CHI HA RAGIONE?
Come scrive Temistocle Martines nel suo manuale di Diritto costituzionale, la Costituzione è laconica nel descrivere le modalità di nomina del presidente del consiglio e dei ministri. L'articolo 92, secondo comma, si limita a dire: il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri. Allora proviamo a riassumere il pensiero di Martines. Primo appare chiaro che la nomina del presidente del consiglio è prerogativa del Presidente della Repubblica. Secondo, però, è lampante che la nomina dei ministri, pur essendo anch'essa attribuita al primo cittadino della Repubblica, deve avvenire su proposta del presidente del Consiglio. Il Martines arriva ad affermare che il presidente della Repubblica non ha alcun margine di discrezionalità nella scelta dei ministri. Secondo il giurista, quindi, la proposta del Presidente del Consiglio è vincolante, non ammette alcuna ingerenza da parte del Quirinale. Alla luce di tale elaborazione dottrinaria l'azione di Sergio Mattarella è, non solo arbitraria, ma anche incostituzionale. Livio Paladin, altro illustre costituzionalista, è anch'esso dell'idea che la lista dei ministri fornita al capo dello stato da parte del Presidente del Consiglio incaricato è vincolante. Il compito del Presidente della Repubblica è costatare che il governo abbia chance di avere la fiducia delle Camere. Se questa premessa c'è, è dovere del Quirinale farlo giurare e quindi renderlo nel pieno delle funzioni. Mattarella ha fatto l'esatto opposto. Ha costatato che il governo presieduto dal giurista Giuseppe Conte aveva la maggioranza sia alla Camera che al Senato, grazie alla alleanza fra Lega e Movimento Cinque Stelle, eppure si è rifiutato di nominare al ministero dell'economia Paolo Savona, noto economista antieuro. Cioè ha sindacato sulla nomina dei dicasteri. A tale presa di posizione il segretario della Lega, Matteo Salvini, è insorto. "O lui, o nessuno" ha detto. Se il governo Conte non avrà Savona come ministro, non nascerà. Così è successo! Mattarella ha dovuto registrare la rinuncia a formare il governo da parte di Giuseppe Conte, ed ha assegnato l'ingrato compito a Carlo Cottarelli. Ma per capire il perché di questa crisi istituzionale forse basta vedere quali siano le personalità di Savona e Cottarelli. L'uno sostenitore della spesa pubblica e l'altro dei tagli, agli sprechi dice. L'uno sostenitore della lotta alla Ue, l'altro sostenitore di una riforma della Pubblica Amministrazione che tagli i rami improduttivi. Insomma Savona persegue un'idea di economia politica volta ad aumentare la spesa pubblica, fumo negli occhi per l'Unione Europea che vorrebbe al contrario un taglio. Cottarelli vorrebbe diminuirla. Obbiettivo, bisogna dire, arduo. Mattarella è in mezzo. Legato dall'articolo 11 e dell'articolo 117 della Costituzione che impongono di rispettare i parametri finanziari della UE, perché frutto di trattati internazionali. Ma allo stesso tempo vincolato da una maggioranza parlamentare che vorrebbe rompere con quel che la stampa chiama "rigore" e che oggettivamente tanto dolore e impoverimento ha portato al paese in questi decenni. Fra il rispetto rigoroso dei trattati e la scelta di dare il via a un governo antieuropeo, Mattarella ha compiuto la prima scelta. Alcuni giuristi si sono strappati le vesti, forse a ragione, dichiarando che così si tradisce la sovranità popolare. Altri hanno applaudito Mattarella per la sua coerenza e il suo rigore. Bisogna osservare che l'atto di Mattarella è comunque senza precedenti. Per un nome, per una poltrona, si è fatto saltare un governo che aveva una maggioranza solida in Parlamento. Si è svolto un duello a fior di prassi e consuetudini costituzionali, che rischia di avere come vittima l'intero popolo italiano. Cottarelli sarà pur un economista degno di stima, ma non ha la maggioranza parlamentare per formare il governo. La responsabilità di questo caos è da attribuire a tutti i soggetti della vicenda che non hanno saputo trovare un compromesso che garantisse la formazione di un governo legittimato dalla maggioranza del parlamento e della cittadinanza e che allo stesso tempo garantisse gli accordi internazionali presi dall'Italia. Ancora una volta la politica italiana appare imbelle ed incapace. Peccato che questi appellativi, non certo edificanti, lambiscano anche le sale del Quirinale.

 
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