ARTICOLO 98
“I pubblici impiegati
sono al servizio esclusivo della nazione.
Se sono membri del
Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge
stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i
magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti
di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Il primo comma dell’articolo 98 mette in evidenza che i
pubblici impiegati sono al servizio della nazione. Il lavoro dei funzionari
dello stato deve essere finalizzato al benessere della collettività. Non deve
avere fini speculativi. La pubblica amministrazione non ha come obbiettivo
aumentare il fatturato aziendale, ma creare e rendere funzionari servizi
essenziali per i cittadini e per il funzionamento dello Stato. La finalità dell’operare
della pubblica amministrazione è quello di essere strumento per raggiungere un
benessere sociale generalizzato. È un modo per rendere effettivo il principio
enunciato dall’articolo tre della Costituzione che vorrebbe che la Repubblica
operasse per superare gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della
persona umana. Insomma il pubblico amministratore deve essere al servizio del
cittadino. Deve compiere gli atti necessari al raggiungimento del fine alto
della repubblica: il garantire a tutti una vita dignitosa. Insomma gli alti
fini della Pubblica Amministrazione sono quelli di rendere lo stato democratico
perfettamente funzionante. Gli impiegati dello stato sono sentinelle della
nazione. Per questo gli scandali e le inchieste giudiziarie che coinvolgono
pubblici amministratori infedeli sgomentano e indignano, queste persone
tradiscono l’alto mandato che devono perseguire. I Pubblici impiegati hanno il
compito di essere fulgidi esempi di coerenza e di virtù al pieno servizio della
Costituzione e dei suoi fini. Coloro che, avendo già un impiego nella pubblica
amministrazione, intendono servire lo stato facendo attività politica, entrando
nel Parlamento, sono messi in aspettativa, non possono conseguire promozioni,
se non per anzianità, come stabilisce il secondo comma dell’articolo 98 della
nostra Carta Fondamentale. La pubblica amministrazione deve conseguire
risultati assegnati dalla legge, il pubblico impiegato deve essere valido
strumento per raggiungere tali obbiettivi alti che lo stato deve perseguire. Il
terzo comma del presente articolo stabilisce che alcuni funzionari e pubblici
dipendenti non possono iscriversi ai partiti, o meglio la loro attività
politica deve essere grandemente contenuta entro i limiti che la carica
pubblica impone. Ad esempio i magistrati, se nel pieno esercizio delle loro
funzioni, possono iscriversi a partiti politici, ma non possono partecipare
attivamente alla vita del partito presenziando a manifestazioni pubbliche o di
propaganda. Meglio sarebbe, come è costume della grandissima maggioranza dei
giudici, che durante la carriera attiva non avessero alcuna tessera di
movimento politico. Se decidono di entrare nell’agone politico, candidandosi a
qualsiasi carica rappresentativa dello stato, devono mettersi in aspettativa.
Si vorrebbe che la norma fosse ancora più stringente, al punto che un
magistrato se intraprendesse una qualche carriera politica dovesse dare le
dimissioni dall’ordine della magistratura. Pare questa prospettiva troppo
draconiana. Un pubblico ufficiale può scegliere di servire lo stato entrando in
parlamento per un determinato lasso di tempo della propria vita, questa scelta
non può voler dire rinunciare definitivamente alla propria carriera
professionale. Al momento la legge impone solo che il magistrato entrato in
politica si metta in aspettativa. Esempio è il Presidente della Regione Puglia
Michele Emiliano, la figura istituzionale è un magistrato in aspettativa, non
ci sono stati dubbi sulla legittimità della sua carica alla massima poltrona della
regione, dubbi sono stati avanzati legittimità del suo agire politico quale
esponente di un partito, il Partito Democratico. Quando Emiliano si è candidato
alla segreteria del movimento politico, sono stati avanzati debbi sulla
compatibilità della carica politica e sul suo impiego di magistrato. La Corte
Costituzionale si è pronunciata dando la possibilità a un magistrato di
assumere una carica politica solo nel caso in cui sia in aspettativa, al
momento di riassumere le funzioni di giudice deve scegliere se dare le
dimissioni da ogni carica partitica oppure rinunciare alla toga. Lo stesso vale
per i poliziotti e i militari, non possono fare politica attiva ed esercitare
le pubbliche funzioni che la divisa che indossano gli impone. Devono mettersi
in aspettativa se vogliono fare attività politica. Questi principi sono
basilari per garantire che coloro che rivestono gli abiti di ufficiali pubblici
siano corretti, imparziali e non utilizzino i propri ruoli per finalità di
parte. È d’obbligo ricordare che un magistrato che si candida in parlamento lo
può fare mettendosi in aspettativa, ma non può e non deve presentarsi all’elettorato
nel distretto giudiziario in cui veste la toga. Questo è per garantire che in
alcun modo gli elettori siano influenzati dal ruolo dell’alto magistrato e di
conseguenza siano spinti a votarlo inquinando la scelta politica. È un atto di
grande trasparenza che vale anche per i militari di alto grado. La preclusione
ad entrare in parlamento vale anche per tutti i rappresentanti diplomatici e
consolari. Questo divieto si fonda su motivazioni diverse rispetto a quello dei
magistrati e poliziotti. Per questi è il bisogno di tutelare la loro figura di
imparziali dirigenti dello stato, per i diplomatici è per mettere in evidenza
che la gestione degli affari con gli stati esteri è prerogativa unicamente del
governo, il parlamento ha il ruolo fondamentale di determinarla questa politica
attraverso il suo voto, ma non deve ingerire su nomine e direzione di
ambasciate e consolati. Vi deve essere una rigida divisione dei poteri. Chi fa
parte dell’organo legislativo non deve operare in ambito diplomatico,
prerogativa del governo e degli organi della pubblica amministrazione che fanno
parte integrante del ministero degli esteri. Insomma chiunque abbia intrapreso
una carriera diplomatica deve sospendere tale attività se vuole far parte del
parlamento. Chiariamo, oltre alle questioni di moralità, di legalità e di
compatibilità fra le due cariche, vi sono anche questioni pratiche. Appare
difficile che un senatore o un deputato possa continuare a svolgere in maniera
efficace ed efficiente il suo ruolo di pubblico funzionario, anche per questo è
bene che chiunque venga eletto negli scranni parlamentari si metta/ venga messo
in aspettativa. L’attività del parlamentare è fondamentale per il bene della
nazione. È giusto che chiunque svolga questo alto compito sospenda le sue precedenti
attività. Questo vale anche se il politico è attivo nel settore privato. È bene
che il pubblico professionista sospenda le proprie attività lavorative e l’impiegato
nel settore privato si metta anch’esso in aspettativa, nessuno può perdere il
proprio posto di lavoro perché chiamato a servire il paese come rappresentante
del popolo.
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