venerdì 6 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 91



ARTICOLO 91

“Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Il Presidente della Repubblica appena eletto dal Parlamento in seduta comune deve prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione. Questo gesto è da compiere davanti allo stesso organo che lo ha votato, che lo ha voluto come primo cittadino del paese. È un atto di rispetto verso l’assemblea che rappresenta l’intero popolo italiano e che ha l’onere, fra gli altri, di eleggerlo alla somma carica del paese. Il messaggio alle camere è uno dei pochi strumenti di esternazione del pensiero dell’inquilino del colle. È uno dei pochi atti che non deve essere controfirmato dal ministro proponente. La sua forma orale lo priva di ogni strumento di controllo la parte dell’esecutivo, al pari del tradizionale messaggio alla nazione che il presidente della repubblica fa il 31 dicembre di ogni anno. Il presidente approfitta della sua presenza in Parlamento per esprime il suo pensiero sulla situazione del paese e sulle linee guida che caratterizzeranno il suo futuro mandato nei prossimi sette anni, la durata del suo mandato. È d’obbligo precisare che il discorso d’insediamento del Presidente della Repubblica è stato introdotto dalla prassi istituzionale. Da sempre, ogni Presidente neoeletto dice cosa pensa davanti al Parlamento. La Costituzione impone solo che questi presti giuramento, ma il bisogno di segnare le linee future dell’assetto costituzionale ha spinto i presidenti ad esprime il proprio pensiero in concomitanza dell’atto di fedeltà alla patria. È d’obbligo ricordare che il giuramento non è un atto meramente formale. Dopo tale gesto il presidente assume pienamente le sue funzioni. Se viene meno a tale promessa, può e deve essere incriminato per alto tradimento della patria dallo stesso parlamento in seduta comune che lo ha eletto e poi giudicato dalla Corte Costituzionale. Il presidente si assume una responsabilità grandissima. Si obbliga a servire la repubblica con spirito di servizio e di abnegazione. A questo punto occorre chiarire che il messaggio alle camere può essere utilizzato per delineare la situazione del Paese. Spesse volte il Presidente della Repubblica approfitta della circostanza per delineare quali siano le sfide che l’intera nazione deve affrontare. Il discorso non è di parte, non è meramente politico, contempla temi di alta politica costituzionale. Intendo con tale definizione una dissertazione sulle grandi questioni del paese, sulle tematiche che stanno a cuore all’intera cittadinanza, a senza entrare nel dettaglio sulle puntuali azioni operative, compito che spetta alle forze politiche che governano. Il Presidente della Repubblica deve riuscire a farsi interprete del grande disegno costituzionale voluto dai nostri padri della patria. Deve far comprendere quali sono le linee guida e i valori fondanti che devono essere il perno del paese. Deve mettere in disparte la sua persona e il suo pensiero per farsi interprete dell’anima della Repubblica, quello spirito pubblico e di servizio che deve animare tutta la nazione. È chiaro che questo compito di esternazione dello spirito nazionale è estremamente delicato. Riuscire a compiere il proprio atto di servizio alla Repubblica, senza diventare partigiano senza entrare nell’agone politico è uno dei delicati compiti del Presidente della Repubblica. Ricordiamo le polemiche e gli insulti di Lega e Forza Italia verso il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che durante la sua presidenza non avrebbe ascoltato la volontà popolare che chiedeva a gran voce che fosse Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Siamo negli anni ’90 del secolo scorso. Il governo Berlusconi è appena caduto. Oscar Luigi Scalfaro prova a sondare il parlamento per appurare se vi è la possibilità di formare un nuovo governo, ci riesce. A destra partono gli insulti egli improperi. Non essere andati alle elezioni per ridare la maggioranza al partito di Silvio Berlusconi è considerato un colpo di stato. La Costituzione, invece, impone al Presidente della Repubblica di usare il potere delle camere con enorme discrezione, solo nel caso di impossibilità assoluta di formare un nuovo governo. Il presidente della Repubblica Scalfaro in quel caso a mantenuto fede al giuramento prestato alla Repubblica, anche se è stato oggetto di insulti. Quando morì la tifoseria calcistica di Verona fece cori di insulti verso di lui. Ricordiamo che da sempre vicina alla Lega e a Forza Italia, tanto che oggi il capo ultras veronese è braccio destro del segretario leghista Matteo Salvini.  Un segno di disprezzo per un servitore dello stato.

Una postilla. Abbiamo parlato del potere di esternazione del Presidente della Repubblica. Tale potere consiste nel tenere discorsi alla nazione. Non è un potere illimitato. Il presidente, in quanto rappresentante dell’intera comunità nazionale, deve esprimersi con estrema parsimonia e curando di non mostrarsi partigiano. I suoi discorsi devono essere volti ad esaltare i valori di solidarietà e comunanza che albergano nella Costituzione e dovrebbero essere i moti d’animo che spingono le azioni di tutti i cittadini italiani. Il potere di esternazione è quindi estremamente delicato. Il presidente deve stimolare e anche bacchettare, se è necessario, il popolo e la classe politica. Non deve mai superare i limiti istituzionali imposti dal decoro e dal rispetto delle leggi e delle consuetudini. Il Presidente della Repubblica, come abbiamo visto, parla al parlamento in seduta comune e alla nazione quando presta giuramento. Il presidente parla quando deve presenziare manifestazioni ufficiali. Esprime le proprie idee davanti ai capi di stato e alle delegazioni straniere, quando le deve ricevere o deve spostarsi in altri stati per viaggi ufficiali. È chiaro che tutte le forze politiche e tutti noi cittadini abbiamo il diritto di criticare e di censurare ciò che dice e scrive. È un principio sacrosanto. Anche il primo cittadino della nazione deve essere sottoposto al giudizio critico di tutti. Quello che lascia perplessi  è la scelta un po’ irritante di alcune formazioni politiche e dei loro elettori di boicottare sistematicamente il discorso del presidente di fine anno. Addirittura Beppe Grillo, fondatore del Movimento Cinque Stelle, primo partito del paese, fa un contro discorso in concomitanza con quello del Quirinale. Questi atti li riteniamo censurabili, non certo per la legittima critica alla persona del presidente, legittima. Ma per la neanche tanto velata offesa alla carica della Presidenza della Repubblica che sottende. Il Presidente della Repubblica, chiunque sia a ricoprire il ruolo in un determinato frangente storico, deve essere ascoltato e ovviamente criticato, ma non si può arrogarsi il diritto di sostituirsi a lui, come fa Beppe Grillo. Se Grillo sarà presidente della repubblica terrà il discorso alla nazione il 31 dicembre. Ma quello che compie in questi anni sul sito web in concomitanza con quello del Quirinale ci sembra uno sgarro non a Sergio Mattarella o a Giorgio Napolitano, ma una mancanza di rispetto verso un rito repubblicano che ha decenni di tradizione. Detto questo non vogliamo in alcun modo svilire il ruolo politico importantissimo del m5s, non potremmo neanche farlo, visto il successo elettorale. Vorremmo solo che ci fosse un rispetto verso non solo le persone ma anche le istituzioni.

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