martedì 10 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 97



ARTICOLO 97

“I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La seconda sezione del titolo terzo della seconda parte della Costituzione è composta da soli due articoli. Sono l’articolo novantasette e l’articolo novantotto. Ambedue regolano e disciplinano il funzionamento della pubblica amministrazione. Dettano le regole generali di buona e corretta conduzione della cosa pubblica. Ricordiamo che già l’articolo 57 secondo comma della Costituzione afferma solennemente che è compito inderogabile di coloro che hanno funzioni pubbliche adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. Ricordiamo che i ministri del governo sono chiamati a giurare nelle mani del Presidente della Repubblica al momento di entrare nell’esercizio delle loro funzioni. Insomma i pubblici funzionari, impiegati della pubblica amministrazione o esponenti della politica, sono chiamati a compiere le loro mansioni pubbliche non solo rispettando le leggi e dimostrandosi buoni e onesti cittadini, compito che spetta a tutti noi, ma anche di avere quel senso alto dello stato, quella coscienza del proprio ruolo, che li porta ad essere integerrimi, trasparenti nel loro agire e con un assoluto senso di servizio nei confronti della nazione e degli italiani. L’articolo 97 impone che gli uffici pubblici siano organizzati per legge. La norma deve essere colei che detta il funzionamento della pubblica amministrazione. Non deve essere il capriccio del funzionario, l’ordine del politico amministratore o del dirigente a dettare il funzionamento della cosa pubblica. Lo stato deve far funzionare il suo apparato in base a criteri normativi che hanno forza di legge e valgono per tutti e in ogni tempo. L’obbiettivo è garantire l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. L’utente deve essere garantito. Chiunque abbia bisogno dei servizi della Pubblica Amministrazione, tutti noi, deve essere trattato con la stessa attenzione e professionalità, a prescindere se sia miliardario o nullatenente. I pubblici uffici devono funzionare. Bisogna che sia garantito il buon andamento dell’amministrazione. Questi principi di efficienza e di imparzialità sembrano lontani dalla realtà italiana, fatta di scandali e privilegi. Le inchieste giudiziarie hanno fatto luce su una serie di malvessazioni che hanno visto protagonista proprio la Pubblica Amministrazione. Bisogna cambiare. Bisogna riscoprire il senso della legalità. Bisogna che i pubblici amministratori siano animati da senso d’onestà. La legge, il senso dello stato, deve essere la guida il faro che determina l’azione di ogni funzionario pubblico. Bisogna che siano fugati i dubbi sul comportamento dei ministri. Le ombre su Maria Elena Boschi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, legate alla vicenda del crac della banca Etruria ci devono far pensare. È necessario che la politica faccia chiarezza. È necessario, ad esempio, che la Lega spieghi il perché di alcune operazioni finanziarie che hanno fatto “sparire” un’ingente quantità di denaro pubblico. Il Partito Democratico deve spiegare il proprio comportamento e quello dei propri dirigenti agli elettori, che l’hanno abbandonato a seguito degli scandali. La Lega e Forza Italia non hanno questo problema. Malgrado le inchieste a loro carico sono comunque la prima  coalizione del paese. Berlusconi e Salvini sono amati, nonostante le inchieste. Ma rimane il fatto che il comportamento dei loro partiti e dei politici che ne fanno parte è contrario ai principi costituzionali di legalità, bisogna fare i conti con questo dato di fatto. L’elezione alla presidenza del senato dell’avvocato Maria Elisabetta Casellati. Esimio avvocato e sottosegretario alla giustizia nei governi Berlusconi ne  è la manifestazione delle ambiguità che da sempre caratterizzano la destra berlusconiana. È stata  ispiratrice delle cosiddette leggi ad personam, le leggi che sono servite quale mezzo per risolvere i problemi giudiziari del cavaliere.

La soluzione a tutte le contraddizioni della nostra pubblica amministrazione è nel secondo comma dell’articolo 97. Le Pubbliche amministrazioni devono funzionare in modo che sia chiaro il ruolo e le funzioni dei singoli uffici. La razionalità del sistema burocratico è l’unica via d’uscita all’illegalità e al malfunzionamento. Ogni lavoratore della pubblica amministrazione deve avere un obbiettivo da compiere, non solo quello momentaneo di svolgere la mansione affidatagli al momento,ma quello da raggiungere nell’intero arco della sua vita lavorativa. Un Pubblico amministratore deve avere bene in mente il compito che lo stato gli ha dato fin dal momento della sua assunzione e compierlo con disciplina sapendo adattarsi alle inevitabili evoluzioni che il tempo e la storia procura. Le sfere di competenza devono essere chiare. Ogni ufficio pubblico deve occuparsi di un determinato ambito amministrativo. Il lavoro deve essere finalizzato a raggiungere l’obbiettivo che ci si era preposti istituendo questa branca della Pubblica Amministrazione. Importantissimo è che le responsabilità del singolo dipendente pubblico siano ben chiare. Gli obbiettivi da raggiungere e le modalità per farlo devono essere una strada certa e sicura. Se il dipendente o l’amministratore devia dal percorso deve essere redarguito e punito. Ma questo rispetto del percorso, come abbiamo detto stabilito per legge, non deve inibire la capacità innovativa e la creatività del singolo uomo o della singola donna. La risorsa umana, il pensiero e il lavoro del dipendente pubblico, devono essere un bene prezioso per la Repubblica, che deve saper far fruttare. Come? È la sfida della politica di oggi. Riformare la Pubblica Amministrazione vuol dire saperla liberare dagli orpelli burocratici che la fanno rigida e poco attenta ai bisogni della gente. Allo stesso tempo riuscire ad applicare con intransigenza i principi di eguaglianza e di non partigianeria che la rendano servitrice di tutti, ma allo stesso tempo impermeabile alla corruzione e alla volontà di favorire qualcuno. Chi sbaglia. Chi non serve lo stato con trasparenza e integrità morale deve pagare. I funzionari pubblici che commettono reati e si fanno corrompere devono essere puniti, devono essere espulsi dalle istituzioni, ovviamente rispettando il loro diritto alla difesa. Solo così l’Italia può superare la crisi. Espellendo dal suo seno i corrotti, sia che siano pubblici funzionari sia che siano rappresentanti infedeli dei cittadini, politici corrotti.

L’ultimo comma dell’articolo 97 spiega come si diventa pubblici impiegati. Si accede alla carica di pubblico amministratore per concorso. Questo è l’unico modo per garantire che tutti possano diventare impiegati pubblici, senza discriminazione di censo e status sociale. Senza che vi sia discriminazione di  genere. Donne e uomini devono liberamente aspirare a cariche pubbliche. Pensiamo che fino agli anni ’60 del secolo scorso, a una donna era preclusa la carriera di magistrato, per quasi vent’anni  si è senza vergogna violato l’articolo 3 della costituzione. L’unico discrimine deve essere la qualità personale, la competenza. Il concorso pubblico serve a garantire che sia funzionario dello stato colui che meglio di altri conosca la branca della pubblica amministrazione in cui sia impiegato. Deve sapere le norme in questione. Deve avere le conoscenze giuridiche, scientifiche e tecniche necessarie a svolgere la mansione. Pensiamo ai docenti universitari che devono essere altamente competenti e preparati nel loro settore. Ma anche agli impiegati dei ministeri economici o di quelli che sono rivolti alla salute sociale. È necessario che i loro dipendenti siano altamente preparati. La Costituzione prevede che la legge possa derogare al principio del concorso come strumento di selezione dei pubblici dipendenti. Questo deve essere un atto eccezionale. Dovuto a motivi ed esigenze specifiche. Ad esempio la statalizzazione, attraverso legge, di un ente privato può comportare l’ingresso nel rango della Pubblica Amministrazione dei dipendenti dello stesso. Oppure per garantire l’accesso nel mondo del lavoro a particolari categorie sociali svantaggiate. Anche se ad onor del vero si preferisce far accedere al lavoro disabili e categorie protette attraverso concorsi, garantendo loro un maggior punteggio in virtù del loro status, oppure lasciando per loro alcuni posti riservati comunque da conquistare attraverso prove d’ammissione. Insomma il principio di trasparenza e d’integrità morale deve essere la caratteristica dell’impiegato pubblico. Per diventare dipendente statale bisogna rispettare le leggi d’accesso e bisogna dimostrare di avere le capacità e le competenze adeguate al ruolo che bisogna svolgere. Anche coloro che per legge hanno una priorità nell’assunzione, si parla di orfani, di invalidi civili di membri dell’esercito in congedo devono dimostrare di essere all’altezza del compito da svolgere, pena la loro rinuncia al servizio. Insomma efficienza, trasparenza, rispetto delle leggi ed integrità morale dovrebbero essere i principi a base del funzionamento dell’intera organizzazione amministrativa dello stato. Su questo vigila il TAR, il tribunale amministrativo, che vigila sulla correttezza degli atti della pubblica amministrazione e sul buon funzionamento dei concorsi pubblici. Ogni atto amministrativo può essere sottoposto ai magistrati che devono garantirne la trasparenza e ove questa non c’è ove la legge non è stata rispettata l’atto della Pubblica Amministrazione deve essere annullato. Bisogna chela ricerca di legalità non rimanga solo un vago intento, ma si realizzi, per il bene di tutti e della nazione.

Scritto da Gianfranco Pellecchia 

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