ARTICOLO 93
“Il Presidente del
Consiglio dei ministri e i ministri
prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del
Presidente della Repubblica.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Il complesso processo di formazione del governo si conclude
con il giuramento di fedeltà alla Nazione e alla Costituzione espresso dal
nuovo presidente del consiglio e dai suoi ministri davanti al presidente del
consiglio. Questo pronunciamento di assoluta fedeltà alla patria rende l’esecutivo
operativo e nel pieno delle sue funzioni. La professione di servizio allo stato
conclude quello che è stato iter istituzionale che ha fatto nascere l’esecutivo.
Prima sono avvenute le cosiddette consultazioni. Il Presidente della Repubblica
ascolta le varie componenti politiche presenti in parlamento attraverso le loro
delegazioni, un gruppo di dirigenti dei vari partiti che vanno al Quirinale per
esporre la propria posizione politica al primo cittadino dello stato. Una volta
ascoltati tutti i gruppi politici il Presidente della Repubblica dà il mandato
di formare il governo a un esponente politico o della società civile che,
secondo il suo saggio giudizio, potrebbe essere in grado di formare un governo
che abbia la capacità di ottenere la fiducia delle Camere. Queste consultazioni
possono essere rapide, se la situazione politica rende possibile individuare
immediatamente la figura in grado di ottenere il consenso delle assemblee. Le
consultazioni, però, possono essere lunghe e difficoltose, se in Parlamento non
ci sono i margini per la formazione di alcuna maggioranza in grado di votare l’esecutivo.
L’opera di mediatore del Presidente della Repubblica si fa in questo caso
importantissima. È lui che deve provare a far convergere le forze politiche. Il
suo ruolo non è di soggetto politico. Lui non deve mediare, ma deve essere in
grado di mettere in risalto le convergenze politiche dei singoli partiti in
modo da favorire un eventuale accordo. Il suo ruolo può essere fondamentale, in
una fase di estrema frammentazione politica. Alcuni esecutivi sono stati denominati “del
presidente (della Repubblica)” proprio perché sono stati il frutto del paziente
impegno del primo cittadino della nazione di trovare il bandolo della matassa,
in situazioni di estrema crisi politica. In una fase politica in cui appare
impossibile formare una maggioranza che appoggi un eventuale governo, il
Presidente della Repubblica sceglie una figura, spesso estranea alle
vicissitudini politiche, in grado di formare un governo che affronti i problemi
impellenti del paese, trovando una convergenza di intenti fra partiti che non
sembrano in grado di proporre un presidente del consiglio proveniente dalla
loro fila. Bisogna sottolineare che il
termine giornalistico “governo del presidente” da un lato spiega una
complessa e intricata vicenda politico istituzionale, però dall’alto è una definizione
impropria, perché tali esecutivi, esattamente come tutti i governi della nostra
nazione, devono avere la fiducia del parlamento e quindi sono da considerare
parlamentari. Dopo aver prestato giuramento i ministri devono presentarsi alle
camere e ottenere da loro la fiducia. In caso contrario hanno l’obbligo di
dimettersi. Quindi appare chiaro che “governo del presidente”, termine usato
più opportunamente in altre nazioni ove vige una repubblica presidenziale, sia
fuori luogo dal punto di vista giuridico. In Italia vige un modello di stato di
tipo parlamentare. Il presidente del consiglio incaricato deve certo scegliere
i ministri. Il suo esecutivo entra in carica al momento del giuramento davanti
al Presidente della Repubblica. Ma il suo esecutivo decade se non ha la fiducia
del Parlamento. In caso di voto negativo il presidente del consiglio deve
immediatamente presentare le sue dimissioni e quelle dei ministri al presidente
della repubblica. A tal ragione avviene che al momento dell’incarico il
Presidente del consiglio prescelto faccia a sua volta un giro di consultazioni
con le forze politiche in parlamento per
saggiare se ci sono i presupposti per ottenere la fiducia, in caso contrario
rimette il mandato al presidente della repubblica ancor prima di giurare e
quindi di far nascere il nuovo esecutivo. Insomma il giuramento del Governo è
la conclusione di un complesso rituale politico e istituzionale in cui le
formazioni politiche si ritrovano a discutere dei destini del paese sotto il
saggio, si spera, influsso del Presidente della Repubblica.
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