QUINTA DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
“La disposizione dell’articolo
80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che
impongono oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di
convocazione delle Camere”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Le disposizioni transitorie e finali sono state approvate
dalla Assemblea Costituente per regolare il passaggio fra il regime monarchico
e quello repubblicano. La loro funzione era anche quella di superare l’epoca
tragica della seconda guerra mondiale. Durante il grande conflitto le
istituzioni hanno di fatto smesso di funzionare. Le assemblee legislative, già
depauperate durante il fascismo con le leggi “fascistissime” del 1928, con l’armistizio
del 1943 e la conseguente crisi politica, furono sciolte. Il governo, l’esecutivo,
legiferava attraverso decreti. Il Governo Monarchico, fatto decadere Benito Mussolini
dalla carica di Presidente del Consiglio, dovette affrontare una crisi
gravissima. L’Italia era occupata dalle truppe tedesche al Nord e dall’esercito
statunitense al Sud. L’Italia di fatto era sottomessa al potere militare
straniero. L’esecutivo, che nel 1943, caduto Mussolini, era guidato dal
generale Pietro Badoglio, aveva anche il potere di sottoscrivere accordi
internazionali senza bisogno di ratifica da parte del parlamento, di fatto
disciolto. La stessa prassi assunsero i governi successivi. I governi di Ivanoe
Bonomi, Ferruccio Parri e Alcide De Gasperi, che si sono succeduti l’uno all’altro
fino all’insediamento delle Camere a seguito delle elezioni del 18 aprile 1948,
avevano la potestà di sottoscrivere trattati internazionali senza l’autorizzazione
delle Camere, come invece prescrive l’articolo 80 della Costituzione. L’Assemblea
Costituente stessa, che rappresentava la nazione ed era l’espressione della
volontà popolare manifestata con il voto del 2 giugno 1946, non aveva potere in
materia di trattati internazionali. I governi informavano e dialogavano con l’assise
costituente in tali materie, sentivano il suo parere, ma alla fine i trattati
si stipulavano senza un formale coinvolgimento del potere rappresentativo. Con
la promulgazione della Costituzione questo non poteva essere più. L’articolo
80, come abbiamo detto, impone che il paralamento sia coinvolto attraverso, un
suo voto necessario e vincolante, nelle questioni internazionali che vertono su
arbitrati, regolamenti giudiziari, importano variazioni del territorio ed oneri
alle finanze oltre a modificazioni di legge. Insomma la stipula dei trattati
internazionali è formalmente atto presidenziale (è il capo dello stato che
firma l’accordo ed è un suo atto, il decreto del presidente, che lo fa entrare
in vigore nella nostra repubblica), sostanzialmente atto governativo (perché è
tale organo dello stato a trattare con gli stati stranieri), ma non può
esistere senza la previa autorizzazione delle Camere. Ma tale modello
costituzionale può valere in un contesto di piena applicazione della
Costituzione. Prima dell’insediamento della prima legislatura repubblicana il
raccordo esecutivo parlamento non era possibile. La quinta disposizione
transitoria e finale da un lato specifica che al momento della nascita della
prima legislatura repubblicana l’articolo 80 della Costituzione è vincolante. Dall’otto
maggio 1948, data dell’insediamento del primo parlamento repubblicano, nessun
accordo internazionale di una delle fattispecie elencate dall’articolo 80 della
nostra Carta Fondamentale, potrà mai essere ratificato senza il preventivo
intervento di camera e senato attraverso due voti di espressa approvazione del
contenuto della norma internazionale che l’Italia sarà chiamata a sottoscrivere.
Dall’altra, però, convalida trattati che l’Italia ha stipulato nell’arco di
tempo 1943 – 1948 senza che fosse intercorso un voto parlamentare. “Pacta sunt
servanda” è il brocardo latino, il motto giurisprudenziale di antica saggezza,
che regolamenta il diritto internazionale. Ciò che una nazione ha accettato come
regolamento internazionale, non può essere ridiscusso successivamente e messo
in discussione dalla stessa, anche se sono cambiati i soggetti politici che
regolamentano i poteri dello stato. La Costituzione impone il coinvolgimento del
Parlamento nelle decisioni internazionali, ma attraverso la quinta disposizione
transitoria e finale istituzionalizza e rende parti effettivi dell’ordinamento
italiano quegli accordi internazionali precedente al 1948 stipulati senza il
coinvolgimento delle assemblee rappresentative.
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