L’INCROCIO DI FEDI
Istanbul è nata come Costantinopoli. Fu fondata dal grande
imperatore romano Costantino nel 333 Dopo Cristo, che gli dette il suo nome. Si
chiama anche Bisanzio, perché fu costruita nelle vicinanze, praticamente sulle
fondamenta, della antica città fondata dai coloni di Megara, denominata per l’appunto
Bisanzio. Nel 1517, a seguito della conquista Turca, divenne Istanbul, che in
realtà è un termine che i Turchi presero dalla lingua greca. Infatti è l’acronimo
di “Eis ten Polin”, che vuol dice nel linguaggio di Omero “questa è la Città”,
la città per antonomasia, il centro del mondo. Poi l’adattamento all’idioma
turco l’ha fatta diventare Istanbul. All’interno della città che sorge sullo
stretto del Bosforo, c’è Santa Sofia, la cattedrale che i greci dedicarono alla
Sapienza, divenuta una santa del Cristianesimo. Santa Sofia durante con l’arrivo
dei Turchi e dell’impero Ottomano diventò la moschea Benedetta dalla Sapienza.
Una scelta esplicita per provare a creare una continuità di significato
storico, pur nella radicale frattura del passaggio dalla fede Cristiano –
Ortodossa a quella per Allah. Insomma come i Greci veneravano la sapienza di
Dio, gli islamici fanno la stessa cosa, all’interno di quel monumento.
Passarono molti secoli. Siamo nel XX. La Turchia perde la guerra, la prima
tremenda Guerra Mondiale. È sconfitta, come lo sono gli alti due imperi con lei
alleati, l’Austria e la Germania. La Turchia perde il suo dominio sul Mediterraneo.
Diventa una repubblica, guidata dal padre della patria turca moderna , Mustafa
Kemal Ataturk. Questi riesce a trasformare l’Anatolia, da entità territoriale
frustata da una sconfitta assoluta e definitiva, in uno stato moderno
repubblica e, soprattutto, laico. Si ispira alla Francia repubblicana nel
modellare il suo sistema statuale. C’è libertà di culto, ma lo stato rimane
estraneo a tutte le questioni di fede. Ataturk risolve la questione Santa Sofia,
moschea o cattedrale cristiana, con una scelta netta. Nel 1935, la chiesa che
aveva visto incoronare gli imperatori bizantini, la moschea che aveva visto
pregare gli imperatori ottomani, diventa un museo che racchiude in sé gran
parte della bellezza e la cultura della penisola Anatolica, che ricordiamolo ha
una storia antichissima, per farsi solo una piccola idea, è nell’attuale Turchia
che sorgeva la Troia (intesa come la città di Ilio, sia chiaro) cantata da
Omero. È un modo per far conoscere ai visitatori gli splendidi mosaici
bizantini, coperti da tappeti durante il periodo in cui Santa Sofia è stata
mosche. Infatti per un credente islamico è blasfemia raffigurare in qualsiasi
forma il divino, di conseguenza i quadri greci erano stati celati. Ma anche un
modo per far conoscere gli splendidi e colorati disegni geometrici che
caratterizzano l’architettura e la decorazione di ispirazione islamica. L’attuale
presidente turco, Recep Tayyip Erdogan,
leader di un partito confessionale e indiscusso leader dell’intera Turchia, ha
dichiarato che entro la fine del 2020 Santa Sofia tornerà ad essere una
Moschea. I vescovi ortodossi hanno vibratamente protestato. Il papa Francesco
ha ricordato il legame profondo fra Santa Sofia e la cultura e la fede
cattolica. Bisogna, se è lecito interpretare le parole papali, che Santa Sofia
resti un museo per rimanere chiesa o moschea nei cuori dei fedeli aderenti alle
diverse fedi monoteiste. Difficile che Erdogan torni indietro. Da diversi anni
ha fondato la sua politica sull’essere fautore di una politica confessionale,
di ispirazione islamica. Anche questo vuole essere un esperimento: conciliare
una democrazia di stampo occidentale con la sua volontà di essere uno stato che
orgogliosamente si dichiara devoto di Allah. La Turchia di Erdoan
oggettivamente c’è riuscita. Pur con contraddizioni, ad esempio perseguita
giornalisti e movimenti politici suoi oppositori, fino a mettere in galera “chi
parla troppo”, la Turchia rimane una Repubblica, con libertà di pensiero e di
stampa, in cui alcune persone possono anche opporsi al regime, l’esempio è
Ferit Orthan Pamuk, premio nobel per la letteratura, che non nasconde la sua
avversione per il capo del governo e comunque non è arrestato. Alsi Erdogan,
solo omonima del presidente, è invece una scrittrice turca che ha dovuto subire
arresti e processi per il suo essere dissenziente. Ma oggi è donna libera,
assolta da ogni accusa. Insomma la decisione di far tornare santa Sofia ad
essere Moschea non è altro dal disegno autoritario di Erdogan. È bene tenerlo
presente. Forse dire no al ritorno del museo di Istanbul ad essere centro di
preghiera dell’Islam, non è solo una scelta volta a rispettare la storia del
monumento, ma anche un modo per garantire libertà e democrazia piena a tutta la
Turchia. Insomma l’incontro tra fedi è anche questa volta una ricerca di pace.
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