ARTICOLO 115
(abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n.3)
“Le regioni sono
costituite in enti autonomi con poteri proprie funzioni secondo i principi
fissati dalla Costituzione”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Questo è l’articolo che non c’è. È stato abrogato con legge costituzionale
il 18 ottobre 2001. Tale atto di cancellazione non ha mutato l’ordine dei
successivi articoli che hanno mantenuto l’antica denominazione numerica. Per
intenderci l’articolo 116 non è diventato 115 e così via.
Ma cosa volevano dire i costituenti del 1947 definendo le
regioni “enti autonomi” e perché i novellatori del secondo anni del XXI secolo
hanno abrogato questo concetto costituzionale? Proviamo a dare una risposta.. Il
concetto di “autonomia regionale” era stato inserito nella Costituzione per
indicare la specialità di tale potere rispetto all’autonomia propria dei comuni
e delle province. L’autonomia regionale era più ampia e di grado superiore
rispetto a quella degli altri enti locali, ma non di diversa natura. La Regione
aveva perfino il potere di emanare leggi nelle materie di sua competenza. La
regione aveva autonomia finanziarie oltre che di bilancio. Ma questo surplus di
attribuzioni non la esimeva da essere un ente locale subordinato al potere
statuale, al potere che, con parola gergale, si dice che sta a Roma.
Ricordiamoci che la dottrina definisce “ente autonomo” un ente pubblico che
cura gli interessi di una determinata collettività, esercitando una più o meno
ampia autonomia rispetto allo Stato e agli altri enti pubblici. Ma l’articolo
114 novellato mette le regioni sullo stesso piano dello Stato, ambedue sono
elementi fondanti della Repubblica, elementi essenziali. Questo concetto era
inconciliabile con quello di “regione quale ente autonomo”. L’ente pubblico è
sempre subordinato al potere statuale, mentre la regione ha lo stesso ordine di
grado delle istituzioni nazionali. Ecco il motivo per cui l’articolo 115 è
stato abrogato. Ora bisogna chiederci: tale scelta è stata un beneficio o un
danno. Questa autonomia, che ha implicato maggiore potestà finanziaria degli
enti locali, ha prodotto maggiore spesa. Da un punto di vista politico ha
portato benefici. L’autonomia finanziaria delle Regioni ha contribuito a
finanziare i progetti politici di alcuni partiti. Ricordiamo che la Lega ha
usufruito dei finanziamenti regionali per portare avanti il progetto di “Padania
Libera”. Ovviamente si parla della Lega, perché utilizza i fondi pubblici per
fini alti, per costruire un progetto politico. Ma sono tanti i partiti che
fanno la stessa cosa per fini personali. L’esempio è la regione Lazio,
presieduta dalla Polveri , è vero gli episodi di corruzione più grave venivano
dalla destra, sempre giustificata dai suoi alti obbietti, ma hanno preso soldi
anche uomini di sinistra, che non l’avevano detto agli elettori, come fanno i
candidati di Lega e Forza Italia. Allora è il momento di chiarirsi. Il rendere
la Regione non un ente autonomo sottoposto a quello statale, ma un ente pari
ordinato, è meglio o peggio. L’autonomia regionale, maggiorata dalla riforma,
ha prodotto benefici alla popolazione. Alcune regioni già efficienti hanno
oggettivamente migliorato con l’autonomia. Le regioni del Nord, Piemonte, Emilia
Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto, pur funestate da scandali legati a
tangenti e superstipendi alla politica, in realtà hanno migliorato i loro
standard nell’ambito dei servizi al cittadino, già molto alti in precedenza. La
riforma ha prodotto effetti contraddittori. Da un lato ha elevato gli standard
qualitativi in alcuni settori e in altri li ha abbassati. Non ha prodotto quel
senso di rigore della spesa, che l’autonomia finanziaria doveva indurre. Non ha
prodotto l’aumento degli standard qualitativi di alcune regioni del sud Italia,
funestati ancora oggi da spese pazze, la caratteristica comune a tutte le
regioni italiane, e inefficienza diffusa soprattutto nella sanità, materia di
competenza della Regione e ovviamente di massima importanza per il cittadino.
Le Regioni sono nate con i decreti delegati degli anni ’70. L’ordinamento
regionale esiste da quando lo stato ha dato attuazione al titolo V scrivendo
leggi che istituissero l’ordinamento regionale. Da allora, sono passati quasi
cinquanta anni, le regioni hanno avuto un compito fondamentale nella storia
italiana. Hanno formato una classe politica locale che poi sarebbe stata
protagonista della vita istituzionale dell’intera nazione. Ha prodotto la
nascita di enti locali innovativi, come le Unità Sanitarie Locali, che hanno
portato un cambiamento sostanziale del rapporto fra istituzioni e cittadino. Le
Regioni si sono evolute. Hanno saputo cambiare a seconda delle situazioni storiche
e istituzionali del paese. Ad esempio il ruolo del Presidente della Regione è
mutato nel tempo, nei primi anni ’80, quando l’ente regionale era ai primi
vagiti, aveva un compito di raccordo fra le varie anime della politica locale,
era una sorta di moderatore, oggi invece, anche per la riforma del titolo V della
nostra legge fondamentale avvenuta nel 2001, è un protagonista assoluto della
vita politica regionale e si relaziona direttamente con i cittadini. Il
presidente della regione è eletto direttamente dalle popolazioni regionali. È spesso
un volto rassicurante, ha un ruolo di mediazione, pensiamo a Zaia nel Veneto,
capace di gestire egregiamente le varie anime della sua Regione. Insomma la
Regione in anni di evoluzione storica è trasformata. Da essere un modello di
ente decentrato, subordinato alle istituzioni nazionali, è diventato protagonista
della vita del paese. La regione porta avanti i suoi bisogni facendosi sentire
anche a livello nazionale. Il confronto stato – regioni è sempre più importante
nel dirimere le controversie che riguardano tutta la Repubblica. Nel rapporto
Governo nazionale – Governo regionale si snodano e si chiariscono molte delle
questioni più scottanti. L’ente regionale non è solo luogo di corruzione, è l’istituzione
che si adopera per stare vicino al volontariato, alle imprese. La Regione ha un
ruolo importantissimo nella formazione professionale. Allora sarebbe bene
accettare la sfida. Provare a potenziare ulteriormente le regioni, la classe
politica locale dovrebbe provare realmente a migliorare la vita dei propri
corregionali, sfruttando i poteri ulteriori ottenuti dalla riforma del 2001. L’articolo
115 è stato abrogato, perché i cittadini di ogni regione avessero migliori
servizi, fossero meglio tutelati, dall’ente prossimo, più vicino a loro e alle
loro esigenze: la regione. Allora politici un po’ di coraggio, utilizziamo i
poteri ottenuti per costruire un progetto di stato migliore, partendo proprio
dall’ente regione, che non è più ente ma è parte costitutiva della Repubblica.
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