ARTICOLO 126
“Con decreto motivato
del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio
regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti
contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione
possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto
è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le
questioni regionali, nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica.
Il Consiglio
regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta
mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti
e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La
mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla
presentazione.
L’approvazione della
mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio
universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o
le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e
lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle
dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del consiglio”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 126 della Costituzione Italiana indica i casi in
cui può essere messa a termine anticipatamente la legislatura regionale. Il
primo comma prevede che in caso di atti gravissimi del governo regionale il
presidente della Repubblica su proposta del governo può scioglierlo. Devono
compiersi atti che violano la Costituzione o/e mettono in pericolo la sicurezza
dell’intera nazione. Sono eventi eclatanti e di una gravità eccezionale. Gli
organi regionali devono macchiarsi di atti contrari ai dettami costituzionali,
per essere sciolti. Si profila un tradimento ai principi propri dell’ordinamento
Repubblicano. Lo scioglimento può essere giustificato anche per ragioni di
sicurezza nazionale. Questa locuzione fa intendere che il presidente della
repubblica possa emanare l’atto di scioglimento anche nel caso in cui il
governo regionale non sia stato autore di atti censurabili dal punto di vista
dell’ordinamento repubblicano. Lo scioglimento può avvenire a causa di un
sopraggiunto evento alieno alla volontà delle parti che necessiti lo
scioglimento. Eventi che rendano impossibile l’esercizio delle funzioni dell’organo
locale. Eventi che inibiscano la libera e autonoma azione politica dei membri
della giunta e del consiglio. Le motivazioni dello scioglimento sono
indefinite, non vi è un preciso elenco di cause che determinano il potere del
governo di far cessare la legislatura regionale, attraverso il decreto
regionale. Questa oggettiva discrezionalità, rende concreto il pericolo che l’esecutivo
possa agire per eliminare politicamente un governo regionale a lui
politicamente avverso. Un pericolo che deve essere scongiurato dall’obbligo di
sentire un’apposita commissione interparlamentare, quella degli affari
regionali (in cui vi è la presenza di tutte le forze politiche di maggioranza e
di opposizione), prima di produrre l’atto di scioglimento. Il governo deve stilare
il decreto di scioglimento, previo consiglio di tale organo parlamentare. In
più tale atto deve essere controfirmato dal presidente della repubblica. Il
coinvolgimento di questi due soggetti istituzionali deve essere la garanzia che
il provvedimento avviene in piena correttezza. Il Governo deve operare secondo
i superiori interessi della nazione. Deve votare in consiglio dei ministri il
documento di scioglimento della giunta regionale e deve sottoporla al vagli del
Presidente della repubblica, il quale sarà chiamato a controllare che tale atto
non sia lesivo dei principi di autonomia e di libertà contenuti nella costituzione.
Che tale scelta, insomma, sia motivata da reali ragioni di interesse nazionale
e a tutela dei cittadini.
Il Consiglio
regionale può sfiduciare il Presidente della Giunta. Lo deve fare con una mozione
motivata, deve indicare con un documento scritto le motivazioni della censura
verso il governo regionale. A firmare questo documento, che sarà poi votato
dall’intera assemblea, devono essere almeno un quinto dei membri del consiglio.
Tale atto politico, la mozione di sfiducia, deve essere approvato dalla
maggioranza assoluta del consiglio regionale e deve essere votata per appello
nominale. Ogni consigliere deve assumesi la responsabilità del voto, deve
rendere pubblica la sua scelta di sfiduciare o meno la giunta. La mozione non
può essere discussa prima di tre giorni dalla sua presentazione. Il secondo
comma dell’articolo 126 della nostra carta fondamentale indica le modalità di
scioglimento del consiglio e della giunta regionale nel caso in cui questo
evento sia dovuto a una rottura fra la giunta e la maggioranza consiliare che
la sostiene. A differenza della fattispecie prevista nel primo comma essa non è
giustificata da casi di eccezionale gravità che mettono in pericolo l’ordinamento
dell’intero stato. Essa è frutto del normale fluire dialettico del rapporto fra
organi costituzionali, che può prevedere anche una malaugurata rottura del
rapporto fiduciario. Insomma può accadere che l’unità fra le forze politiche
che hanno sostenuto il presidente della regione, venga a mancare. La novità fra
l’attuale articolo 126 e quello preriforma è che non è prevista la
continuazione della legislatura in caso di crisi. Il presidente della Regione,
che è al contempo presidente della Giunta, è eletto direttamente dal popolo. Non
può essere sostituito da un nuovo capo della regione da per scelta del
Consiglio regionale. Il terzo comma dell’articolo 126 è chiarissimo. In caso di
mozione di sfiducia c’è lo scioglimento del Consiglio da parte del presidente
della Repubblica. Si indicono nuove elezioni per rinnovare completamente tutta
la classe politica regionale. Non vi possono essere fraintendimenti. La riforma
del governo regionale avvenuta a cavallo fra la fine del secolo XX e i primi
vagiti del XXI ha trasformato l’istituto del Presidente della Regione da figura
designata dal consiglio regionale a soggetto la cui legittimità politica e
istituzionale scaturisce direttamente dalla sua elezione popolare.
Il Presidente della Giunta e della Regione è il cuore
pulsante dell’istituzione. È lui che decide le linee principali di politica
amministrativa. Il Consiglio ha l’onere importantissimo di approvare le leggi,
ha il compito di vegliare sugli atti della Giunta e censurarli se ritiene che
siano sbagliati. Per questo può sfiduciare il Presidente. Ma è inevitabile che
il suo atto produca la fine della legislatura. Simul stabunt vel simul cadent,
dicevano il latini. Insieme staranno o insieme cadranno. La sfiducia al
presidente della regione, produce lo scioglimento del consiglio e l’indizione
di nuove elezioni. Ribadiamo prima del 2001 non era così. La regione aveva un
assetto istituzionale diverso. Si basava
su un regime assembleare, il consiglio era l’architrave di tutto l’ordinamento,
in assemblea si prendevano le principali decisioni, la giunta e il suo presidente
era un’emanazione dell’organo assembleare. Non solo perché il primo cittadino
regionale era eletto dal consiglio, ma anche perché l’assise dei consiliare non
faceva solo le leggi, ma compartecipava attivamente alla direzione
amministrativa regionale. Oggi invece la regione si fonda su una più rigida
divisione dei poteri. Il governo regionale ha la funzione di promulgare atti
amministrativi di sua competenza, ha assunto un ruolo di maggiore indipendenza
rispetto al consiglio. Il Presidente può e deve utilizzare il proprio ruolo per
governare con efficacia le realtà locali. Il ruolo del Consiglio, pur ancor
oggi importantissimo, è nei fatti ridimensionato. Deve approvare le leggi in
materie delicatissime quali, ad esempio, ambiente, scuola, formazione
professionale e in tutti le altre che l’articolo 117 affida alla gestione
regionale. Ma deve lasciare al governo regionale il compito di attuarle
attraverso una sana amministrazione. Se la Giunta non adempie a tale incombenza
allora è bene che il consiglio si muova a censurarlo approvando una mozione di sfiducia,
ben sapendo, però, che la “fine” del governo regionale comporta la “fine” della
legislatura consiliare e l’indizione di nuove elezioni. Bisogna sottolineare
che l’articolo 126 terzo comma della costituzione prevede altri tre casi di
scioglimento anticipato degli organi elettivi regionali. Sono i casi di morte,
di impedimento o di dimissioni volontarie del presidente della Giunta. Come
abbiamo detto il Presidente della Giunta, eletto direttamente dai cittadini
regionali, è diventato l’anima dell’istituzione. La sua impossibilità di
esercitare il mandato, per cause imponderabili e aliene dalla sua volontà,
determina comunque lo scioglimento anche della assemblea regionale, anche in
questo caso si deve rievocare il brocardo latino “simul stabunt vel simul
cadent”. Il presidente della regione non può essere sostituito se non da un
altro eletto direttamente dal popolo. In caso di morte del Presidente della
Regione, il Presidente della Repubblica, su provvedimento approvato dal
consiglio dei ministri, deve firmare il decreto di scioglimento anticipato,
esattamente come nei casi in cui la crisi regionale è invece dovuta alla
rottura della fiducia fra Giunta e Consiglio.
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