ARTICOLO 134
“La Corte
costituzionale giudica:
sulle controversie
relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza
di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di
attribuzione tra i poteri dello Stato e le Regioni e tra le Regioni;
sulle accuse conto il
presidente della Repubblica [ed i
ministri] (le parole tra parentesi quadra sono state soppresse dell’articolo 2
della legge Costituzionale del 16 gennaio 1989), a norma della Costituzione.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 134 della Costituzione è il primo del Titolo VI. Questa
parte finale del testo costituzionale è dedicato all’organo di garanzia delle
leggi fondamentali. I padri Costituenti hanno voluto che vi fosse un organo
giudiziale che giudicasse le leggi ordinarie oltre agli atti aventi forza di
legge (decreti legge e decreti legislativi, ad esempio) e cassasse quelle che
sono in contrasto con la Costituzione. Insomma questa corte è chiamata ad
appurare se le norme siano state approvate secondo le prescrizioni
costituzionali, questa azione si chiama controllo di legittimità formale delle
leggi. È chiamata anche a controllare se i valori portanti del nostro stato
siano stati posti al centro dell’azione normativa, o se siano stati traditi dal
contenuto della legge, in tal caso è bene espellerla dal nostro ordinamento
giuridico. Il nostro ordinamento è fondato sui principi di libertà, democrazia
ed eguaglianza. Una legge dello stato non può e non deve essere lesiva di tali
diritti dati al cittadino, pena la sua decadenza ad opera della Corte
Costituzionale. Ho citato i tre cardini fondamentali della Repubblica, ma una
legge può essere giudicata incostituzionale anche se tradisce altri diritti ed
obblighi inscritti nella nostra Carta fondamentale. Il principio è: la
Costituzione è la legge delle leggi; non vi può essere una norma giuridica
legittima contraria ai suoi dettami, anzi una norma ordinaria deve essere
strumento di compimento dei suoi dettami. Non è solo un principio di gerarchia
delle leggi: la Costituzione viene prima delle leggi ordinarie, queste devono
essere conformi a lei. È un bisogno di aderire ai Valori collettivi che sono
alla base dell’ordinamento sociale. La Repubblica poggia il suo stesso essere
sui diritti inviolabili della persona, enunciati nella prima parte del testo
costituzionale. Non può ammettere che siano posti in essere atti contrari ad essi.
Pensiamo a cosa succede in parti del nostro paese. Nel Sud, ma non solo,
quotidianamente si calpestano il diritto alla parola, quanti giornalisti sono
uccisi dalla mafia, il diritto alla dignità sociale, quanti disabili vengono
emarginati, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge, quante trasgressioni
alle norme del diritto da parte dei più forti a discapito dei più deboli.
Questo ha creato un degrado che è sotto gli occhi tutti. Penso all’episodio
avvenuto il 1 maggio alla Romanina, un quartiere della capitale, in cui una avventrice
disabile e un barista sono stati picchiati solo perché hanno osato rivendicare
dei diritti di civiltà davanti a un mafioso. Ma atti contro la costituzione e, soprattutto,
contro i valori che contiene sono all’ordine del giorno. La Corte
Costituzionale non è chiamata a censurare questi atti. Dovrebbe essere la
magistratura ordinaria, coadiuvata dalla polizia a farli rispettare. Ovviamente
c’è anche un livello culturale. Mentre è giusto che le angherie verso i
disabili debbano essere perseguite dalle forze dell’ordine, c’è un livello di
rispetto delle norme costituzionali che deve appartenere alla società civile, è
la cittadinanza che deve censurare atti come la prevaricazione, il mobbing l’esclusione
sociale. Alla Corte Costituzionale spetta “solo”, si fa per dire, vegliare a che
le autorità statuarie, soprattutto gli organi che emanano le leggi, parlamento,
governo e Regioni, non lo facciano infrangendo i dettami costituzionali.
Insomma la Corte Costituzionale spiega come bisogna interpretare la
Costituzione e come il diritto si debba conformare ad esse, se le fonti
giuridiche non rispettano i dettami costituzionali vengono censurate con
sentenza di annullamento della norma incriminata. Insomma la corte
costituzionale è un organo giudiziale, le sue attività si manifestano come “sentenze”,
“appelli”,” udienze” esattamente come gli altri tribunali dello stato. Il suo
ruolo però è quello di sentinella sulla legalità, è quello di tutelare i valori
democratici repubblicani che non possono essere messi in discussione nemmeno
dal Parlamento, espressione della sovranità popolare. Anche il Popolo, sovrano,
deve sottomettersi ai diritti inviolabili dell’uomo sanciti dalla costituzione,
ma non da essa creati. I diritti della persona sono innati, sono naturali
intendendo con tale termine che non sono il frutto di un’elaborazione umana, ma
sono la semplice costatazione che l’uomo, la donna, la loro dignità sono beni
preziosissimi, che vanno tutelati anche con la forza dell’autorità statale,
quando l’egoismo del singolo o dei molti li calpestano. La Corte Costituzionale
è baluardo prezioso contro ogni prevaricazione.
La Consulta, la corte costituzionale, ha anche altro ruolo. Oltre
che vegliare sulla compatibilità delle leggi ai dettami dei nostri padri
costituenti. Deve anche dirimere le controversie fra organi dello Stato. Quando
c’è un conflitto di attribuzioni. Quando non è chiaro se un atto è di
competenza di uno o di un altro organo dello stato. È la Corte Costituzionale,
in base alla lettura della nostra carta fondamentale, a dirimere la questione. Bisogna chiarire che la Consulta
è chiamata a esprimersi sulle funzioni degli organi apicali dello stato. È chiamata
a pronunciarsi sulle controversie fra organi la cui autorità non è sottoposta,
in uno schema gerarchico, a nessun altro. Faccio un esempio. Un membro della
giunta regionale compie un atto di competenza del governo nazionale. Il
presidente del consiglio, prima di rivolgersi alla corte, deve chiedere al
Presidente della Regione se vuole cancellare l’atto del suo collaboratore. Se
il presidente non lo fa, anzi lo rivendica, in tal caso l’atto in questione è
da considerarsi “apicale”, cioè proprio di un organo che non ha altri sopra di
sé, e allora il governo può indire un pronunciamento davanti alla Corte
Costituzionale. Bisogna essere chiari, ci si rivolge alla corte solo se ci si
trova di fronte ad atti definitivi, che non possono essere rivisti dall’istituzione
sospettata di essere rea di conflitto d’attribuzione. Lo stesso vale per una
sentenza di tribunale, anche in questi frangenti altri organi dello stato
possono sentirsi lesi delle proprie competenze. Ricordiamo le dispute fra il
tribunale di Milano e il governo a guida Berlusconi. La magistratura milanese
intendeva “curiosare” sui conti all’estero del capo della maggioranza composta
da Forza Italia e lega, ovviamente Berlusconi osteggiava questo atto, di
conseguenza lo scontro finì davanti alla Consulta, che diede ragione ai
giudici. Oggi il Governo Di Maio – Salvini promette che questi scontri non ci
saranno più. Promette un condono che permette a chi ha conti all’estero di
dormire sonni tranquilli, di non vivere i patemi d’animo che ha vissuto il
povero Berlusconi. Staremo a vedere se riusciranno a portare in porto il loro
programma. Basta conflitti fra governo e magistratura.
L’ultimo comma designa la funzione penale della Corte
Costituzionale. In caso di altro tradimento del Presidente della Repubblica la corte
è chiamato a giudicarlo. Ciò avviene quando il parlamento in seduta comune lo incrimina
per aver tradito l’Italia e/o la Costituzione. Sono atti gravissimi senza precedenti.
Solo Francesco Cossiga fu accusato dall’allora Partito Democratico della
Sinistra negli anni ’90 di tradimento,
ma la mozione di incriminazione non fu approvata dal Parlamento. La vicenda era
legata al “caso gladio”, la formazione paramilitare dello stato costituita per
difendere il paese da un’eventuale occupazione sovietiche, che invece si era
macchiata di crimini penali e di atti terroristici. Il PDS reputò l’allora
presidente Cossiga di essere responsabile di atti illeciti compiuti quando
assunse la veste di ministro degli interni, prima, e presidente del consiglio
poi. Il Parlamento, ricordiamolo ancora, ritenne infondate tali accuse. Fino al
1989, quando una legge costituzionale modifico l’articolo 134 ultimo comma,
anche i ministri, se commettevano nell’esercizio delle loro funzioni, dovevano essere giudicati dalla corte
costituzionale, previo consenso del parlamento in seduta comune. Oggi i
ministri, anche se indagati per attività svolte nell’esercizio delle loro
funzioni, sono sottoposti al giudizio della magistratura ordinaria, pur avendo
le stesse garanzie dei parlamentari. Ricordiamole: non possono subire arresti, a
meno che non siano stati commessi in flagranza di reato, se non su
autorizzazione della camera o della camera di appartenenza, se oltre ad essere
ministro il soggetto e deputato o senatore, lo stesso vale per le perquisizioni
domiciliari e per tutte le azioni giudiziarie che prevedono una privazione dei
diritti della persona. L’unico precedente in cui la corte costituzionale ha
operato come tribunale penale è stato lo scandalo Lockheed. Siamo nel 1978. L’azienda
statunitense produttrice di aerei militare la Lockheed ha pagato diversi
miliardi di lire a politici italiani per avere un appalto di fornitura. Sono
coinvolti ministri del governo italiano ed anche il presidente della
Repubblica, Giovanni Leone, che si dimetterà dalla carica. In realtà Leone
apparirà subito estraneo alla vicenda, ma molti ministri della repubblica no,
questi saranno accusati dal parlamento in seduta comune e giudicati, molti
colpevoli, dalla Corte Costituzionale. Fu uno degli scandali più grandi della
prima Repubblica. La sentenza arrivò nel 1979. Qualcuno ipotizzò che finanche
Aldo Moro, morto per mano delle Brigate Rosse nel 1978, fosse coinvolto nella
vicenda. La storia tende ad escludere tale tesi, bisogna dirlo, non era lui la “volpe”,
il nome in codice dato a un ancora non identificato politico italiano che
avrebbe ricevuto diversi miliardi dalla ditta americana. Quello che conta qui
notare è che i ministri Luigi Gui e Mario Tnassi furono giudicati dalla
Consulta. Insomma il caso Lockheed, con il suo strascico di scandali, soldi
sporchi e tragedie, è stato l’unico caso penale affrontato dalla Corte
Costituzionale.
Nessun commento:
Posta un commento