sabato 26 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: PRIMA DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



PRIMA DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della Repubblica e ne assume il titolo”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Prima di addentrarci nel commentare il contenuto della prima disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana, è bene spendere alcune parole sull’intero gruppo di articoli che sono denominati con tale dicitura. Le “disposizioni transitorie e finali” sono diciotto. Sono numerate in cifre romane. Sono state approvate dall’assemblea costituente il 22 dicembre 1947 e promulgate il 1 gennaio 1948, assieme all’intera Costituzione Italiana, il 1 gennaio 1948. Servono a traghettare l’intero paese verso la Repubblica, dopo decenni di monarchia. Contengono alcune disposizioni che il tempo ha reso inefficaci, come la prima che regolamentava lo status e il ruolo di Enrico De Nicola, prima capo provvisorio dello stato, eletto dall’assemblea costituente il ventotto giugno del millenovecentoquarantotto, e che poi assunse il ruolo di  primo presidente della repubblica italiana,  il 1 gennaio millenovecentoquarantotto, proprio in forza del primo articolo delle disposizioni transitorie e finali. Appare chiaro che tale disposizione è ormai un monumento storico, serve a ricordare quali siano stati i passaggi istituzionali in quel travagliato periodo, segnato dalla guerra e dai primi passi verso la rinascita del paese. In seguito si utilizzo il procedimento indicato dall’articolo 83 della Costituzione per eleggere I presidenti della Repubblica, fra i quali è bene ricordare il secondo Luigi Einaudi, illustre economista. Le diposizioni però contengono delle norme che sono valide ancor oggi, come quella contenuta nella quattordicesima che afferma che i titoli nobiliari non hanno alcun riconoscimento giuridico nella Repubblica democratica e ugualitaria che stava nascendo. Oppure disposizioni che ancor oggi accendono gli animi, come la XII che vieta la ricostituzione del partito fascista. Questa norma divide. Da un lato ci sono coloro che vorrebbero che nel nostro paese non ci siano più partiti che si prefiggono di creare dittature e che hanno al loro interno organizzazioni paramilitari. Dall’altra ci sono esponenti politici che rimpiangono quei tempi. Ricordiamo le esternazioni di tanti esponenti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia in favore del regime fascista. Recentemente Giorgia Meloni, esponente di Fratelli d’Italia, ha elogiato la legge Acerbo, la legge elettorale voluta durante il regime fascista che dava un premio di maggioranza alla lista che otteneva il miglior risultato . Abbiamo vinto, ha dichiarato, pensando alla propria coalizione elettorale. Facendo riferimento al dato che se si fosse votato con la legge Acerbo, lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia con il loro 35% dei consensi avrebbero avuto la maggioranza assoluta in Parlamento. Ricordiamo che la legge elettorale voluta da Calderoli, ex ministro leghista, era simile alla legge Acerbo. Non è un caso che molti elettori di destra lo vorrebbero ministro delle riforme costituzionali, per cancellare ciò che è di antifascista nel nostro stato. Le vicissitudini della legge elettorale Calderoli sono note. Approvata nel 2005, dava un premio di maggioranza alla coalizione o al partito che avesse avuto la maggioranza dei voti relativi, cioè non avesse  raggiunto il 50  + 1 dei consensi. Come abbiamo detto quella legge si ispirava a quella voluta da Benito Mussolini nel 1923. La Corte Costituzionale, forse anche per questo motivo la bocciò, pensando che una repubblica democratica non potesse permettere che vi fosse un così spropositato divario fra consenso e potere parlamentare. Non era ammissibile che un gruppo di pochi ed eletto da pochi, governasse il paese. Forse le disposizioni transitorie e finali sono il passato. Forse siamo di fronte a un’Italia ben diversa da quella d’allora, che voleva uscire dalle brutture della guerra e del potere dispotico. Forse stiamo tornando al passato. Forse non sono obsolete solo le norme di transizione, come la prima, ma anche quelle che designano un paese democratico e che rifiuta la violenza come strumento della politica, come la XII e tante altre. Staremo a vedere. Intanto Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica Italiana, è lì a ricordarci che la democrazia non è un elemento dato per sempre, è una strada che si percorre alla ricerca continua e imperitura della libertà e della pace. Spetta a noi sottolineare e censurare alcuni atteggiamenti non coerenti a questi propositi, per superarli e continuare nel cammino comune di prosperità.

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