martedì 24 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 109



ARTICOLO 109

“L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 109 della Costituzione è laconico. Esprime una disposizione apparentemente tecnica e di natura amministrativa. Dice che la magistratura ha a disposizione una parte delle forze dell’ordine  per svolgere con maggiore accuratezza le indagini riguardanti una causa o una circostanza fattuale in cui potrebbero configurarsi reati di natura penale. È subito da dire che la polizia giudiziaria non è composta solo da membri della Polizia di Stato, ne fanno parte componenti di tutte le forze dell’ordine: carabinieri, Guardie di finanza, corpi forestali etc. Ogni arma è chiamata ha dare il suo contributo, secondo le proprie competenze, al lavoro dei magistrati. Il ruolo di supporto della polizia giudiziari alla magistratura è normato dall’articolo 55 e seguenti del Codice di Procedura Penale. L’articolo 55 del C.P.P. dice che la polizia giudiziaria deve prendere notizia di reati,anche di propria iniziativa. Cioè deve svolgere indagini per conto dei giudici ma può anche prendere contezza di affari illeciti senza essere sollecitata da un giudice, notificandoli al pubblico ministero competente a svolgere l’inchiesta. L’articolo 57 del C.P.P. stabilisce che sono chiamati al compito di polizia giudiziaria tutti gli ufficiali e i loro sottoposti delle tre principali forze di sicurezza pubblica. È d’obbligo sottolineare come le forze dell’ordine abbiano un duplice mandato di fedeltà, una verso il proprio ministero di competenza (ministero degli interni, ministero delle finanze o della difesa) l’una verso gli uffici della magistratura. Sono chiamati a compiere il loro mestiere sotto il controllo e la potestà di due poteri distinti dello stato: quello esecutivo, il governo, e quello della magistratura. Come conciliare questo duplice ruolo, questa duplice funzione? La risposta è nel valore unificante dello spirito democratico. Gli appartenenti alle strutture organizzative dello stato non servono un particolare ministro, una particolare figura istituzionale, sono al servizio della Repubblica e dei cittadini. La finalità dell’azione delle forze dell’ordine è quella di difendere l’ordinamento democratico. È essere al servizio delle leggi. Alla luce di questo principio l’articolo 59 del Codice di Procedura Penale dispone che  debbano essere istituite apposite sezioni di polizia giudiziaria. Queste debbono essere al servizio della magistratura. Tali forze dell’ordine dipendono strettamente dai magistrati. Tali esponenti delle forze dell’ordine servono la patria, servono gli interessi superiori della nazione che impongono che vi sia il rispetto assoluto delle leggi e la sottomissione di tutti ai principi di legalità. Insomma le forze dell’ordine che collaborano con i magistrati sono l’epifania dell’effettività del diritto. Se una legge non è rispettata, lo stato interviene, impone che l’ordine sia ripristinato e punisce che trasgredisce. Lo fa con l’opera della magistratura supportata dalle forze dell’ordine. Come si può ben vedere quindi l’articolo 109 della Costituzione Italiana non è soltanto un articolo dispositivo. Non è un mero distribuire competenze: la polizia giudiziaria deve svolgere le indagini. Le indagini giudiziarie, il lavoro indefesso delle forze dell’ordine, sono uno strumento preziosissimo per garantire l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, per stabilire che l’onestà è un valore civico da perseguire indefessamente. In questi anni questo è stato messo in discussione. Davanti alle inchieste giudiziarie che mettevano alla sbarra imprenditori e politici, la popolazione ha reagito votando Lega e Forza Italia che apertamente negano il diritto della legge di indagare i potenti. Ricordiamo l’indefessa lotta di Silvio Berlusconi contro chi lo indagava per i suoi fondi neri all’estero. Per la destra la legalità non è un valore. A dire il vero anche la sinistra, pensiamo al ministro dell’attuale governo Lotti che ha provato a condizionare le indagini delle forze dell’ordine, ha commesso azioni gravissime. Ha provato a manipolare indagini. Ma quello che preme sottolineare è che per la sinistra tali atti sono da tenere nascosti. Ogni scandalo giudiziario produce un calo di consensi. Mentre per la destra commettere reati, commettere illeciti, è un punto d’onore. Ogni volte che alcuni esponenti di Forza Italia o lega sono condannati per reati di qualche tipo, la reazione dell’elettorato è di solidarietà. La condanna per mafia di Cesare Previti, storico cofondatore di Forza Italia, ha portato la vittoria della destra in Molise, domenica scorsa, e probabilmente porterà al trionfo dei partiti di salvini e Berlusconi in Friuli Venezia Giulia. Un segnale chiaro di voto contro i principi di legalità e giustizia. Bisogna cambiare la Costituzione? Bisogna che lo “spirito del ‘94”, l’ideologia Forza Leghista che premia chi commette reati finanziari, prevalga? Forse la risposta è nella figura dell’attuale presidente del senato, l’onorevole Elisabetta Alberti Casellati, ha operato da sempre non per abrogare le leggi di natura penale, ma per fare in modo che dirigenti leghisti e forzisti non fossero condannati. Da sottosegretario alla giustizia durante i governi Berlusconi ha operato affinché vi fossero leggi che tutelassero gli esponenti di destra, norme ad pernsam come dicevano in gergo i giornalisti. Staremo a vedere se l’attuale legislatura andrà in questa direzione, come l’accordo fra Lega, Forza Italia e M5S che ha voluto la Casellati presidente del senato sembra promettere. Intanto la vittoria del candidato presidente della destra in Friuli sarebbe un modo per dare conforto a Cesare Previti, da poco condannato.

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