia chiaro) cantata da Omero. È un modo per far conoscere ai visitatori gli splendidi mosaici bizantini, coperti da tappeti durante il periodo in cui Santa Sofia è stata mosche. Infatti per un credente islamico è blasfemia raffigurare in qualsiasi forma il divino, di conseguenza i quadri greci erano stati celati. Ma anche un modo per far conoscere gli splendidi e colorati disegni geometrici che caratterizzano l’architettura e la decorazione di ispirazione islamica. L’attuale presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, leader di un partito confessionale e indiscusso leader dell’intera Turchia, ha dichiarato che entro la fine del 2020 Santa Sofia tornerà ad essere una Moschea. I vescovi ortodossi hanno vibratamente protestato. Il papa Francesco ha ricordato il legame profondo fra Santa Sofia e la cultura e la fede cattolica. Bisogna, se è lecito interpretare le parole papali, che Santa Sofia resti un museo per rimanere chiesa o moschea nei cuori dei fedeli aderenti alle diverse fedi monoteiste. Difficile che Erdogan torni indietro. Da diversi anni ha fondato la sua politica sull’essere fautore di una politica confessionale, di ispirazione islamica. Anche questo vuole essere un esperimento: conciliare una democrazia di stampo occidentale con la sua volontà di essere uno stato che orgogliosamente si dichiara devoto di Allah. La Turchia di Erdoan oggettivamente c’è riuscita. Pur con contraddizioni, ad esempio perseguita giornalisti e movimenti politici suoi oppositori, fino a mettere in galera “chi parla troppo”, la Turchia rimane una Repubblica, con libertà di pensiero e di stampa, in cui alcune persone possono anche opporsi al regime, l’esempio è Ferit Orthan Pamuk, premio nobel per la letteratura, che non nasconde la sua avversione per il capo del governo e comunque non è arrestato. Alsi Erdogan, solo omonima del presidente, è invece una scrittrice turca che ha dovuto subire arresti e processi per il suo essere dissenziente. Ma oggi è donna libera, assolta da ogni accusa. Insomma la decisione di far tornare santa Sofia ad essere Moschea non è altro dal disegno autoritario di Erdogan. È bene tenerlo presente. Forse dire no al ritorno del museo di Istanbul ad essere centro di preghiera dell’Islam, non è solo una scelta volta a rispettare la storia del monumento, ma anche un modo per garantire libertà e democrazia piena a tutta la Turchia. Insomma l’incontro tra fedi è anche questa volta una ricerca di pace.

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