sabato 5 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 118



ARTICOLO 118

“Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi della sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La Legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alla lettera b) e H) secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

Stato, regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà”.

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 118 è stato modificato nella sostanza con la riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione avvenuta con legge costituzionale numero 3 del 18 ottobre 2001. Questa riforma, ricordiamolo, modificò profondamente tutti gli articoli della nostra legge fondamentale dedicata alle Regioni, Province e Comuni. L’articolo 118 dice che le funzioni amministrative sono normalmente affidate ai comuni, gli enti più vicini alla cittadinanza. Nella stesura precedente alla riforma dell’articolo, invece, si attribuiva le principali funzioni amministrative alla Regione. Questo è un cambiamento importantissimo. Si stabilisce il principio di sussidiarietà. Tale principio consiste nell’attribuire all’istituzione più prossima ai cittadini il compito di gestire la loro vita. Mi spiego. Per evitare che lo Stato e la sua burocrazia appaia un castello inaccessibile, ove burocrati prezzolati operano alle spalle del cittadino, si è voluto dare ai comuni il compito di essere i principali interlocutori della popolazione. Il principio della sussidiarietà verticale, cioè istituzionale, consiste nel dare le funzioni burocratiche agli enti più prossimi alla cittadinanza, salvo che ragioni superiori di tutela delle persone e di necessità di garantire il servizio al cittadino impongano che sia un ente superiore a compierle. Insomma il principio di sussidiarietà si deve conciliare con quello di adeguatezza, anche’esso citato nell’articolo 118. Il principio di adeguatezza impone che debba occuparsi della branca amministrativa l’ente che sia più attrezzato ad affrontare i problemi e le necessità messe in gioco. La costituzione impone anche le la pubblica amministrazione debba rispettare anche il principio di differenziazione. Questo consiste nella capacità dello stato di distribuire adeguatamente le funzioni fra i vari organi dello stato tenendo conto delle caratteristiche demografiche, territoriali, associative e strutturali. Provo a spiegarmi, una piccola comunità montana non può avere le stesse attribuzioni amministrative di una metropoli. È intuibile che la prima non avrà risorse adeguate a gestire le strade e i percorsi viari per raggiungerla, mentre una metropoli, avendo maggiori entrate fiscali e in generale maggiori risorse, può gestire i viadotti che la percorrono. Insomma i tre principi esposti nel primo comma dell’articolo 118, sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, sono finalizzati a creare un armonico equilibrio fra istituzioni pubbliche secondo il principio che lo Stato e gli enti locali devono essere funzionali a servire i bisogni dei cittadini, il fine fondamentale è dare servizi, bisogna che le energie pubbliche debbano essere coordinate a raggiungere tale fine, superando il concetto di rigida divisione delle funzioni, avendo una visione teleologica dell’attività pubblica, cioè operare per raggiungere un fine, quello di dare servizi con il massimo risparmio possibile per le casse dello stato, a tal scopo è necessario che gli enti si coordino e operino in maniera sinergica.

Il secondo comma dell’articolo 118 stabilisce che i comuni, le Province e Città metropolitane sono depositarie di funzioni amministrative proprie, cioè attribuite loro dalla Costituzione e dalle leggi dello stato, e di quelle delegate loro dallo stato e dalle Regioni con legge. Il principio è fondamentale. Le funzioni amministrative possono essere delegate. La Regione, ad esempio, con legge può delegare al comune alcune delle sue principali funzioni amministrative, lo stesso fa lo stato. Ad esempio l’anagrafe, servizio dello stato, è delegato al comune, che gestisce tale ufficio.
Il comma tre dell’articolo 118 impone il coordinamento stato e  regioni nella gestione dell’immigrazione e della sicurezza pubblica. Stato e Regione devono operare per coordinarsi e garantire servizi di assistenza per le persone che giungono in Italia da altri paesi. I centri d’accoglienza per i profughi, i centri di primo aiuto per tutti i migranti, sono il frutto della sinergia fra autorità nazionale e regionale. Questo compito non era previsto nel testo dell’articolo 118 prima della riforma. Non era contemplato dai costituenti del 1946 il gestire l’emergenza umanitaria creata dalla crescente immigrazione. L’Italia allora era un paese di emigranti non aveva immigrati. La riforma inserisce in costituzione questa tematica. Si pone il tema dell’accoglienza quale dovere dello stato verso chi emigra, in nome dei diritti fondamentali dell’uomo di cui la nostra Carta Costituzionale è pregna. Lo stesso comma impone il coordinamento fra gli enti locali, soprattutto la regione, e il governo per garantire la sicurezza dei cittadini. Anche qui si vuole avere uno stato che favorisca l’interazione fra i suoi enti per favorire la tutela del cittadino. Una polizia vicina alla cittadinanza aumenta la sensazione di sicurezza. È sotto gli occhi di tutti l’effetto benefico dell’agire contemporaneo delle forze di polizia municipale e di quelle della polizia di stato per evitare tensioni nelle strade cittadine e rurali del paese. È bene che sia ancor di più lo sforzo.

L’ultimo comma dell’articolo 118 è dedicata alla sussidiarietà orizzontale. Mentre la sussidiarietà verticale è fra istituzioni statuali, l’ente statale più vicino alla popolazione gestisce una materia propria della pubblica amministrazione, interviene l’ente superiore, solo in caso di necessità. La sussidiarietà orizzontale impone che lo stato sia al servizio dei cittadini. Cioè favorisca, con azioni efficaci, la libera iniziativa di associazioni e singoli cittadini nell’attività di volontariato. È il popolo che deve far fronte alle sue esigenze. È l’uomo o la donna che si devono prendere cura del proprio prossimo o dell’ambiente Lo stato ha il compito di accompagnare il cittadino nel suo impegno civile e sociale, attraverso forme di ausilio e di assistenza, prestando ad esempio luoghi pubblici per manifestazioni o finanziando eventi di beneficenza e quant’altro. Insomma in costituzione è scritto a chiare lettere che chiunque deve essere un cittadino attivo, chiunque, tenendo conto delle proprie capacità, deve aiutare il prossimo. Può sembrare un concetto meramente cattolico. È il papa che ha detto recentemente che il Cristiano è colui che aiuta i più deboli: pensa al disabile, al migrante e a chi ha bisogno. Tante volte si è sentito dire: io non sono cattolico, a me del meno fortunato non importa nulla. Invece non è così. Non è solo al cattolico che si impone la solidarietà, ma a tutti i cittadini italiani. Pensiamo alle tanti mutui soccorsi di matrice comunista, nati ed evoluti in secoli di storia. Tutti dobbiamo impegnarci verso l’atro. Non dobbiamo considerare un disabile un nemico, ma una persona da accompagnare a una vita piena. Prendiamo ad esempio i paesi del Nord Europa, anche loro non sono cattolici come non lo è il sud d’Italia, eppure rispettano i diritti dei più deboli. Cambiare è necessario, non solo perché lo dice la costituzione, ma perché una società pronta ad accogliere e non ad escludere è migliore per tutti. Il sud d’Italia deve avere come riferimento le associazioni di volontariato del suo territorio che realmente praticano la sussidiarietà orizzontale ogni giorno, dando una mano ai disabili che sono espulsi o non entrano proprio nel mondo del lavoro, dando una mano ai malati ai quali sono negati i diritti, dando una mano alle famiglie bisognose, agli anziani. Bisogna cambiare, bisogna attuarlo quest’articolo 118 ultimo comma. Basta con i disabili senza lavoro, quando potrebbero lavorare. Basta con i disabili senza reddito, se impossibilitati a lavorare. Basta con le chiusure. Basta con i licenziamenti ad personam alle persone più deboli. Magari ci vorranno secoli, ma anche al sud ci potrà arrivare all’idea che il disabile ha diritto a una sua dignità, anche lavorativa. Cambiare il paese, cambiare la nostra realtà cambiare noi stessi è possibile. Ribadisco non per diventare Cattolici, chi dice “sono ateo, le parole di Francesco (il papa) non mi tangono”, ha tutte le ragione a presentarsi come non-cattolico, ma deve comunque ascoltare il sommo pontefice quando invita a tutelare i più deboli. Questo è un invito fatto non solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Ce l’ho con il Sud, perché è il luogo del paese ove in maggior numero sono presenti disabili e figure sociali emarginate. Bisogna intervenire, cambiare lo stato di cose, dando maggiore forza alle società di volontariato che operano in questo settore.

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