mercoledì 9 maggio 2018

QUARANTA ANNI DALLA MORTE DI MORO




QUARANTA ANNI
Chi vi scrive conserva il ricordo, terribile, dell'annuncio in televisione del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in Via Caetani a Roma il 9 maggio 1978. Ero un bambino, avevo cinque anni, non sapevo cosa stesse succedendo nel nostro paese, eppure quell'annuncio mi fece percepire subito di stare assistendo a un evento tragico, a un fatto bruttissimo, come pensava la testa di me fanciullo. Il rapimento dello statista della Democrazia Cristiana, la brutale uccisione della sua scorta in via Fani il 2 marzo 1978, i due mesi di sequestro, i colpi di beretta che l'hanno ucciso, la Renoult 4 che ospitò il suo corpo fino a quando fu ritrovato in via Caetani rimarranno per sempre nella storia e nella memoria dell'Italia. La tragica fine di Moro è l'epifania di come la violenza, l'idea che si possa migliorare il corso degli eventi con la forza, è follia. I Terroristi, i Brigatisti Rossi, che volevano portare uguaglianza nel nostro paese, hanno solo prodotto una tragica striscia di sangue, un susseguirsi di atti barbari fra cui l'uccisione di Aldo Moro. La violenza non migliora la vita. La violenza cambia l'esistenza di molti, di tutti, ma la cambia in peggio. Chi piange Moro sono certo i familiari, gli amici, coloro che gli hanno voluto bene. Ma a essere colpiti da quella morte siamo tutti noi, anche dopo quaranta anni. Noi che sogniamo un mondo libero da guerre e da violenze, noi che sogniamo di poter vivere in un paese alieno da barbarie, noi che lottiamo contro coloro che propugnano un modello di vita che va contro le leggi morali e statali, che si chiamino terroristi o mafiosi, crediamo che il sacrificio di Moro debba essere da sprone per costruire una società in cui sia bandita ogni forma di violenza, ogni forma di prevaricazione. Aldo Moro, il professore di diritto, insegnava che il compito della politica era provvedere ai bisogni di tutti, soprattutto dei meno fortunati, attraverso l'azione pacifica, attraverso l'utilizzo della ragione e del confronto dialettico. Invece la violenza è il male, la violenza distrugge non costruisce. Moro era stato testimone della barbarie fascista, dei morti innocenti della seconda guerra mondiale, sapeva che la morte porta solo altra morte. Chi l'ha ucciso è stato capace di confermare le sue convinzioni, è stato la lampante dimostrazione che la morte porta solo altra morte. I brigatisti sono stati giudicati dalla storia e dalla giustizia penale italiana quali vili assassini. Mentre la figura di Aldo Moro, politico, cristiano e docente di diritto rimarrà quale limpido esempio di essere umano che lotta per il bene dell'intera comunità umana, attraverso l'opera riformatrice della sua politica. Moro è uno dei martiri Repubblicani, uno dei tanti servitori dello stato che sono stati uccisi solo perché credevano nella democrazia, nel diritto e nei valori Costituzionali. Il suo sacrificio è comune a quello di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e dei tanti morti per mano della mafia e di altre organizzazioni criminali.

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