domenica 20 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 134


ARTICOLO 134

“La Corte costituzionale giudica:

sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;

sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e le Regioni e tra le Regioni;

sulle accuse conto il presidente della Repubblica [ed i ministri] (le parole tra parentesi quadra sono state soppresse dell’articolo 2 della legge Costituzionale del 16 gennaio 1989), a norma della Costituzione.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 134 della Costituzione è il primo del Titolo VI. Questa parte finale del testo costituzionale è dedicato all’organo di garanzia delle leggi fondamentali. I padri Costituenti hanno voluto che vi fosse un organo giudiziale che giudicasse le leggi ordinarie oltre agli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi, ad esempio) e cassasse quelle che sono in contrasto con la Costituzione. Insomma questa corte è chiamata ad appurare se le norme siano state approvate secondo le prescrizioni costituzionali, questa azione si chiama controllo di legittimità formale delle leggi. È chiamata anche a controllare se i valori portanti del nostro stato siano stati posti al centro dell’azione normativa, o se siano stati traditi dal contenuto della legge, in tal caso è bene espellerla dal nostro ordinamento giuridico. Il nostro ordinamento è fondato sui principi di libertà, democrazia ed eguaglianza. Una legge dello stato non può e non deve essere lesiva di tali diritti dati al cittadino, pena la sua decadenza ad opera della Corte Costituzionale. Ho citato i tre cardini fondamentali della Repubblica, ma una legge può essere giudicata incostituzionale anche se tradisce altri diritti ed obblighi inscritti nella nostra Carta fondamentale. Il principio è: la Costituzione è la legge delle leggi; non vi può essere una norma giuridica legittima contraria ai suoi dettami, anzi una norma ordinaria deve essere strumento di compimento dei suoi dettami. Non è solo un principio di gerarchia delle leggi: la Costituzione viene prima delle leggi ordinarie, queste devono essere conformi a lei. È un bisogno di aderire ai Valori collettivi che sono alla base dell’ordinamento sociale. La Repubblica poggia il suo stesso essere sui diritti inviolabili della persona, enunciati nella prima parte del testo costituzionale. Non può ammettere che siano posti in essere atti contrari ad essi. Pensiamo a cosa succede in parti del nostro paese. Nel Sud, ma non solo, quotidianamente si calpestano il diritto alla parola, quanti giornalisti sono uccisi dalla mafia, il diritto alla dignità sociale, quanti disabili vengono emarginati, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge, quante trasgressioni alle norme del diritto da parte dei più forti a discapito dei più deboli. Questo ha creato un degrado che è sotto gli occhi tutti. Penso all’episodio avvenuto il 1 maggio alla Romanina, un quartiere della capitale, in cui una avventrice disabile e un barista sono stati picchiati solo perché hanno osato rivendicare dei diritti di civiltà davanti a un mafioso.  Ma atti contro la costituzione e, soprattutto, contro i valori che contiene sono all’ordine del giorno. La Corte Costituzionale non è chiamata a censurare questi atti. Dovrebbe essere la magistratura ordinaria, coadiuvata dalla polizia a farli rispettare. Ovviamente c’è anche un livello culturale. Mentre è giusto che le angherie verso i disabili debbano essere perseguite dalle forze dell’ordine, c’è un livello di rispetto delle norme costituzionali che deve appartenere alla società civile, è la cittadinanza che deve censurare atti come la prevaricazione, il mobbing l’esclusione sociale. Alla Corte Costituzionale spetta “solo”, si fa per dire, vegliare a che le autorità statuarie, soprattutto gli organi che emanano le leggi, parlamento, governo e Regioni, non lo facciano infrangendo i dettami costituzionali. Insomma la Corte Costituzionale spiega come bisogna interpretare la Costituzione e come il diritto si debba conformare ad esse, se le fonti giuridiche non rispettano i dettami costituzionali vengono censurate con sentenza di annullamento della norma incriminata. Insomma la corte costituzionale è un organo giudiziale, le sue attività si manifestano come “sentenze”, “appelli”,” udienze” esattamente come gli altri tribunali dello stato. Il suo ruolo però è quello di sentinella sulla legalità, è quello di tutelare i valori democratici repubblicani che non possono essere messi in discussione nemmeno dal Parlamento, espressione della sovranità popolare. Anche il Popolo, sovrano, deve sottomettersi ai diritti inviolabili dell’uomo sanciti dalla costituzione, ma non da essa creati. I diritti della persona sono innati, sono naturali intendendo con tale termine che non sono il frutto di un’elaborazione umana, ma sono la semplice costatazione che l’uomo, la donna, la loro dignità sono beni preziosissimi, che vanno tutelati anche con la forza dell’autorità statale, quando l’egoismo del singolo o dei molti li calpestano. La Corte Costituzionale è baluardo prezioso contro ogni prevaricazione.

La Consulta, la corte costituzionale, ha anche altro ruolo. Oltre che vegliare sulla compatibilità delle leggi ai dettami dei nostri padri costituenti. Deve anche dirimere le controversie fra organi dello Stato. Quando c’è un conflitto di attribuzioni. Quando non è chiaro se un atto è di competenza di uno o di un altro organo dello stato. È la Corte Costituzionale, in base alla lettura della nostra carta fondamentale, a dirimere  la questione. Bisogna chiarire che la Consulta è chiamata a esprimersi sulle funzioni degli organi apicali dello stato. È chiamata a pronunciarsi sulle controversie fra organi la cui autorità non è sottoposta, in uno schema gerarchico, a nessun altro. Faccio un esempio. Un membro della giunta regionale compie un atto di competenza del governo nazionale. Il presidente del consiglio, prima di rivolgersi alla corte, deve chiedere al Presidente della Regione se vuole cancellare l’atto del suo collaboratore. Se il presidente non lo fa, anzi lo rivendica, in tal caso l’atto in questione è da considerarsi “apicale”, cioè proprio di un organo che non ha altri sopra di sé, e allora il governo può indire un pronunciamento davanti alla Corte Costituzionale. Bisogna essere chiari, ci si rivolge alla corte solo se ci si trova di fronte ad atti definitivi, che non possono essere rivisti dall’istituzione sospettata di essere rea di conflitto d’attribuzione. Lo stesso vale per una sentenza di tribunale, anche in questi frangenti altri organi dello stato possono sentirsi lesi delle proprie competenze. Ricordiamo le dispute fra il tribunale di Milano e il governo a guida Berlusconi. La magistratura milanese intendeva “curiosare” sui conti all’estero del capo della maggioranza composta da Forza Italia e lega, ovviamente Berlusconi osteggiava questo atto, di conseguenza lo scontro finì davanti alla Consulta, che diede ragione ai giudici. Oggi il Governo Di Maio – Salvini promette che questi scontri non ci saranno più. Promette un condono che permette a chi ha conti all’estero di dormire sonni tranquilli, di non vivere i patemi d’animo che ha vissuto il povero Berlusconi. Staremo a vedere se riusciranno a portare in porto il loro programma. Basta conflitti fra governo e magistratura.

L’ultimo comma designa la funzione penale della Corte Costituzionale. In caso di altro tradimento del Presidente della Repubblica la corte è chiamato a giudicarlo. Ciò avviene quando il parlamento in seduta comune lo incrimina per aver tradito l’Italia e/o la Costituzione. Sono atti gravissimi senza precedenti. Solo Francesco Cossiga fu accusato dall’allora Partito Democratico della Sinistra  negli anni ’90 di tradimento, ma la mozione di incriminazione non fu approvata dal Parlamento. La vicenda era legata al “caso gladio”, la formazione paramilitare dello stato costituita per difendere il paese da un’eventuale occupazione sovietiche, che invece si era macchiata di crimini penali e di atti terroristici. Il PDS reputò l’allora presidente Cossiga di essere responsabile di atti illeciti compiuti quando assunse la veste di ministro degli interni, prima, e presidente del consiglio poi. Il Parlamento, ricordiamolo ancora, ritenne infondate tali accuse. Fino al 1989, quando una legge costituzionale modifico l’articolo 134 ultimo comma, anche i ministri, se commettevano nell’esercizio delle loro funzioni,  dovevano essere giudicati dalla corte costituzionale, previo consenso del parlamento in seduta comune. Oggi i ministri, anche se indagati per attività svolte nell’esercizio delle loro funzioni, sono sottoposti al giudizio della magistratura ordinaria, pur avendo le stesse garanzie dei parlamentari. Ricordiamole: non possono subire arresti, a meno che non siano stati commessi in flagranza di reato, se non su autorizzazione della camera o della camera di appartenenza, se oltre ad essere ministro il soggetto e deputato o senatore, lo stesso vale per le perquisizioni domiciliari e per tutte le azioni giudiziarie che prevedono una privazione dei diritti della persona. L’unico precedente in cui la corte costituzionale ha operato come tribunale penale è stato lo scandalo Lockheed. Siamo nel 1978. L’azienda statunitense produttrice di aerei militare la Lockheed ha pagato diversi miliardi di lire a politici italiani per avere un appalto di fornitura. Sono coinvolti ministri del governo italiano ed anche il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, che si dimetterà dalla carica. In realtà Leone apparirà subito estraneo alla vicenda, ma molti ministri della repubblica no, questi saranno accusati dal parlamento in seduta comune e giudicati, molti colpevoli, dalla Corte Costituzionale. Fu uno degli scandali più grandi della prima Repubblica. La sentenza arrivò nel 1979. Qualcuno ipotizzò che finanche Aldo Moro, morto per mano delle Brigate Rosse nel 1978, fosse coinvolto nella vicenda. La storia tende ad escludere tale tesi, bisogna dirlo, non era lui la “volpe”, il nome in codice dato a un ancora non identificato politico italiano che avrebbe ricevuto diversi miliardi dalla ditta americana. Quello che conta qui notare è che i ministri Luigi Gui e Mario Tnassi furono giudicati dalla Consulta. Insomma il caso Lockheed, con il suo strascico di scandali, soldi sporchi e tragedie, è stato l’unico caso penale affrontato dalla Corte Costituzionale.

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