martedì 29 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: QUINTA DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE



QUINTA DISPOSIZIONE TRANSITORIA E FINALE

“La disposizione dell’articolo 80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che impongono oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle Camere”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

Le disposizioni transitorie e finali sono state approvate dalla Assemblea Costituente per regolare il passaggio fra il regime monarchico e quello repubblicano. La loro funzione era anche quella di superare l’epoca tragica della seconda guerra mondiale. Durante il grande conflitto le istituzioni hanno di fatto smesso di funzionare. Le assemblee legislative, già depauperate durante il fascismo con le leggi “fascistissime” del 1928, con l’armistizio del 1943 e la conseguente crisi politica, furono sciolte. Il governo, l’esecutivo, legiferava attraverso decreti. Il Governo Monarchico, fatto decadere Benito Mussolini dalla carica di Presidente del Consiglio, dovette affrontare una crisi gravissima. L’Italia era occupata dalle truppe tedesche al Nord e dall’esercito statunitense al Sud. L’Italia di fatto era sottomessa al potere militare straniero. L’esecutivo, che nel 1943, caduto Mussolini, era guidato dal generale Pietro Badoglio, aveva anche il potere di sottoscrivere accordi internazionali senza bisogno di ratifica da parte del parlamento, di fatto disciolto. La stessa prassi assunsero i governi successivi. I governi di Ivanoe Bonomi, Ferruccio Parri e Alcide De Gasperi, che si sono succeduti l’uno all’altro fino all’insediamento delle Camere a seguito delle elezioni del 18 aprile 1948, avevano la potestà di sottoscrivere trattati internazionali senza l’autorizzazione delle Camere, come invece prescrive l’articolo 80 della Costituzione. L’Assemblea Costituente stessa, che rappresentava la nazione ed era l’espressione della volontà popolare manifestata con il voto del 2 giugno 1946, non aveva potere in materia di trattati internazionali. I governi informavano e dialogavano con l’assise costituente in tali materie, sentivano il suo parere, ma alla fine i trattati si stipulavano senza un formale coinvolgimento del potere rappresentativo. Con la promulgazione della Costituzione questo non poteva essere più. L’articolo 80, come abbiamo detto, impone che il paralamento sia coinvolto attraverso, un suo voto necessario e vincolante, nelle questioni internazionali che vertono su arbitrati, regolamenti giudiziari, importano variazioni del territorio ed oneri alle finanze oltre a modificazioni di legge. Insomma la stipula dei trattati internazionali è formalmente atto presidenziale (è il capo dello stato che firma l’accordo ed è un suo atto, il decreto del presidente, che lo fa entrare in vigore nella nostra repubblica), sostanzialmente atto governativo (perché è tale organo dello stato a trattare con gli stati stranieri), ma non può esistere senza la previa autorizzazione delle Camere. Ma tale modello costituzionale può valere in un contesto di piena applicazione della Costituzione. Prima dell’insediamento della prima legislatura repubblicana il raccordo esecutivo parlamento non era possibile. La quinta disposizione transitoria e finale da un lato specifica che al momento della nascita della prima legislatura repubblicana l’articolo 80 della Costituzione è vincolante. Dall’otto maggio 1948, data dell’insediamento del primo parlamento repubblicano, nessun accordo internazionale di una delle fattispecie elencate dall’articolo 80 della nostra Carta Fondamentale, potrà mai essere ratificato senza il preventivo intervento di camera e senato attraverso due voti di espressa approvazione del contenuto della norma internazionale che l’Italia sarà chiamata a sottoscrivere. Dall’altra, però, convalida trattati che l’Italia ha stipulato nell’arco di tempo 1943 – 1948 senza che fosse intercorso un voto parlamentare. “Pacta sunt servanda” è il brocardo latino, il motto giurisprudenziale di antica saggezza, che regolamenta il diritto internazionale. Ciò che una nazione ha accettato come regolamento internazionale, non può essere ridiscusso successivamente e messo in discussione dalla stessa, anche se sono cambiati i soggetti politici che regolamentano i poteri dello stato. La Costituzione impone il coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni internazionali, ma attraverso la quinta disposizione transitoria e finale istituzionalizza e rende parti effettivi dell’ordinamento italiano quegli accordi internazionali precedente al 1948 stipulati senza il coinvolgimento delle assemblee rappresentative.

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