domenica 29 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 113


ARTICOLO 113

“Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa.

Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione per determinate categorie di atti.

La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge.”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 113 della Costituzione è l’ultimo del Titolo IV che si occupa della Magistratura e di come essa rende effettivo il nostro ordinamento giuridico applicando le leggi. Una legge esiste non solo perché scritta, non solo perché approvata dal Parlamento, ma soprattutto perché viene utilizzata ogni giorno dai cittadini per regolamentare la propria vita sociale. Se non vengono applicate le leggi, se qualcuno le trasgredisce, è compito del giudice punire il trasgressore e ripristinare l’equilibrio sociale venutosi a rompere dall’atto trasgressivo rispetto alle regole della comunità statale. L’articolo 113 afferma che questa regola vale anche per la Pubblica Amministrazione. Quando un atto dello Stato è contrario ai principi normativi è sempre ammessa la tutela giurisdizionale. Chiunque subisca nocumento può rivolgersi a un giudice per ripristinare il diritto soggettivo leso, oppure per rivendicare un interesse legittimo che l’ordinamento dello stato intende preservare, ma che l’azione concreta di funzionari pubblici ha scalfito. Ricordiamo la differenza fra  diritto soggettivo e interesse legittimo. L’uno è una situazione giuridica attiva del soggetto che può imporre a chiunque e in qualsiasi momento che sia rispettata. Pensiamo al diritto di proprietà. Il legittimo proprietario di un oggetto può reclamare verso chiunque il suo legittimo diritto a possedere la cosa di sua proprietà. Insomma il diritto soggettivo è il potere di esercitare immediatamente una potestà, un pieno potere di agire o resistere contro chi mette in discussione il diritto stesso. L’interesse legittimo è invece il potere di chiedere alla Pubblica Amministrazione di agire secondo correttezza e applicando le leggi. Se ciò non avviene e un cittadino o un gruppo di cittadini ne vengono danneggiati, questi hanno l’interesse legittimo a chiedere che si ripristini la legalità e venga annullato un atto contra legem. Tale gesto non produrrà un immediato giovamento per il richiedente, ma ripristinerà l’ordine  amministrativi scalfito dal comportamento maldestro. Un esempio: un concorso pubblico viziato dal fatto che non si siano seguite le procedure stabilite dalle leggi e dai regolamenti. Il concorrete che non ha vinto il concorso può ricorrere, ma se prevarrà la sua tesi non potrà chiedere di essere proclamato vincitore, ma in nome di un interesse generale produrrà l’annullamento del concorso e la ripetizione dello stato. A prevalere non è il suo interesse a vincere il concorso, ma quello sello Stato ad avere procedure concorsuali trasparenti e in grado di avere vincitori delle prove competenti e migliori rispetto a tutti gli altri. La costituzione afferma nel primo comma dell’articolo 113 che ogni cittadino può e deve ricorrere alla giustizia se la Pubblica Amministrazione compie atti contrari alle leggi. Può esporre denuncia al tribunale anche se riscontra ben più gravi reati penali da parte della Pubblica Amministrazione. Può anche rilevare trasgressioni da parte dello stato alle regole del diritto civile. Lo stato, gli enti locali e nazionali pubblici, possono agire anche nell’ambito del diritto civile. Possono effettuare negozi giuridici di natura privatistica, in questi casi sono soggetti alle regole del diritto privato, esattamente come tutti gli uomini e le donne che vivono in Italia. Gli enti pubblici in questi casi rispondono delle proprie azioni davanti a un giudice ordinario. Allora ricordiamo brevemente: gli atti amministrativi, gli atti che sono il frutto della potestà statuale che hanno le singole amministrazioni, sono giudicabili ed annullabili dal Tribunale Amministrativo, mentre sono disapplicate dal giudice ordinario. Il giudice ordinario dichiara semplicemente che un cittadino non è tenuto a sottostare alle imposizioni scaturite dall’atto della Pubblica Amministrazione. Il T.A.R: (Tribunale Amministrativo Regionale) annulla l’atto quale non ci fosse mai stato. In caso invece la Pubblica Amministrazione compia negozi giuridici semplicemente in forza del diritto privato, quale soggetto giuridico comune è sottoposta al giudice ordinario. L’articolo 113 secondo comma impone che lo stato non possa mai impedire che un cittadino agisca a tutela dei suoi diritti soggettivi e interessi legittimi. La legalità è un principio basilare di democrazia. Tale  principio impone che chiunque è sottomesso alle leggi. Chiunque deve essere chiamato in giudizio se le trasgredisce, anche se è un istituzione pubblica. Questo è un modo per garantire che l’autorità statuale non utilizzi il proprio potere per fini coercitivi nei confronti del cittadino. La sottomissione alle leggi e soprattutto alla Costituzione è obbligatoria per lo Stato. È garanzia per il cittadino che potrà rivendicare i propri diritti anche se questi vengono oltraggiati e negati da un potere pubblico. Chiunque, anche pubblico funzionario, è sottomesso alla legge e deve pagare se trasgredisce. Questo principio, bisogna dirlo, è fortemente contestato da chi vota Lega e Forza Italia. I due partiti da sempre, fin dal 1994, hanno collaborato al fine di tutelare coloro che trasgrediscono le leggi penali. È esemplare la legge chiamata “tutela delle massime cariche dello stato”, una legge voluta nei primi anni del XXI secolo per impedire che il Presidente del Consiglio, allora Silvio Berlusconi, rispondesse dei suoi reati di natura fiscale. Chi ha potere, è la tesi di Salvini e Berlusconi, non deve rispondere dei propri atti giuridici. Ora la coalizione Forza Italia / lega è nuovamente la maggiore forza politica del paese. Ha portato alla seconda carica del Senato un avvocato che per tutta la vita ha lottato a favore di coloro che compivano atti che il nostro ordinamento definisce “reati finanziari”, un impegno sia nel foro, come avvocato penalista, sia come legislatore, nel suo tentativo di ammorbidire le pene fiscali. Ora spetta a Salvini e a Berlusconi continuare la sua opera, spetta a loro depenalizzare e abolire i reati di peculato. Lo faranno? Dovrebbero abolire l’articolo 112 e 113 della Costituzione. Chi vi scrive è franco, non ha mai votato per la destra, ha sempre creduto nella legalità. Ma sarebbe ora che gli elettori di destra vengano ascoltati che si crei uno scudo per gli evasori fiscali. Spetta a chi non è di destra convincere gli elettori del beneficio che produce l’onestà. Finché prevarrà Lega e Forza Italia è inevitabile che l’azione politica sia finalizzata a difendere i furbetti della finanza.

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