venerdì 10 luglio 2020

PARLANDO DI COSTITUZIONE



ARTICOLO 48 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA

“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico.

La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.

Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.

L’articolo 48 è il primo dei sette articoli che fanno parte del titolo quarto della prima parte della Costituzione. Queste norme costituzionali regolamentano i rapporti politici fra i cittadini. Determinano le libertà politiche e i doveri civici propri di ogni membro della Repubblica. L’articolo 48 apre questa parte della costituzione proclamando che ogni cittadino è chiamato ad eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni. Ogni cittadino è elettore. Il termine “elettore” deriva dal verbo latino “eligere” che vuol dire scegliere. Ogni cittadino è chiamato a scegliere. Se si è acquisita la maggiore età, attualmente la si raggiunge a diciotto anni, si può concorrere alla vita pubblica nazionale attraverso il proprio voto. In passato, agli albori della nostra Repubblica, la maggiore età si acquistava a ventuno anni. La legge del 20 marzo 1970 ha abbassato la soglia in cui si acquista la capacità d’agire. Le elezioni comportano la partecipazioni attiva di tutti i cittadini maggiorenni alla vita delle istituzioni. Eleggendo senatori e deputati si delega loro il compito di fare le leggi, di accordare la fiducia al governo, di determinare in questo modo i destini della nazione. Siamo chiamati a eleggere i membri di altri organi costituzionali e di rilevanza costituzionale:le Regioni, i Comuni.  È una responsabilità gravosa. Impone una coscienza critica a tutti noi. Bisogna aver consapevolezza che i destini del paese sono affidati alle nostre mani. Nessuno è esentato da questo obbligo morale. Con la nascita della Repubblica, nel 1946, per la prima volta nel nostro paese è stato introdotto il suffragio universale. Per la prima volta anche le donne hanno partecipato alle consultazioni elettorali. Non solo hanno votato, ma alcune illustri esponenti della vita sociale dell’epoca si sono candidate e sono state elette all’assemblea Costituente il primo consesso di rappresentanti del popolo in Italia, la prima assemblea realmente democratica, perché eletta da tutti i cittadini. Da allora passi avanti ne sono stati fatti. Forti dell’articolo 48 le donne hanno sempre più partecipato alla vita pubblica, le loro idee hanno contribuito fortemente alla crescita della nazione. Lo stato è diventato più forte e migliore grazie al loro prezioso apporto. Insomma il voto esercitato dalla totalità dei cittadini, senza distinzione di sesso e censo, ha portato il paese a crescere culturalmente e idealmente. I cittadini sono diventati protagonisti della vita della nazione. I grandi movimenti di protesta e di partecipazione alle decisioni che riguardano gli interessi generali sono il frutto della grande spinta partecipativa che l’articolo 48 ha prodotto. Il voto è personale. Non vi può essere una delega al voto. Nessuno può dare mandato ad altri a votare. Ci sono casi limite, quali il voto per corrispondenza e per committenza. Sono casi in cui il cittadino non è in grado di esercitare in prima persona il proprio diritto e dovere di voto. Ma la committenza non è un delegare il voto. La lettera o la delega al voto non è un dare ad un altro il proprio diritto a votare. Il voto è un diritto inalienabile. È solo un affidare ad altri la propria volontà. Il delegato non sceglie il candidato, esprime la volontà del delegante, secondo modalità rigidamente previste dalla legge. Il voto è libero. Nessuno deve essere influenzato nella scelta. Nessuno deve subire condizionamenti e ricatti nell’esercizio della propria funzione di elettore. Il voto di scambio, pessimo costume oltre che un reato penale, è un vero e proprio flagello. In cambio di favori di natura economica l’elettore si fa corrompere. Questo costume rende la democrazia più debole. La compravendita di voti è un atto spregevole. Da pochi anni è stato introdotto il reato di “voto di scambio”. È una legge fondamentale. Grazie a questa norma i giudici hanno strumenti per incriminare coloro che inquinano il sistema politico piegandolo a fini di interesse economico e, cosa gravissima, malavitoso. La politica non può essere piegata al crimine. Il paragrafo terzo dell’articolo 48 è stato inserito solo recentemente nel corpus costituzionale. La legge costituzionale del 17 gennaio 2000 l’ha scritto e ha introdotto il principio che anche i cittadini italiani residenti all’estero possono votare. È una novità assoluta per il nostro sistema elettorale. Prima i nostri connazionali che vivevano loro vita lontani dal nostro stato non potevano votare, mancando di un requisito quale la residenza nel nostro territorio. È il tema del “sangue” caro alla destra italiana. Chi è figlio di genitori italiani ha diritto a votare. È una battaglia voluta e vita dal ministro Tremaglia, anello di congiunzione e ponte ideale fra la destra mussoliniana di ottanta anni fa e la destra berlusconiana di oggi. Bisogna notare che al di là del tema della razza, dare il diritto di voto a chi vive lontano è giusto. È d’obbligo notare che per chi non è di destra,. Per chi non crede nella razza, il diritto di voto ai cittadini italiani residenti all’estero è complementare al diritto di voto e alla cittadinanza per coloro che sono nati e vivono in Italia, ma che sono figli di persone con cittadinanza straniera. Per chi crede nei valori civici di inclusione e di partecipazione collettiva, una legge che dà la cittadinanza a queste persone è necessaria e indispensabile. La partecipazione alla vita pubblica attraverso il voto rende le persone responsabili. Sarebbe un modo per far crescere queste persone che già vivono con noi, già studiano con i nostri figli, già sono compartecipi delle vita sociale del paese. Fa un po’ impressione pensare che persone che vivono da sempre a New York, non avendo alcun legame con l’Italia, possono votare per il nostro parlamento, perché figli di Italiani e invece il nostro vicino di casa, il compagno di scuola di nostro figlio, con cui abbiamo magari da poco festeggiato il diploma, non possa votare perché figlio di stranieri. È un concetto difficile da accettare per uno come me che non crede ai principi della razza propugnati da Lega e Forza Italia. È un concetto difficile da digerire per chi scrive che considera le reggi razziali del 1938 non un atto di un grande statista (sono le parole di Silvio Berlusconi su Benito Mussolini), ma un atto deprecabile. Deve essere chiaro che chi non aderisce a Forza Italia, Lega e gli altri partiti di destra ha una visione dell’umanità che prescinde da ogni discriminazione legata al concetto di “razza”. Bisogna aprire un fronte di confronto basato su idee e valori, non sulla violenza. Gli scontri nelle piazze fra appartenenti a Forza Italia, Lega e casa Pound da una parte e centri sociali dall’altra sono deprecabili. È doveroso notare che ha ragione Silvio Berlusconi quando dice che la violenza è soprattutto a sinistra. Sono pochi i candidati di Lega e Forza Italia che prendono le armi, come è successo a Macerata. Mentre sono tante le manifestazioni di violenza dell’estrema sinistra nelle piazze. Ma non è vero che l’alternativa è l’estrema destra, capeggiata dall’ex cavaliere e da Salvini, promotrice dell’idea della razza, è l’estrema sinistra. C’è un’Italia che è legata ai valori civici, un’Italia dell’inclusione e della tolleranza, questa deve far sentire la propria voce per far placare gli opposti estremismi.  L’ultimo comma della costituzione prevede che chi ha avuto una condanna penale non può essere annoverato fra gli elettori, non può partecipare alle consultazioni elettorali, è espulso dalle attività di compartecipazione alla vita politica del paese. Può essere inibito al voto colui che è manifestamente indegno per atti che hanno nociuto alla vita pubblica del paese, gravi atti penali. Oppure non ha diritto al voto colui che ha commesso reati ed è stato condannato in via definitiva all’ergastolo. Chi viola legge, chi compie atti violenti e di frode gravi e gravissimi, non deve concorrere alla politica dello stato. È un principio chiaro, ribadito anche dalla legge recentissima voluta dal ministro della giustizia Severino, che espelle dal parlamento che, pur eletti in parlamento, sono stati condannati in via definitiva per gravi reati penali. Questo principio è fortemente contestato dagli elettori di lega e Forza Italia. Silvio Berlusconi, a nome di tutti gli elettori di destra, si è fatto latore di una difesa dei condannati in via definitiva davanti alla corte europea dei diritti dell’uomo. Ha impugnato la legge Severino. Staremo a vedere se hanno ragione coloro che votano Lega e Forza Italia, che asseriscono che chi commette reati penali anche gravi ha diritto a stare in parlamento. Sarebbe bene che, se avessero ragione loro, si cambiasse repentinamente l’articolo 48 nell’ultimo comma, che esclude i condannati dal diritto di voto.

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