venerdì 27 aprile 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 112



ARTICOLO 112

“Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 112 della Costituzione Italiana rende il Pubblico Ministero, il magistrato che ha il compito di indagare e di aprire le prime procedure processuali, titolare di una grandissima responsabilità. Ha l’obbligo, in nome della Repubblica, di appurare se in una data situazione un soggetto o dei soggetti hanno violato le norme che regolano il diritto penale. Questo accertamento è obbligatorio. La Magistratura, i magistrati competenti, non possono esimersi dal farlo. Ad una notizia di reato, il pubblico ministero deve esercitare l’azione penale. Questa consiste nel mettere in moto tutto quel meccanismo di indagini e, allo stesso tempo, di garanzie che caratterizzano la prima fase di un processo. Il Pubblico Ministero deve avvalersi di tutti gli strumenti che lo stato gli offre per cercare le prove necessarie per imbastire il procedimento penale. La Polizia giudiziaria, alcuni funzionari delle principali forze dell’ordine dello stato, lo affiancano in questo lavoro. Il giudice coordina questi poliziotti e gestisce le loro competenze finalizzandole al felice esito delle indagini. Questo in forza dell’articolo 109 della nostra legge fondamentale. Il  fine è di rendere possibile al Pubblico Ministero di formulare un’imputazione, dopo aver svolto le opportune indagini. Con tale principio si dà a un organo imparziale di svolgere l’esclusiva iniziativa di reprimere i reati. Un organo pubblico, un magistrato, ha il compito di accertare se vi siano stati contravvenzioni alle norme penali dello stato. È lo strumento per certificare che lo Stato non può ammettere atti e comportamenti illegali e si impegna a ripristinare lo stato di diritto e a punire chi l’ha violato in caso di atti illeciti. Il giudice, il Pubblico Ministero,  è chiamato a formulare le imputazioni od archiviare il caso dopo aver svolto le opportune indagini. Il P.M. può valutare se vi siano le ragioni per portare l’imputato davanti a un tribunale giudicante, che emetterà la sentenza di condanna o assoluzione, oppure se le accuse contro di lui sono così inconsistenti da rendere necessaria l’archiviazione dell’inchiesta senza dover presentarsi davanti a un tribunale. Il rinvio a giudizio, cioè il termine delle indagini condotte dal Pubblico Ministero con il trasferimento degli atti al tribunale giudicante, è la fase di chiusura delle indagini preliminari. Il Pubblico Ministero con questa procedura costata che a suo giudizio vi sono motivi per ritenere l’imputato responsabile di azioni illecite, invia gli atti alla magistratura giudicante e rimanda a un giudice terzo il compito di emanare sentenza di condanna o assoluzione. Questo gesto non implica alcuna condanna dell’imputato, che rimane innocente fino a sentenza definitiva. Il Giudice delle indagini Preliminari ha l’importantissimo compito di produrre le prove che saranno materia di dibattimento processuale, non certo di esprimere un giudizio penale sull’imputato.

L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale ha prodotto molte polemiche in questi anni. Forza Italia e Lega, i due partiti che per decenni e ancor oggi alleati sono la prima forza del paese, hanno sempre combattuto questo principio. I magistrati, secondo la tesi di questi partiti, devono chiudere un occhio davanti a certi reati, non indagare. È un problema annoso. Un braccio di ferro fra politica, che vorrebbe le mani libere, e diritto che vorrebbe che tutti i cittadini, anche i politici, rispettassero le leggi. Per decenni Lega e Forza Italia hanno provato ad attenuare il principio di obbligatorietà di azione penale, hanno pensato anche di modificare la costituzione in modo da affievolire il senso dell’articolo se non abrogarlo. In questi giorni Cesare Previti, notissimo esponente della destra, è stato condannato dal tribunale di Palermo. È una delle vittime dell’obbligatorietà dell’esercizio penale. Se non ci fosse stato questo principio le sue attività di collegamento fra Forza Italia, la destra e la mafia non sarebbero state condannate dai magistrati. All’indomani della sentenza di condanna gli elettori Molisani hanno reagito dando fiducia alla coalizione di Cesare Previti, eleggendo un suo rappresentante alla presidenza della regione, probabilmente domenica prossima faranno la stessa cosa gli elettori del Friuli Venezia Giulia. Insomma la destra, Forza Italia e Lega, si sono sempre battuti contro il principio di obbligatorietà dell’esercizio penale. Per loro chi commette reati di natura finanziaria, fiscale e di corruzione non deve essere perseguito, soprattutto se appartiene alla destra. Ricordiamo il caso del deputato Genovese, l’imprenditore siciliano era un deputato del Partito Democratico, è stato indagato per reati finanziari, “scaricato” dal suo partito, ha trovato un rifugio sicuro nella coalizione di Salvini e Berlusconi e ha presentato come candidati in Forza Italia Fratello e figlio. Si sa come andata. Il Partito Democratico è quasi inesistente in Sicilia, è ai minimi storici, invece lega e Forza Italia hanno ottenuto grande consenso. Ora alla luce di questi dati, costatando il successo elettorale della Lega e di Forza Italia, appare lampante che noi italiani chiediamo l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. È un bene che ciò avvenga? È un bene che chi commette rati la faccia franca? Io direi di no. Secondo me il problema del nostro paese non sono i magistrati che perseguono i reati, sono i troppi cittadini, anche appartenenti alla classe dirigente, che li commettono. Combattere la criminalità comune, combattere i cosiddetti reati dei colletti bianchi (cioè il riciclaggio di denaro) e tutte le altre fattispecie penali è un obbiettivo che lo stato deve perseguire per garantire a tutti i cittadini la pacifica e onesta convivenza. È tempo non di impedire le indagini, ma di agire secondo onestà e senso dello stato. La soluzione non è fermare i processi, come vorrebbero fare chi vota Forza Italia e Lega, ma fermare la corruzione. Il malcostume criminale è diffuso. Non è solo la destra a commettere reati, anche il Partito Democratico  ha persone impresentabili e anche il Movimento Cinque Stelle ha avuto indagati. Per risolvere questo problema morale non si deve reprimere l’azione della magistratura, ma si deve cercare di rendere la politica e la Pubblica Amministrazione trasparente, con regole certe nella gestione di appalti e di commesse pubbliche. Bisogna combattere l’evasione fiscale e il lavoro nero veri strumenti di creazione di denaro sporco. Bisogna combattere la criminalità mafiosa, con le sue attività illecite e latrici di morte e di dolore. È tempo di reagire. La legalità è un bene per la comunità, non deve essere vista come un ostacolo, come una nemica da combattere. Alla luce di questo bisogna voltare le spalle alle forze politiche che con la loro azione politica agevolano i corrotti, Forza Italia e Lega. Allo stesso tempo è necessaria un’azione di controllo sulle altre forze politiche affinché le loro parole a difesa della legalità si trasformino in atti concreti.

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