ARTICOLO 106
“Le nomine dei
magistrati hanno luogo per concorso.
La legge
sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di
magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del
Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di
consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di
università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di
esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 106 della Costituzione Italiana regola le norme
d’accesso per la nomina a magistrato. Come tutti i funzionari dello Stato,
anche i giudici assumono la loro carica perché hanno vinto un concorso.
L’articolo 97 impone che tutti gli impieghi nelle pubbliche amministrazioni
devono avvenire a seguito a una prova pubblica che attesti l’idoneità al ruolo.
Questo principio vale a maggior ragione per i giudici che devono somministrare
il diritto e applicare le leggi. Devono ricoprire questo importante compito i
più preparati e i più esperti in scienze del diritto. È necessario che i
candidati a svolgere il ruolo di magistrato debbano sostenere prove in cui
emergano le loro conoscenze. Il Concorso per entrare in magistratura si basa su
tre prove scritte e un test orale. I candidati devono dimostrare le loro
conoscenze in materia civile, penale ed amministrativa attraverso tre distinti
elaborati scritti che dovranno produrre in un ristretto lasso di tempo, sotto
il controllo di una commissione esaminatrice. Superate le tre prove scritte
dovranno affrontare la prova orale, che consiste in un riesame generale delle
materie giuridiche e di un test che certifichi conoscenze informatiche e la
capacità di proferire parola in una o più lingue straniere. Una prova veramente
complessa e difficoltosa che ha come obbiettivo di garantire che accedano al
ruolo di magistrato le persone più preparate, senza far discriminazione di
censo e senza tenere conto della posizione sociale. Il Concorso per Magistrati
ordinari è indetto dal Ministero di Grazia e giustizia a seguito di una
delibera del Consiglio Superiore della Magistratura. Le modalità di accesso
alle prove e i tempi per svolgere le incombenze formali e sostanziali per
potersi iscrivere sono conoscibili attraverso la lettura del bando ministeriale
che istituisce il concorso. È necessario, come è facilmente intuibile, che
tutto si svolga nella massima trasparenza e correttezza.
La Costituzione prevede che possano essere nominati
magistrati onorari. Magistrati che non ricoprono tale ruolo perché vincenti al
concorso, ma perché designati a ricoprire lo scranno del giudice in virtù dei
loro meriti professionali e scientifici. Possono ambire a tale carica gli
avvocati con almeno quindici anni di professione alle spalle. I docenti
universitari di diritto possono ottenere tale carica. Il CSM bandisce le
modalità di adesione. Il presidente della corte d’appello distrettuale vaglia i vari curricula vitae pervenuti nella
zona di pertinenza e procede a richiedere l’assunzione a ruolo degli idonei che
sarà effettiva grazie a un apposito decreto del Consiglio Superiore della
Magistratura. Magistrati onorari sono i giudici di pace. A differenza degli
altri magistrati onorari non devono aver necessariamente una carriera forense o
di docenza alle spalle. Basta essere laureati in giurisprudenza e avere
cinquantacinque anni per ambire al titolo. Sono giudici monocratici. Sono
presenti in tutte le sezioni civili e penali dei tribunali italiani. Svolgono
il ruolo di magistrato di primo grado per reati penali di piccola gravita,
solitamente sanciti con pene di carattere pecuniario. Fra i reati penali di competenza del giudice
di pace possiamo annoverare le percosse, la minaccia, la diffamazione,
invasione di terreni od edifici. In materia civile hanno il compito di
occuparsi di controverse che possono essere quantificate pecuniariamente in un
importo minore o al massimo pari ad Euro Cinquemila. Se la controversia verte
su un sinistro stradale o su eventi legati alla violazione del codice stradale
l’importo massimo diviene di euro quindicimila. La figura del giudice di pace è
importantissima. Il suo compito è quello di gestire una quantità di cause
significativa che prima della sua istituzione contribuiva a ingolfare il lavoro
dei giudici ordinari. Si sa che la lentezza della giustizia italiana è uno dei
problemi principali del paese. Potenziare questo istituto, monocratico cioè che
prevede un solo giudice che decide della vertenza, è un modo per accelerare i
tempi dei processi e per rendere effettivo l’articolo 111 che dà al cittadino
il diritto a un giusto processo, giusto non solo nel contenuto della sentenza,
ma anche nei tempi necessari al suo svolgersi. La giustizia italiana deve
sveltire i suoi tempi. La soluzione proposta da Lega e Forza Italia ha questo
annoso problema è percorribile. I partiti di Berlusconi e Salvini hanno
proposto una diffusa e efficace depenalizzazione dei reati contro la pubblica
amministrazione. Ricordiamo “il processo lungo” e la “prescrizione breve” due
provvedimenti legislativi voluti dal governo di Forza Italia e Lega che
agevolavano coloro che avevano commesso reati finanziari, accorciandogli i
tempi di prescrizione. La destra italiana ha una politica coerente: i reati
devono essere depenalizzati, in base a questo assunto si uniscono e chiedono il
voto agli elettori, anche oggi e domenica prossima in cui si vota in Molise e
Friuli Venezia Giulia. Non è un caso che oggi ad occupare la seconda carica
dello stato sia Maria Elisabetta Alberti Casellati, un avvocato che fin dal
1994 ha provato a scrivere leggi che depenalizzassero i reti finanziari. Il suo
impegno giuridico e politico è stato premiato da Salvini, che l’ha voluta sul
più alto scranno di palazzo Madama.
Nelle giurisdizioni superiori, cioè la corte di Cassazione,
possono essere nominati illustri e clarissimi docenti di diritto e fini
giuristi. Possono infoltire le corti superiori, dando il loro prezioso
contributo tecnico giuridico. Le sentenze delle massime corti fanno dottrina,
cioè costituiscono oggetto di studio e di approfondimento per capire cosa sia
la materia giuridica e come si applica la legge. È bene dunque che
contribuiscano alle sentenze delle alti corti non solo i pregiatissimi giudici
ordinari che ne fanno parte, ma anche membri “laici” (come si chiamano i membri
delle corti non togati) che arricchiscono con la loro presenza la corte di
cassazione sia in materia civile e penale. Il loro ruolo è di consiglieri.
Fanno parte del plenum dell’alta corte. Tali illustri soggetti sono nominati
direttamente dal Consiglio Superiore della Magistratura. L’organo di
autogoverno dei giudici deve compiere un’accurata selezione. Insomma è bene
ricordare che la nostra magistratura deve avere giudici a ruolo altamente
qualificati. La modalità di reclutamento normale deve essere quella del
concorso pubblico. La stragrande maggioranza dei giudici devono essere nominati
avendo dimostrato di conoscere approfonditamente la materia giuridica, avendo
prodotto ben tre elaborati scritti e aver tenuto una prova orale. Vi sono dei
magistrati che esercitano il loro ruolo non essendo fra i partecipanti
vincitori di un concorso: sono i giudici di pace, che si occupano di vertenze
di poco valore economico e sociale, e i membri “laici” delle alte corti. Il
sistema giudiziario ha bisogno di loro per operare secondo giustizia. L’articolo
106 impone che partecipano attivamente alle attività giudiziarie. La legge del
5 agosto 1998 regolamenta in maniera incisiva le modalità di assunzione della
carica e l’attività del Giudice di Pace.
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