ARTICOLO 139
“La forma
repubblicana non può essere oggetto di revisione”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 139 conclude la Costituzione Italiana. È l’ultima
norma della legge fondamentale italiana. È dedicata alla Repubblica, quale
unica forma di stato compatibile con i propri dettami. La Costituzione è
Repubblicana. Finché rimarrà in vigore non ci potrà essere altro tipo di stato.
Bisogna subito notare che dal punto di vista lessicale e grammaticale questo
articolo appare una preposizione subordinata all’articolo precedente. Il 138
indica le modalità per modificare gli articoli e i dettami costituzionali, l’articolo
139 impone, di contro, che la forma repubblicana, a differenza di altri
principi, debba rimanere immodificabile. Il patto sottoscritto dagli italiani
il 2 giugno 1946, quando scelsero la Repubblica preferendola alla Monarchia,
non può essere sciolto. La forma repubblicana può cessare di essere solo
attraverso un atto rivoluzionario, un atto che sovverta l’intero assetto
costituzionale, e riscriva interamente un nuovo patto fra cittadini, che
secondo la dottrina filosofica di Rousseau è il fondamento di tutti gli
ordinamenti giuridici moderni. Ovviamente per atto rivoluzionario non si deve
intendere necessariamente un atto popolare violento. Le rivoluzioni che hanno
determinato il crollo di alcuni regimi comunisti nell’Est Europa hanno
dimostrato che una rivoluzione può avvenire pacificamente, senza spargere
sangue. Ma comunque ciò che caratterizza le rivoluzioni è il voler sovvertire
quello che i regimi preesistenti considerano insovvertibile. La rivoluzione è
far cadere, come un castello di sabbia, un progetto di stato, un concetto di
nazione, hobbesiano Leviatano, che appariva inamovibile. Ora speriamo che ciò
non accada mai alla nostra Repubblica. Speriamo che ci possano essere riforme
dello stato e della Costituzione, condivise dalla stragrande maggioranza di noi
cittadini, che ammodernino il nostro stato, ma non lo cancellino. È da decenni
che si auspica un tale esito del dibattito intorno alla Costituzione, ma
purtroppo bisogna costatare che l’esito di questo confronto non ha prodotto le
benefiche riforme da tutti auspicate. Siamo ben lontani da quello spirito
costituente che animò coloro che fecero parte dell’assemblea costituente,
organo eletto dall’intera cittadinanza italiana, per la prima volta chiamata ad
esprimersi con un voto a suffragio universale maschile e femminile, nel lontano
1946. La Costituzione non è nata per rimanere uguale a se stessa. Prevede fin
dall’inizio che si possa mutare nel succedersi degli eventi storici. È una Costituzione rigida, nel
senso che prevede un iter legislativo più lungo e complesso per le norme che la
innovano, rispetto alle altre. Ma è comunque aperta al futuro. Il cambiamento è
il motore della vita sociale del paese. Quello che appare indiscutibile è il
fulcro di valori e di principi che hanno reso possibile che l’Italia uscisse
dalla barbarie della guerra e della dittatura fascista. Sono i valori di
libertà, uguaglianza e di democrazia che devono essere considerati incontrovertibili.
Da questo punto di vista appare chiaro che si deve intendere “la forma
repubblicana non può essere oggetto di revisione”, come una frase volta a
garantire nella sua totalità tutti quei principi intoccabili propri del nostro
stato. Bisogna considerare immutabili i principi fondamentali espressi nei
primi 12 articoli della Costituzione. Dobbiamo considerare immutabili i diritti
e i doveri enunciati nella Prima parate della Costituzione. I diritti dei
cittadini possono ampliarsi, mai diminuire. La modernità ci pone davanti a
nuove sfide. La tecnologia insidia la nostra personalità, la privacy viene
continuamente insidiata da nuovi strumenti tecnologici. La tecnica tende a
negare il diritto al lavoro, riducendo e facendo perdere dignità al lavoro. La
globalizzazione mette in discussione lo stesso concetto di stato nazione e di
conseguenza mette in crisi quei diritti concepiti come propri del cittadino,
cioè legati all’essere nato in un determinato stato. Bisogna ricercare i
diritti universali, i diritti di tutti, per riscoprire il valore assoluto della
persona umana. Bisogna saper rivendicare i nostri diritti davanti all’insorgere
di nuove minacce. La Costituzione, con i suoi contenuti profetici, ci è d’aiuto.
Non dobbiamo abbassare la guardia. La solidarietà, la libertà la ricerca di
benessere sono il fondamento del nostro stato. Finché la Repubblica sarà, non
vi potrà essere legittimazione di alcun sopruso. Ecco perché dobbiamo essere
grati a coloro che scrissero l’articolo 139 della Costituzione. Ecco perché
bisogna saper assaporare il valore profetico della nostra Costituzione, che a
settanta anni dalla sua promulgazione è ancora viva, è ancora un prezioso punto
di riferimento per tutti noi.
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