ARTICOLO 130
“Un organo della
Regione costituito nei modi stabiliti dalla legge della Repubblica, esercita,
anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle
Province, dei Comini e degli altri enti locali.
In casi determinati
dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di
richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.
( abrogato dall’articolo 9, comma 2, della Legge Costituzionale del 18 ottobre
2001, n.3)
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Questo articolo è stato abrogato con la riforma
Costituzionale del 18 ottobre 2001. Quando era in vigore prevedeva l’esistenza
di un organo regionale che avesse il compito di controllare gli atti
amministrativi di comuni, province e degli altri enti locali se riguardavano
materie di cui la regione avesse potestà legislativa. La legge Scelba del 10
febbraio 1953, n 62, ne prevedeva l’esistenza, di fatto entrò in vigore con la
nascita istituzionale delle Regioni, con i cosiddetti decreti delegati del
1971, atti legislativi che diedero vita all’istituzione regionale. Tale organo
era denominato Comitato Regionale di Controllo (era anche identificato con l’acronimo
Co. Re. Co.). Aveva la potestà di controllo preventivo anche sugli atti
amministrativi delle Unità sanitarie Locali. Di conseguenza, come è facile
intuire, aveva il delicato compito di controllare l’attività della sanità
locale, un ambito delicatissimo perché tocca il diritto alla salute di ogni
cittadino. La Legge numero 62 del 1955 prevedeva che i membri del Co. Re. Co
erano nominati dal Presidente della Giunta Regionale. Doveva essere composto da
nove membri. Tre di effettiva nomina del Presidente della Giunta Regionale, tre
designati dal Commissario di Governo e tre nominati dal presidente del
tribunale regionale amministrativo, questi ultimi dovevano essere giudici
amministrativi in servizio presso il T.A.R. Tale organo aveva il compito di
annullare gli atti amministrativi che fossero illegittimi, lo doveva fare con
un ordinanza motivata. L’ente che aveva commesso l’irregolarità aveva
tassativamente venti giorni per sanare l’atto ed evitare che quest’ultimo fosse
espulso definitivamente dagli atti amministrativi dello stato. Il Co. Re. Co.
fungeva da controllo preventivo degli atti amministrativi. Ancor prima che
questi fossero nel pieno della loro effettività, dovevano essere vagliati e, se
necessario, censurati. Le amministrazioni avevano un termine perentorio di
pochi giorni per inviare gli atti al CORECO. Era per garantire l’imparzialità
della funzione amministrativa. Si voleva garantire la vigilanza su tutti gli
uffici pubblici locali. Come afferma il secondo comma dell’articolo 130 vi doveva
essere un controllo di merito, cioè bisognava appurare se l’atto amministrativo
era congruo per le finalità che l’ente pubblico si prefiggeva. Quindi il Co.
Re. Co. svolgeva un’opera di vigilanza anche sulla forma dell’atto, cioè
controllava se l’atto fosse stato emanato e avesse seguito le procedure di
attuazione e istituzionali previste dalla legge. Oggi questo compito di controllo
è svolto esclusivamente dai Tribunali Amministrativi Regionali. È un atto successivo alla nascita dell’atto ed eventuale,
cioè il controllo avviene dopo l’entrata in vigore dell’atto e solo se viene
impugnato da una persona fisica o giuridica davanti al tribunale. Il Co. Re.
Co. non aveva un’unica sede regionale. Nato come espressione della potestà di
controllo dell’ente regione sugli enti locali autonomi, aveva una sede centrale
presso il capoluogo di provincia e una sede decentrata per ogni capoluogo di
provincia. Insomma questo organo, ormai non più operante, svolgeva il compito
di controllo preventivo degli atti dell’amministrazione locale. Aveva il
compito di non rendere effettivi ed efficaci gli atti che non seguivano le
norme di buon andamento amministrativo. Era di fatto un controllo politico
della Regione su Comuni, enti provinciali e unità sanitarie locali, visto il
ruolo preponderante del Presidente della Regione nella designazione dei suoi
componenti. Oggi, in forza del principio dell’autonomia e dell’indipendenza
amministrativa di tutti gli organi dello stato, è stato abrogato, lo si è fatto
con una scelta radicale, cioè abrogando interamente l’articolo 130 della
Costituzione, quindi allo stato delle cose appare da considerare
incostituzionale ogni atto di controllo preventivo di un atto amministrativo da
parte di un organo estraneo all’istituzione che lo emana, a parte il giudice
ordinario e amministrativo, che hanno il compito di tutelare la legalità.
Bisogna dire che non sembra che la scomparsa del Co. Re. Co. abbia mutato
radicalmente la situazione amministrativa. Non si registrano particolari
cambiamenti radicali nella gestione amministrativa. Al contrario l’abolizione
del Commissario Governativo addetto al controllo degli atti amministrativi
regionali ha portato un incremento dell’uso personale dei fondi della Pubblica
Amministrazione. Ricordiamo i casi in Piemonte, Veneto e Lombardia in cui la
maggioranza di destra ha utilizzato le risorse regionali per fini non consoni
ai bisogni dello stato. Ricordiamo la questione delle “mutande padane”, cioè la
scelta da parte del Presidente del Piemonte Cota di comprare a spese della
regione gadget del partito Lega Nord, per finanziarlo. Se è stato possibile
fare ciò è perché non vi è più un controllo amministrativo degli atti
regionali, gli amministratori leghisti hanno potuto fare ciò che volevano delle
risorse piovute da Roma,come dicono loro, in realtà pagate con le tasse dei
cittadini che li hanno votati. È tempo di cambiare, forse, di tornare a un
controllo più stringente dell’attività amministrativa Regionale, Provinciale e
comunale.
Nessun commento:
Posta un commento