ARTICOLO 120
“La Regione non può
istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né
adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libertà di
circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio
del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può
sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e
dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o
della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la
sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica
o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini
territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a
garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio
di sussidiarietà e del principio di collaborazione”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 120 della Costituzione nel suo primo comma vieta
nella maniera più assoluta che le regioni possano impedire le libera
circolazione delle cose e delle persone. Non vi possono essere dazi che gravino
sulle transazioni commerciali tra soggetti situati in regioni diverse del
nostro paese. Questo principio di unità commerciale ed economica è una
conquista raggiunta fin dal 1861, con l’unità dell’Italia, la penisola ha
raggiunto in quel tempo non solo l’integrità politica, ma anche l’unione
economica. È bene che la costituzione, istituendo l’organo regionale, chiarisca
che quella conquista rimane acquisita anche con la nascita di istituzioni
locali di autogoverno. Chiunque ha diritto di spostarsi da una regione all’altra
per lavorare, abitare e prosperare. Le limitazioni alla circolazione delle cose
e delle merci sono èreviste in casi specifici, eccezionali, ed indicate dal
codice penale per ostacolare e punire alcuni reati, ad esempio quello mafioso.
Questi provvedimenti sono atti ad evitare che proventi illeciti siano
utilizzati per inquinare l’economia nazionale, oppure sono atti ad imporre il
soggiorno obbligatorio a criminali prezzolati. Limitazioni alla libera
circolazione possono rendersi necessarie per ragioni di profilassi o di tutela
della salute, in caso di epidemia. Bisogna notare che queste gravi decisioni
sono demandate all’autorità giudiziaria o al governo nazionale, non sono
competenza degli organi politici ed amministrativi locali. Tutto ciò che
concerne la libera circolazione all’interno dell’intero territorio nazionale
non è competenza delle autorità locali. I sindaci, in quanto pubblici
ufficiali, hanno il compito di chiudere momentaneamente edifici pubblici o
limitare la circolazione, quando particolari motivi di emergenza lo impongono.
Ad esempio può succedere in caso di calamità naturali. La libera circolazione
delle persone, delle merci e della forza lavoro non può essere limitata se non
per gravissime e fondate ragioni come impone l’articolo 16 della costituzione
che garantisce la libertà di soggiorno e circolazione.
Con l’ingresso dell’Italia nell’Unione Europea, attraverso
tutte le tappe istituzionali che si sono succedute nei decenni, è sorto un
nuovo soggetto politico e istituzionale che gestisce i traffici di cose e
persone, appunto l’Unione Europea. La Costituzione scritta nel 1948 non
contemplava questo livello istituzionale, la riforma del 2001 ha colmato una
lacuna in questo campo. Le Regioni, le province, le città metropolitane e i
comuni sono chiamati a rendere operativi i trattati e le normative europee
negli ambiti di loro competenza. Se non lo fanno lo Stato, il Governo
nazionale, deve sostituirsi a loro. Questo per garantire il rispetto dell’articolo
11 della Costituzione che impone che la Repubblica rispetti i trattati
internazionali in nome della pace e della fratellanza di tutti i popoli della
terra. Insomma l’autorità statale può e deve intervenire per garantire il
rispetto degli accordi internazionali e dei regolamenti europei messi in
pericolo dall’inadempienza degli organi locali. Il principio di sostituzione
vale anche se è messa in pericolo l’economia nazionale. Il governo può
sostituirsi alle regioni in caso di dichiarata emergenza. Può gestire una crisi
occupazionale ed ambientale, si fa l’esempio del plesso industriale siderurgico
di Taranto, che è in profonda crisi. Per risolvere l’emergenza ambientale ed
occupazionale è intervenuto il governo nazionale affiancando la Regione Puglia
nella gestione dell’emergenza e al fine sostituendosi ad essa, nazionalizzando
il caso.
Compito dello stato è anche quello di sostituirsi alle
regioni per mantenere l’unità giuridica del paese. In Italia si dovrebbe
esserci un egual trattamento di tutti i cittadini, un egual tutela. La
quotidianità ci dice che ciò non è vero. Chi è disabile, chi è anziano, chi è
povero e vive nel Nord ha un livello di tutela superiore rispetto a colui che,
in eguali condizioni, vive nel Sud. Nel nostro Meridione la crisi economica e
il degrado sociale, la mancanza di valori etici e civili, ha portato ad avere
scarsissima considerazione sociale dei disabili, dei meno fortunati. Addirittura
è considerato giusto che non abbiano il lavoro. In alcune aziende in crisi la
scelta su chi licenziare cade sul disabile. Lo stato dovrebbe intervenire per
scongiurare questi atti di diseguaglianza. La Costituzione che impone la tutela
dei più deboli dovrebbe essere rispettata. Quindi in questi casi è bene che
avvenga che lo Stato si sostituisca agli organi locali per ristabilire i canoni
di funzionamento dei servizi al cittadino atti a garantire i diritti civili e
sociali di tutti. Ho parlato dei disabili, dei meno fortunati, dei disoccupati,
coloro che sono colpiti dalla crisi. Certo lo Stato deve provvedere affinché le
loro prerogative giuridiche e i loro diritto vengano rispettati, garantendo
loro dignità, stabilità economica e sicurezza sociale. La Repubblica non si
deve dimenticare anche delle famiglie numerose e bisognose. Deve provvedere
alla loro vita, garantendo serenità ai genitori che non devono preoccuparsi
dell’istruzione e della crescita della prole, perché il loro impegno arduo e bellissimo
è supportato dagli organi istituzionali. Deve essere chiaro lo stato si può
sostituire alle regioni quando queste non adempiono i loro doveri di supporto
alle persone indigenti. Ma quello che dovrebbe essere la normalità
istituzionale è il principio di sussidiarietà e di collaborazione fra enti
pubblici. Sussidiarietà vuol dire che deve prendersi cura del cittadino l’organo
pubblico più vicino alla gente. Il comune, la città metropolitana, la provincia
e la regione in ordine decrescente hanno l’onere di far fronte alle esigenze
quotidiane della cittadinanza. E’ l’ente più prossimo al cittadino che deve
prendersi cura di lui. Ma lo Stato deve intervenire, come abbiamo detto, quando
queste istituzioni locali latitato. Ma non solo! Interviene anche per
interagire e collaborare con gli enti locali. Anche se il comune è attivo e
presente nella vita della cittadinanza lo stato deve coordinarsi con lui per
ottenere l’obbiettivo di una proficua interazione. Le “cabine di regia” sono
una cosa importantissima. Esse sono la manifestazione della volontà politica
delle istituzioni pubbliche di qualsiasi livello di parlarsi di collaborare per
ottenere risultati utili. Questa collaborazione fra istituzioni è imposta dalla
costituzione. L’articolo 120 la impone come modello da imitare in tutte le
comunità locali. È un modo per imporre standard solidali in realtà, come alcune
parti del Mezzogiorno, ma non solo, in cui l’esclusione dei più deboli e dei
meno fortunati è la regola. Mi è capitato di sentire l’espressione: sono valori
tuoi! Questa frase è stata detta a un disabile che rivendicava il diritto al
lavoro, in un contesto in cui la discriminazione era regola. Ma veramente la
Costituzione è latrice di principi valevoli per pochi. Veramente il principio
di difesa del più debole è regola per i meno, mentre per i più vige il
principio di la prevaricazione? La risposta
sembra “si”, in alcuni contesti sociali degradati. Però proviamo a cambiare la
mentalità delle persone. Proviamo a portare la luce della legalità ove non c’è.
Proviamo a costruire quella solidarietà che non è solo impegno dello stato, ma
anche scelta del cittadino. Proviamo ad insegnare che l’aiuto al disabile, la
sua integrazione sociale, il suo ingresso e tutela nel mondo del lavoro, sono
strumenti per costruire una società migliore. Cambiare si può, per certi
aspetti si deve, ci vorranno generazioni per costruire una società solidale. Ma
arriverà il giorno in cui si dirà i valori di accoglienza, di impegno verso il
più debole, di lotta alla discriminazione di genere, di lotta ai fenomeni di
bullismo e di lotta contro le discriminazioni delle minoranze di ogni genere
non sono “valori tuoi”(dei pochi che si impegnano), ma valori “nostri”, cioè di
tutti. Noi ci crediamo. Noi crediamo che non ci saranno più barriere. Qualcuno
mi disse, mentre rivendicavo ad alta voce diritti per tutti, “devi cambiare”,
intendendo dire “che devi stare tranquillo, non parlare”, spero che un giorno
cambi il nostro paese in base ai valori e alle norme della nostra Costituzione.
L’articolo 120 è la lampante dimostrazione che la nostra Carta Fondamentale è
strumento di cambiamento, è indicazione etica di un obbiettivo da raggiungere,
il fine è costruire una società migliore e inclusiva. Appare significativo che
l’articolo 120 parte dal divieto di barriere fisiche, impone l’assenza di
dogane e confini fra regioni, e giunge a prospettare l’abbattimento di barriere
culturali che impediscono la crescita morale della nazione.
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