sabato 12 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 126



ARTICOLO 126

“Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica.

Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.

L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del consiglio”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 126 della Costituzione Italiana indica i casi in cui può essere messa a termine anticipatamente la legislatura regionale. Il primo comma prevede che in caso di atti gravissimi del governo regionale il presidente della Repubblica su proposta del governo può scioglierlo. Devono compiersi atti che violano la Costituzione o/e mettono in pericolo la sicurezza dell’intera nazione. Sono eventi eclatanti e di una gravità eccezionale. Gli organi regionali devono macchiarsi di atti contrari ai dettami costituzionali, per essere sciolti. Si profila un tradimento ai principi propri dell’ordinamento Repubblicano. Lo scioglimento può essere giustificato anche per ragioni di sicurezza nazionale. Questa locuzione fa intendere che il presidente della repubblica possa emanare l’atto di scioglimento anche nel caso in cui il governo regionale non sia stato autore di atti censurabili dal punto di vista dell’ordinamento repubblicano. Lo scioglimento può avvenire a causa di un sopraggiunto evento alieno alla volontà delle parti che necessiti lo scioglimento. Eventi che rendano impossibile l’esercizio delle funzioni dell’organo locale. Eventi che inibiscano la libera e autonoma azione politica dei membri della giunta e del consiglio. Le motivazioni dello scioglimento sono indefinite, non vi è un preciso elenco di cause che determinano il potere del governo di far cessare la legislatura regionale, attraverso il decreto regionale. Questa oggettiva discrezionalità, rende concreto il pericolo che l’esecutivo possa agire per eliminare politicamente un governo regionale a lui politicamente avverso. Un pericolo che deve essere scongiurato dall’obbligo di sentire un’apposita commissione interparlamentare, quella degli affari regionali (in cui vi è la presenza di tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione), prima di produrre l’atto di scioglimento. Il governo deve stilare il decreto di scioglimento, previo consiglio di tale organo parlamentare. In più tale atto deve essere controfirmato dal presidente della repubblica. Il coinvolgimento di questi due soggetti istituzionali deve essere la garanzia che il provvedimento avviene in piena correttezza. Il Governo deve operare secondo i superiori interessi della nazione. Deve votare in consiglio dei ministri il documento di scioglimento della giunta regionale e deve sottoporla al vagli del Presidente della repubblica, il quale sarà chiamato a controllare che tale atto non sia lesivo dei principi di autonomia e di libertà contenuti nella costituzione. Che tale scelta, insomma, sia motivata da reali ragioni di interesse nazionale e a tutela dei cittadini.

 Il Consiglio regionale può sfiduciare il Presidente della Giunta. Lo deve fare con una mozione motivata, deve indicare con un documento scritto le motivazioni della censura verso il governo regionale. A firmare questo documento, che sarà poi votato dall’intera assemblea, devono essere almeno un quinto dei membri del consiglio. Tale atto politico, la mozione di sfiducia, deve essere approvato dalla maggioranza assoluta del consiglio regionale e deve essere votata per appello nominale. Ogni consigliere deve assumesi la responsabilità del voto, deve rendere pubblica la sua scelta di sfiduciare o meno la giunta. La mozione non può essere discussa prima di tre giorni dalla sua presentazione. Il secondo comma dell’articolo 126 della nostra carta fondamentale indica le modalità di scioglimento del consiglio e della giunta regionale nel caso in cui questo evento sia dovuto a una rottura fra la giunta e la maggioranza consiliare che la sostiene. A differenza della fattispecie prevista nel primo comma essa non è giustificata da casi di eccezionale gravità che mettono in pericolo l’ordinamento dell’intero stato. Essa è frutto del normale fluire dialettico del rapporto fra organi costituzionali, che può prevedere anche una malaugurata rottura del rapporto fiduciario. Insomma può accadere che l’unità fra le forze politiche che hanno sostenuto il presidente della regione, venga a mancare. La novità fra l’attuale articolo 126 e quello preriforma è che non è prevista la continuazione della legislatura in caso di crisi. Il presidente della Regione, che è al contempo presidente della Giunta, è eletto direttamente dal popolo. Non può essere sostituito da un nuovo capo della regione da per scelta del Consiglio regionale. Il terzo comma dell’articolo 126 è chiarissimo. In caso di mozione di sfiducia c’è lo scioglimento del Consiglio da parte del presidente della Repubblica. Si indicono nuove elezioni per rinnovare completamente tutta la classe politica regionale. Non vi possono essere fraintendimenti. La riforma del governo regionale avvenuta a cavallo fra la fine del secolo XX e i primi vagiti del XXI ha trasformato l’istituto del Presidente della Regione da figura designata dal consiglio regionale a soggetto la cui legittimità politica e istituzionale scaturisce direttamente dalla sua elezione popolare.

Il Presidente della Giunta e della Regione è il cuore pulsante dell’istituzione. È lui che decide le linee principali di politica amministrativa. Il Consiglio ha l’onere importantissimo di approvare le leggi, ha il compito di vegliare sugli atti della Giunta e censurarli se ritiene che siano sbagliati. Per questo può sfiduciare il Presidente. Ma è inevitabile che il suo atto produca la fine della legislatura. Simul stabunt vel simul cadent, dicevano il latini. Insieme staranno o insieme cadranno. La sfiducia al presidente della regione, produce lo scioglimento del consiglio e l’indizione di nuove elezioni. Ribadiamo prima del 2001 non era così. La regione aveva un assetto istituzionale diverso.  Si basava su un regime assembleare, il consiglio era l’architrave di tutto l’ordinamento, in assemblea si prendevano le principali decisioni, la giunta e il suo presidente era un’emanazione dell’organo assembleare. Non solo perché il primo cittadino regionale era eletto dal consiglio, ma anche perché l’assise dei consiliare non faceva solo le leggi, ma compartecipava attivamente alla direzione amministrativa regionale. Oggi invece la regione si fonda su una più rigida divisione dei poteri. Il governo regionale ha la funzione di promulgare atti amministrativi di sua competenza, ha assunto un ruolo di maggiore indipendenza rispetto al consiglio. Il Presidente può e deve utilizzare il proprio ruolo per governare con efficacia le realtà locali. Il ruolo del Consiglio, pur ancor oggi importantissimo, è nei fatti ridimensionato. Deve approvare le leggi in materie delicatissime quali, ad esempio, ambiente, scuola, formazione professionale e in tutti le altre che l’articolo 117 affida alla gestione regionale. Ma deve lasciare al governo regionale il compito di attuarle attraverso una sana amministrazione. Se la Giunta non adempie a tale incombenza allora è bene che il consiglio si muova a censurarlo approvando una mozione di sfiducia, ben sapendo, però, che la “fine” del governo regionale comporta la “fine” della legislatura consiliare e l’indizione di nuove elezioni. Bisogna sottolineare che l’articolo 126 terzo comma della costituzione prevede altri tre casi di scioglimento anticipato degli organi elettivi regionali. Sono i casi di morte, di impedimento o di dimissioni volontarie del presidente della Giunta. Come abbiamo detto il Presidente della Giunta, eletto direttamente dai cittadini regionali, è diventato l’anima dell’istituzione. La sua impossibilità di esercitare il mandato, per cause imponderabili e aliene dalla sua volontà, determina comunque lo scioglimento anche della assemblea regionale, anche in questo caso si deve rievocare il brocardo latino “simul stabunt vel simul cadent”. Il presidente della regione non può essere sostituito se non da un altro eletto direttamente dal popolo. In caso di morte del Presidente della Regione, il Presidente della Repubblica, su provvedimento approvato dal consiglio dei ministri, deve firmare il decreto di scioglimento anticipato, esattamente come nei casi in cui la crisi regionale è invece dovuta alla rottura della fiducia fra Giunta e Consiglio.

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