ARTICOLO 48 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
“Sono elettori tutti
i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale
ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico.
La legge stabilisce
requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini
residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una
circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati
seggi stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla
legge.
Il diritto di voto
non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza
penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.
L’articolo 48 è il primo dei sette articoli che fanno parte
del titolo quarto della prima parte della Costituzione. Queste norme
costituzionali regolamentano i rapporti politici fra i cittadini. Determinano
le libertà politiche e i doveri civici propri di ogni membro della Repubblica.
L’articolo 48 apre questa parte della costituzione proclamando che ogni
cittadino è chiamato ad eleggere i propri rappresentanti nelle istituzioni.
Ogni cittadino è elettore. Il termine “elettore” deriva dal verbo latino
“eligere” che vuol dire scegliere. Ogni cittadino è chiamato a scegliere. Se si
è acquisita la maggiore età, attualmente la si raggiunge a diciotto anni, si
può concorrere alla vita pubblica nazionale attraverso il proprio voto. In
passato, agli albori della nostra Repubblica, la maggiore età si acquistava a
ventuno anni. La legge del 20 marzo 1970 ha abbassato la soglia in cui si
acquista la capacità d’agire. Le elezioni comportano la partecipazioni attiva
di tutti i cittadini maggiorenni alla vita delle istituzioni. Eleggendo
senatori e deputati si delega loro il compito di fare le leggi, di accordare la
fiducia al governo, di determinare in questo modo i destini della nazione. Siamo
chiamati a eleggere i membri di altri organi costituzionali e di rilevanza
costituzionale:le Regioni, i Comuni. È
una responsabilità gravosa. Impone una coscienza critica a tutti noi. Bisogna
aver consapevolezza che i destini del paese sono affidati alle nostre mani. Nessuno
è esentato da questo obbligo morale. Con la nascita della Repubblica, nel 1946,
per la prima volta nel nostro paese è stato introdotto il suffragio universale.
Per la prima volta anche le donne hanno partecipato alle consultazioni
elettorali. Non solo hanno votato, ma alcune illustri esponenti della vita
sociale dell’epoca si sono candidate e sono state elette all’assemblea
Costituente il primo consesso di rappresentanti del popolo in Italia, la prima
assemblea realmente democratica, perché eletta da tutti i cittadini. Da allora
passi avanti ne sono stati fatti. Forti dell’articolo 48 le donne hanno sempre
più partecipato alla vita pubblica, le loro idee hanno contribuito fortemente
alla crescita della nazione. Lo stato è diventato più forte e migliore grazie
al loro prezioso apporto. Insomma il voto esercitato dalla totalità dei
cittadini, senza distinzione di sesso e censo, ha portato il paese a crescere
culturalmente e idealmente. I cittadini sono diventati protagonisti della vita
della nazione. I grandi movimenti di protesta e di partecipazione alle
decisioni che riguardano gli interessi generali sono il frutto della grande
spinta partecipativa che l’articolo 48 ha prodotto. Il voto è personale. Non vi
può essere una delega al voto. Nessuno può dare mandato ad altri a votare. Ci
sono casi limite, quali il voto per corrispondenza e per committenza. Sono casi
in cui il cittadino non è in grado di esercitare in prima persona il proprio
diritto e dovere di voto. Ma la committenza non è un delegare il voto. La
lettera o la delega al voto non è un dare ad un altro il proprio diritto a
votare. Il voto è un diritto inalienabile. È solo un affidare ad altri la
propria volontà. Il delegato non sceglie il candidato, esprime la volontà del
delegante, secondo modalità rigidamente previste dalla legge. Il voto è libero.
Nessuno deve essere influenzato nella scelta. Nessuno deve subire
condizionamenti e ricatti nell’esercizio della propria funzione di elettore. Il
voto di scambio, pessimo costume oltre che un reato penale, è un vero e proprio
flagello. In cambio di favori di natura economica l’elettore si fa corrompere.
Questo costume rende la democrazia più debole. La compravendita di voti è un
atto spregevole. Da pochi anni è stato introdotto il reato di “voto di
scambio”. È una legge fondamentale. Grazie a questa norma i giudici hanno strumenti
per incriminare coloro che inquinano il sistema politico piegandolo a fini di
interesse economico e, cosa gravissima, malavitoso. La politica non può essere
piegata al crimine. Il paragrafo terzo dell’articolo 48 è stato inserito solo
recentemente nel corpus costituzionale. La legge costituzionale del 17 gennaio
2000 l’ha scritto e ha introdotto il principio che anche i cittadini italiani
residenti all’estero possono votare. È una novità assoluta per il nostro
sistema elettorale. Prima i nostri connazionali che vivevano loro vita lontani
dal nostro stato non potevano votare, mancando di un requisito quale la
residenza nel nostro territorio. È il tema del “sangue” caro alla destra
italiana. Chi è figlio di genitori italiani ha diritto a votare. È una battaglia
voluta e vita dal ministro Tremaglia, anello di congiunzione e ponte ideale fra
la destra mussoliniana di ottanta anni fa e la destra berlusconiana di oggi.
Bisogna notare che al di là del tema della razza, dare il diritto di voto a chi
vive lontano è giusto. È d’obbligo notare che per chi non è di destra,. Per chi
non crede nella razza, il diritto di voto ai cittadini italiani residenti
all’estero è complementare al diritto di voto e alla cittadinanza per coloro
che sono nati e vivono in Italia, ma che sono figli di persone con cittadinanza
straniera. Per chi crede nei valori civici di inclusione e di partecipazione
collettiva, una legge che dà la cittadinanza a queste persone è necessaria e
indispensabile. La partecipazione alla vita pubblica attraverso il voto rende
le persone responsabili. Sarebbe un modo per far crescere queste persone che
già vivono con noi, già studiano con i nostri figli, già sono compartecipi
delle vita sociale del paese. Fa un po’ impressione pensare che persone che
vivono da sempre a New York, non avendo alcun legame con l’Italia, possono
votare per il nostro parlamento, perché figli di Italiani e invece il nostro
vicino di casa, il compagno di scuola di nostro figlio, con cui abbiamo magari
da poco festeggiato il diploma, non possa votare perché figlio di stranieri. È
un concetto difficile da accettare per uno come me che non crede ai principi
della razza propugnati da Lega e Forza Italia. È un concetto difficile da
digerire per chi scrive che considera le reggi razziali del 1938 non un atto di
un grande statista (sono le parole di Silvio Berlusconi su Benito Mussolini),
ma un atto deprecabile. Deve essere chiaro che chi non aderisce a Forza Italia,
Lega e gli altri partiti di destra ha una visione dell’umanità che prescinde da
ogni discriminazione legata al concetto di “razza”. Bisogna aprire un fronte di
confronto basato su idee e valori, non sulla violenza. Gli scontri nelle piazze
fra appartenenti a Forza Italia, Lega e casa Pound da una parte e centri
sociali dall’altra sono deprecabili. È doveroso notare che ha ragione Silvio
Berlusconi quando dice che la violenza è soprattutto a sinistra. Sono pochi i
candidati di Lega e Forza Italia che prendono le armi, come è successo a
Macerata. Mentre sono tante le manifestazioni di violenza dell’estrema sinistra
nelle piazze. Ma non è vero che l’alternativa è l’estrema destra, capeggiata
dall’ex cavaliere e da Salvini, promotrice dell’idea della razza, è l’estrema
sinistra. C’è un’Italia che è legata ai valori civici, un’Italia dell’inclusione
e della tolleranza, questa deve far sentire la propria voce per far placare gli
opposti estremismi. L’ultimo comma della
costituzione prevede che chi ha avuto una condanna penale non può essere
annoverato fra gli elettori, non può partecipare alle consultazioni elettorali,
è espulso dalle attività di compartecipazione alla vita politica del paese. Può
essere inibito al voto colui che è manifestamente indegno per atti che hanno
nociuto alla vita pubblica del paese, gravi atti penali. Oppure non ha diritto
al voto colui che ha commesso reati ed è stato condannato in via definitiva
all’ergastolo. Chi viola legge, chi compie atti violenti e di frode gravi e
gravissimi, non deve concorrere alla politica dello stato. È un principio
chiaro, ribadito anche dalla legge recentissima voluta dal ministro della
giustizia Severino, che espelle dal parlamento che, pur eletti in parlamento,
sono stati condannati in via definitiva per gravi reati penali. Questo
principio è fortemente contestato dagli elettori di lega e Forza Italia. Silvio
Berlusconi, a nome di tutti gli elettori di destra, si è fatto latore di una
difesa dei condannati in via definitiva davanti alla corte europea dei diritti
dell’uomo. Ha impugnato la legge Severino. Staremo a vedere se hanno ragione
coloro che votano Lega e Forza Italia, che asseriscono che chi commette reati
penali anche gravi ha diritto a stare in parlamento. Sarebbe bene che, se
avessero ragione loro, si cambiasse repentinamente l’articolo 48 nell’ultimo
comma, che esclude i condannati dal diritto di voto.
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