martedì 15 maggio 2018

ADONE E VENERE




SOPRA ADONE MORTO (TEOCRITO)
Citerea, veduto Adone
Giacer morto a sè davante,
Col crin sozzo ed il sembiante
Tutto asperso di pallor,
Agli Amori diè comando
Di portare a sè il cinghiale1,
E quegli, alti sopra l’ale,
Nella selva il rintracciâr.
Chi con fune lo traeva,
Chi co’ dardi lo feria
Dietro il tergo, e umil vènia
Lo sgomento prigionier.
E la Dea: ― pessimo mostro,
Questo fianco tu piagasti?
L’amor mio tu m’involasti? ―
Il cinghial parlò così: ―
Citerea per te, pe’ miei
Ceppi giuro e pel tuo amore
E per ogni cacciatore,
Io non volli Adon ferir,
Ma vedutol sì leggiadro
Ed ignudo il gentil fianco,
Non potei, no, far di manco
Di baciarlo, ebbro d’amor.
Fu il mio mal la mia mascella.
A punir le innamorate
Zanne, sian da te tagliate:
Perchè mai le porto io più?
E se poi ciò non ti basti,
Queste labbra strappa ancora,
Che baciare osâro. ― Allora
Sentì Venere pietà,
E agli Amori fe’ precetto
Che al cinghial fosse spezzato
Ogni laccio, e liberato
Quegli allora la seguì,
Ma non più nel bosco volle
Dirizzare il suo cammino,
Ad un fuoco andò vicino,
E le zanne si bruciò.

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