ARTICOLO 112
“Il Pubblico
ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 112 della Costituzione Italiana rende il Pubblico
Ministero, il magistrato che ha il compito di indagare e di aprire le prime
procedure processuali, titolare di una grandissima responsabilità. Ha l’obbligo,
in nome della Repubblica, di appurare se in una data situazione un soggetto o dei
soggetti hanno violato le norme che regolano il diritto penale. Questo
accertamento è obbligatorio. La Magistratura, i magistrati competenti, non possono
esimersi dal farlo. Ad una notizia di reato, il pubblico ministero deve
esercitare l’azione penale. Questa consiste nel mettere in moto tutto quel
meccanismo di indagini e, allo stesso tempo, di garanzie che caratterizzano la
prima fase di un processo. Il Pubblico Ministero deve avvalersi di tutti gli
strumenti che lo stato gli offre per cercare le prove necessarie per imbastire
il procedimento penale. La Polizia giudiziaria, alcuni funzionari delle
principali forze dell’ordine dello stato, lo affiancano in questo lavoro. Il
giudice coordina questi poliziotti e gestisce le loro competenze finalizzandole
al felice esito delle indagini. Questo in forza dell’articolo 109 della nostra
legge fondamentale. Il fine è di rendere
possibile al Pubblico Ministero di formulare un’imputazione, dopo aver svolto
le opportune indagini. Con tale principio si dà a un organo imparziale di
svolgere l’esclusiva iniziativa di reprimere i reati. Un organo pubblico, un
magistrato, ha il compito di accertare se vi siano stati contravvenzioni alle
norme penali dello stato. È lo strumento per certificare che lo Stato non può
ammettere atti e comportamenti illegali e si impegna a ripristinare lo stato di
diritto e a punire chi l’ha violato in caso di atti illeciti. Il giudice, il
Pubblico Ministero, è chiamato a
formulare le imputazioni od archiviare il caso dopo aver svolto le opportune
indagini. Il P.M. può valutare se vi siano le ragioni per portare l’imputato
davanti a un tribunale giudicante, che emetterà la sentenza di condanna o
assoluzione, oppure se le accuse contro di lui sono così inconsistenti da
rendere necessaria l’archiviazione dell’inchiesta senza dover presentarsi
davanti a un tribunale. Il rinvio a giudizio, cioè il termine delle indagini
condotte dal Pubblico Ministero con il trasferimento degli atti al tribunale
giudicante, è la fase di chiusura delle indagini preliminari. Il Pubblico
Ministero con questa procedura costata che a suo giudizio vi sono motivi per
ritenere l’imputato responsabile di azioni illecite, invia gli atti alla
magistratura giudicante e rimanda a un giudice terzo il compito di emanare
sentenza di condanna o assoluzione. Questo gesto non implica alcuna condanna
dell’imputato, che rimane innocente fino a sentenza definitiva. Il Giudice
delle indagini Preliminari ha l’importantissimo compito di produrre le prove
che saranno materia di dibattimento processuale, non certo di esprimere un
giudizio penale sull’imputato.
L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale ha
prodotto molte polemiche in questi anni. Forza Italia e Lega, i due partiti che
per decenni e ancor oggi alleati sono la prima forza del paese, hanno sempre
combattuto questo principio. I magistrati, secondo la tesi di questi partiti,
devono chiudere un occhio davanti a certi reati, non indagare. È un problema
annoso. Un braccio di ferro fra politica, che vorrebbe le mani libere, e diritto
che vorrebbe che tutti i cittadini, anche i politici, rispettassero le leggi.
Per decenni Lega e Forza Italia hanno provato ad attenuare il principio di
obbligatorietà di azione penale, hanno pensato anche di modificare la
costituzione in modo da affievolire il senso dell’articolo se non abrogarlo. In
questi giorni Cesare Previti, notissimo esponente della destra, è stato
condannato dal tribunale di Palermo. È una delle vittime dell’obbligatorietà
dell’esercizio penale. Se non ci fosse stato questo principio le sue attività
di collegamento fra Forza Italia, la destra e la mafia non sarebbero state
condannate dai magistrati. All’indomani della sentenza di condanna gli elettori
Molisani hanno reagito dando fiducia alla coalizione di Cesare Previti,
eleggendo un suo rappresentante alla presidenza della regione, probabilmente
domenica prossima faranno la stessa cosa gli elettori del Friuli Venezia
Giulia. Insomma la destra, Forza Italia e Lega, si sono sempre battuti contro
il principio di obbligatorietà dell’esercizio penale. Per loro chi commette
reati di natura finanziaria, fiscale e di corruzione non deve essere
perseguito, soprattutto se appartiene alla destra. Ricordiamo il caso del
deputato Genovese, l’imprenditore siciliano era un deputato del Partito
Democratico, è stato indagato per reati finanziari, “scaricato” dal suo
partito, ha trovato un rifugio sicuro nella coalizione di Salvini e Berlusconi e
ha presentato come candidati in Forza Italia Fratello e figlio. Si sa come
andata. Il Partito Democratico è quasi inesistente in Sicilia, è ai minimi
storici, invece lega e Forza Italia hanno ottenuto grande consenso. Ora alla
luce di questi dati, costatando il successo elettorale della Lega e di Forza
Italia, appare lampante che noi italiani chiediamo l’abolizione dell’obbligatorietà
dell’azione penale. È un bene che ciò avvenga? È un bene che chi commette rati
la faccia franca? Io direi di no. Secondo me il problema del nostro paese non
sono i magistrati che perseguono i reati, sono i troppi cittadini, anche
appartenenti alla classe dirigente, che li commettono. Combattere la
criminalità comune, combattere i cosiddetti reati dei colletti bianchi (cioè il
riciclaggio di denaro) e tutte le altre fattispecie penali è un obbiettivo che
lo stato deve perseguire per garantire a tutti i cittadini la pacifica e onesta
convivenza. È tempo non di impedire le indagini, ma di agire secondo onestà e
senso dello stato. La soluzione non è fermare i processi, come vorrebbero fare
chi vota Forza Italia e Lega, ma fermare la corruzione. Il malcostume criminale
è diffuso. Non è solo la destra a commettere reati, anche il Partito Democratico
ha persone impresentabili e anche il
Movimento Cinque Stelle ha avuto indagati. Per risolvere questo problema morale
non si deve reprimere l’azione della magistratura, ma si deve cercare di
rendere la politica e la Pubblica Amministrazione trasparente, con regole certe
nella gestione di appalti e di commesse pubbliche. Bisogna combattere l’evasione
fiscale e il lavoro nero veri strumenti di creazione di denaro sporco. Bisogna
combattere la criminalità mafiosa, con le sue attività illecite e latrici di
morte e di dolore. È tempo di reagire. La legalità è un bene per la comunità,
non deve essere vista come un ostacolo, come una nemica da combattere. Alla luce
di questo bisogna voltare le spalle alle forze politiche che con la loro azione
politica agevolano i corrotti, Forza Italia e Lega. Allo stesso tempo è
necessaria un’azione di controllo sulle altre forze politiche affinché le loro
parole a difesa della legalità si trasformino in atti concreti.
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