giovedì 26 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 110



ARTICOLO  110

“Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della Giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Il ruolo del Ministro della Giustizia è importantissimo. L’articolo 110 della Costituzione italiana gli attribuisce i compiti di organizzatore dei servizi relativi alla giustizia. In sostanza è lui il responsabile del funzionamento amministrativo di tutti i tribunali del paese. È il ministro che si occupa di garantire che ogni tribunale abbia a disposizione tutti gli strumenti, dalle suppellettili alle fonti di consultazione giuridica, necessari per compiere l’alto incarico di emettere sentenze secondo giustizia. Mentre il Consiglio Superiore della Magistratura, citato dagli articolo 104, 105, 106 e 107 della nostra Carta fondamentale, ha il compito di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’ordine. Il Ministro della Giustizia ha l’onere di occuparsi delle misure che attengono al suo operato, cioè il concreto funzionamento degli uffici. Questa divisione di ruoli deve garantire l’indipendenza della Magistratura da ogni condizionamento da parte di altri poteri dello stato e soprattutto da parte del governo. Il Ministro di Giustizia non ha un ruolo di controllore dell’operato dei giudici, non è un superiore gerarchico rispetto ai magistrati. Non spetta a lui, ma al CSM di giudicare e censurare il lavoro della Magistratura. Il suo ruolo in questo ambito si limita a quello si segnalatore. In forza dell’articolo 107 secondo comma della Costituzione può promuovere azione disciplinare presso il Consiglio Superiore della Magistratura, ma non è lui che decide eventuali trasferimenti o provvedimenti disciplinari. Non è lui che giudica l’operato dei singoli giudici e dell’intero sistema giudiziario. In questo aspetto il Ministro della Giustizia ha titolo ad esprimersi esattamente come un qualsiasi cittadino, senza alcuna legittimazione superiore dovuta al proprio ruolo. Il suo compito si limita a segnalare un comportamento da lui considerato inopportuno. In questi anni il ruolo del ministro della giustizia ha avuto un ruolo centrale. Durante il cosiddetto periodo delle grandi inchieste giudiziarie, i ministri della giustizia che facevano parte delle coalizioni Lega – Forza Italia, hanno provato ad interpretare il ruolo di Ministro di Grazia e Giustizia ampliandone le funzioni di fatto. Mentre i magistrati chiedevano l’attivazione del ministero per potenziare gli uffici giudiziari, dotandoli ad esempio di computer o di strumenti di cancelleria. I ministri di destra invece utilizzavano lo strumento dell’ispezione ministeriale per fermare le inchieste che sul finire degli anni ’90 vedevano come imputati Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Qualche anno prima, ricordiamolo, Umberto Bossi condannato per le tangenti ricevute dall’industria Enimont, uscì dal tribunale con la gente leghista festante, orgogliosa che il suo capo avesse chiesto soldi per il partito e per il progetto di Padania Indipendente. Insomma la destra ha utilizzato il potere del Ministro di Giustizia per fermare i processi. Non è un caso che il Leder odierno della Lega Matteo Salvini, in nome della continuità storica della guerra ai magistrati, abbia voluto come presidente del senato l’avvocato Elisabetta Alberti Casellati che in passato è stata viceministro della giustizia dei governi Berlusconi e ha operato per fermare le inchieste contro i politici di destra. I giornalisti la chiamano “la zia di Moubarak”. Questo nomignolo le è stato affibbiato perché ha avuto l’idea di far pronunciare il parlamento su una mozione che affermava che Ruby Rubacuori, la minorenne pupilla di Silvio Berlusconi, era realmente parente del presidente egiziano e alla luce di questo giustificare l’intervento di Silvio Berlusconi presso la questura di Milano al fine di liberare la ragazza che era in stato di fermo. Il parlamento insomma dichiarò che la libertà della giovane marocchina era una questione di stato e di conseguenza era giusto che Berlusconi intervenisse. Sul fatto che era evidente a tutti che una giovane donna marocchina residente fin da piccola in Italia non potesse essere parente di un presidente egiziano e non potesse avere ruoli diplomatici che necessitassero l’intervento del capo del governo, i giornali mondiali ancora ridono, alzano le spalle e dicono les italiens. Comunque questo è solo uno dei tanti episodi della guerra di Arcore, lo scontro di lega e Forza Italia contro i principi del diritto. Scegliere se il guardia sigilli operi in maniera incisiva nell’operato della magistratura o abbia un ruolo di mero gestore degli atti che riguardano la sua amministrazione è un dirimente importantissimo per la politica del governo. È inutile negare che anche la sinistra ha avuto modo di intervenire nei processi contro i propri dirigenti. È il caso dell’inchiesta “Banca Etruria” che vedeva coinvolto il padre dell’allora segretario del Partito Democratico e Presidente del Consiglio in carica, Matteo Renzi. Anche in quel caso il ministro Lotti, che in realtà non aveva la nomina al dicastero della giustizia ma era ministro dello Sport, ha provato ad interferire con la giustizia. Questo episodio è la lampante dimostrazione che gli esecutivi hanno provato sempre ad ampliare il loro ruolo, spesso per motivi fraudolenti. Quando la costituzione dice che il ministro si occupa del funzionamento dei servizi giurisdizionali, la politica ha interpretato questo passo come giustificazione ad entrare nel dettaglio delle inchieste. Questo è un principio aberrante. Il ministero ha un ruolo di mero potenziamento delle strutture tecnico operative, un controllo politico e gerarchico è escluso. Solo durante il regime fascista l’ordine giudiziario era sottomesso al regime.  È giusto che la magistratura abbia la sua indipendenza. Mi rivolgo agli elettori di destra. Chi in passato ha votato Partito Democratico ha voltato le spalle al pd proprio perché ha provato a truccare i processi. Perché gli elettori di destra non fanno lo stesso? Perché gli elettori Molisani di lega e Forza Italia non hanno abbandonato i loro partiti e hanno eletto un presidente regionale di destra? Veramente chi vota lega e Forza Italia considera poca cosa la legalità? Veramente gli elettori del Friuli voteranno il candidato di Salvini e Berlusconi alla presidenza della propria regione, nonostante un importantissimo esponente di destra, Marcello Dell’Utri sia stato imputato e condannato per mafia? Stando ai sondaggi, la risposta sembra “si”. Lo sconforto verso questo poco rispetto per i principi di legalità è forte. Viene da dire che non è solo la Casellati la “zia di Moubarak” siamo tutti noi che calpestiamo i principi di indipendenza della magistratura.

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