venerdì 25 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 139



ARTICOLO 139

“La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 139 conclude la Costituzione Italiana. È l’ultima norma della legge fondamentale italiana. È dedicata alla Repubblica, quale unica forma di stato compatibile con i propri dettami. La Costituzione è Repubblicana. Finché rimarrà in vigore non ci potrà essere altro tipo di stato. Bisogna subito notare che dal punto di vista lessicale e grammaticale questo articolo appare una preposizione subordinata all’articolo precedente. Il 138 indica le modalità per modificare gli articoli e i dettami costituzionali, l’articolo 139 impone, di contro, che la forma repubblicana, a differenza di altri principi, debba rimanere immodificabile. Il patto sottoscritto dagli italiani il 2 giugno 1946, quando scelsero la Repubblica preferendola alla Monarchia, non può essere sciolto. La forma repubblicana può cessare di essere solo attraverso un atto rivoluzionario, un atto che sovverta l’intero assetto costituzionale, e riscriva interamente un nuovo patto fra cittadini, che secondo la dottrina filosofica di Rousseau è il fondamento di tutti gli ordinamenti giuridici moderni. Ovviamente per atto rivoluzionario non si deve intendere necessariamente un atto popolare violento. Le rivoluzioni che hanno determinato il crollo di alcuni regimi comunisti nell’Est Europa hanno dimostrato che una rivoluzione può avvenire pacificamente, senza spargere sangue. Ma comunque ciò che caratterizza le rivoluzioni è il voler sovvertire quello che i regimi preesistenti considerano insovvertibile. La rivoluzione è far cadere, come un castello di sabbia, un progetto di stato, un concetto di nazione, hobbesiano Leviatano, che appariva inamovibile. Ora speriamo che ciò non accada mai alla nostra Repubblica. Speriamo che ci possano essere riforme dello stato e della Costituzione, condivise dalla stragrande maggioranza di noi cittadini, che ammodernino il nostro stato, ma non lo cancellino. È da decenni che si auspica un tale esito del dibattito intorno alla Costituzione, ma purtroppo bisogna costatare che l’esito di questo confronto non ha prodotto le benefiche riforme da tutti auspicate. Siamo ben lontani da quello spirito costituente che animò coloro che fecero parte dell’assemblea costituente, organo eletto dall’intera cittadinanza italiana, per la prima volta chiamata ad esprimersi con un voto a suffragio universale maschile e femminile, nel lontano 1946. La Costituzione non è nata per rimanere uguale a se stessa. Prevede fin dall’inizio che si possa mutare nel succedersi degli  eventi storici. È una Costituzione rigida, nel senso che prevede un iter legislativo più lungo e complesso per le norme che la innovano, rispetto alle altre. Ma è comunque aperta al futuro. Il cambiamento è il motore della vita sociale del paese. Quello che appare indiscutibile è il fulcro di valori e di principi che hanno reso possibile che l’Italia uscisse dalla barbarie della guerra e della dittatura fascista. Sono i valori di libertà, uguaglianza e di democrazia che devono essere considerati incontrovertibili. Da questo punto di vista appare chiaro che si deve intendere “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione”, come una frase volta a garantire nella sua totalità tutti quei principi intoccabili propri del nostro stato. Bisogna considerare immutabili i principi fondamentali espressi nei primi 12 articoli della Costituzione. Dobbiamo considerare immutabili i diritti e i doveri enunciati nella Prima parate della Costituzione. I diritti dei cittadini possono ampliarsi, mai diminuire. La modernità ci pone davanti a nuove sfide. La tecnologia insidia la nostra personalità, la privacy viene continuamente insidiata da nuovi strumenti tecnologici. La tecnica tende a negare il diritto al lavoro, riducendo e facendo perdere dignità al lavoro. La globalizzazione mette in discussione lo stesso concetto di stato nazione e di conseguenza mette in crisi quei diritti concepiti come propri del cittadino, cioè legati all’essere nato in un determinato stato. Bisogna ricercare i diritti universali, i diritti di tutti, per riscoprire il valore assoluto della persona umana. Bisogna saper rivendicare i nostri diritti davanti all’insorgere di nuove minacce. La Costituzione, con i suoi contenuti profetici, ci è d’aiuto. Non dobbiamo abbassare la guardia. La solidarietà, la libertà la ricerca di benessere sono il fondamento del nostro stato. Finché la Repubblica sarà, non vi potrà essere legittimazione di alcun sopruso. Ecco perché dobbiamo essere grati a coloro che scrissero l’articolo 139 della Costituzione. Ecco perché bisogna saper assaporare il valore profetico della nostra Costituzione, che a settanta anni dalla sua promulgazione è ancora viva, è ancora un prezioso punto di riferimento per tutti noi.

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