ARTICOLO 116
“Il Friuli Venezia
Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino – Alto Adige / Sudtirol e la Valle
d’Aosta / Vallee d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di
autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino –
Alto Adige / Sudtirol è costituito dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Ulteriori forme e
condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo
comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo
articolo alla lettera l),
limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono
essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della
Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui
all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei
componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. “
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le
autonomie locali. Questo afferma con forza l’articolo cinque della
Costituzione. In base a questo principio fondamentale lo stato riconosce che le
caratteristiche morfologiche del territorio, le condizioni socio culturali e l’evoluzione
storica della società di alcune Regioni del paese impongano che queste godano
di alcune particolari forme di autonomia superiori a quelle delle altre regini.
Il primo comma dell’articolo 116 elenca le regioni che godono di questo status.
Sono il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, il Trentino – Alto Adige /Sudtirol
e Valle d’Aosta /Vallee d’Aoste. Come si manifesta tale forma di autonomia
speciale? Attraverso i loro Statuti Regionali. Ricordiamo che i primi statuti
speciali furono approvati dalla stessa assemblea Costituente. I nostri padri
della Repubblica ritennero necessario occuparsi non solo della Carta
Fondamentale della Nazione, ma anche delle regole poste agli enti locali di
particolari regioni della nazione. Tali statuti sono il fondamento dell’ordinamento
giuridico di ciascuna regione. Mentre gli statuti delle altre regioni sono
semplicemente approvati dal consiglio regionale, quelli delle regioni a statuto
speciale devono essere confermate da un voto parlamentare per giunta aggravato
dalla procedura legislativa di una legge costituzionale. Gli statuti speciali
derogano ai dettami costituzionali dell’articolo 117 e seguenti, dedicati alla
divisione dei poteri legislativi e amministrativi fra stato centrale e regioni
a statuto ordinario. Gli statuti speciali danno maggiore potere alle regioni.
Per questo motivo, per la loro capacità di derogare i principi di autonomia
posti dalla stessa Costituzione, per entrare in vigore devono avere un
procedimento simile alla approvazione di una legge costituzionale. Cioè devono
essere approvati dalle camere nazionali con doppia lettura, l’ultima votazione
deve essere a maggioranza assoluta dei membri di ogni ramo del Parlamento. È d’obbligo
notare che per quanto riguarda la Valle d’Aosta e l’Alto Adige la riforma del
2001 ha incastonato nella Costituzione la denominazione in tedesco, per l’Alto
Adige, e in francese, per la Valle d’Aosta, delle due realtà locali per
riconoscere la realtà bilingue del territorio, sensibilità assente nella
vecchia modulazione dello stesso articolo, poi novellato. Quello che è
necessario sottolineare è la peculiarità degli statuti speciali rispetto a
quelli ordinari. Essi danno un potere di legislazione esclusiva alle regioni in
materie, quali la gestione amministrativa degli uffici giudiziari, la gestione
di uffici locali dell’erario, i programmi scolastici, che normalmente sono
materia legislativa statale. Insomma le Regioni a Statuto speciale godono di un’autonomia
ben maggiore rispetto alle altre realtà locali. I governi regionali hanno
poteri amministrativi ampi su varie sfere di competenza che normalmente sono
statuali. Insomma lo statuto speciale è la fonte di autonomia e indipendenza. È
importantissimo sottolineare che il fine ultimo di questa forma di
decentramento è la tutela del cittadino. Il principio di uguaglianza impone che
chiunque abbia il diritto di vedersi tutelate le proprie caratteristiche
culturali e linguistiche. È compito della nazione preservare la ricchezza
prodotta dalla pluralità culturale. La
ricchezza custodita dalla Sicilia, dall’Alto Adige e dalle altre regioni è
soprattutto una ricchezza storica, di tradizioni millenarie. Queste vanno
valorizzate dando strumenti per esplicitarle. Questo è il senso della
legislazione speciale regionale. Dare alla complessità la possibilità di
esprimersi al fine di produrre effetti benefici sull’intera comunità nazionale.
Ecco perché è bene preservare le lingue e le tradizioni locali. È bene che lo
si faccia per tutte le minoranze del paese, non solo per quelle che risiedono
nelle regioni a statuto speciale. In ottica di questo fra gli anni ’90 e 00 si sono fatte leggi che
promuovono la peculiarità linguistica di alcune popolazioni site in regioni non
a statuto speciale. Minoranze albanesi e greche, ad esempio, che vivono nelle
regioni peninsulari del meridione. La diversità è ricchezza. Va tutelata.
Questo è il senso dell’ordinamento regionale differenziato. Bisogna che ci
siano leggi differenti a regolamentare situazioni differenti. L’omologazione
distrugge e non arricchisce l’afflato etico che porta alla ricerca di una
comune cultura.
L’ultimo comma dell’articolo 116 prima della riforma costituzionale
non c’era. Il riformatore ha voluto introdurre una novità rispetto al passato
che vale per tutte le regioni, sia quelle a statuto ordinario che quelle a
statuto speciale. I poteri legislativi e amministrativi delle regioni possono
essere ampliati, possono espandersi otre i paletti posti dalla stessa
Costituzione. Lo stato e le regioni possono “trattare” affinché alcune materie
legislative normalmente affidate allo Stato possano diventare di competenza
regionale. Questa è una novità fondamentale, che avvicina il nostro ordinamento
agli stati federali. Le regioni possono dialogare con le istituzioni
governative nazionali quasi come se fossero entità giuridicamente autonome,
quasi fossero entità statuali indipendenti. Ora questa è una definizione
esagerata. Le Regioni rimangono enti costituzionali locali, non sono
equiparabili a stati indipendenti. Certo che l’ente regionale può contrattare
forme di ulteriore autonomia. Per farlo deve proporre una legge al governo che
la presenterà al parlamento che, se riterrà opportuno, la approverà. Sono molte
le regioni che hanno chiesto maggiore autonomia e la concessione di ulteriori
poteri legislativi. Ricordiamo le domande di decentramento poste dalla regione
Veneto, Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna. Questi ulteriori poteri regionali
possono riguardare la giurisdizione, cioè il funzionamento dei tribunali per
quanto riguarda il giudice di pace, le norme sull’istruzione e la tutela dell’ambiente.
Materie importantissime e delicatissime, che hanno un‘indubbia valenza locale.
Lo stato e le regioni debbono vagliare con attenzione l’opportunità di questo
decentramento. Da un lato l’intervento regionale potrebbe essere un prezioso
arricchimento giuridico e culturale in materie così delicate, dall’altro
potrebbe essere un modo per accentuare le diseguaglianze nel territorio
nazionale. Per questo motivo eventuali riforme e deleghe legislative devono
essere approvate dal parlamento a maggioranza assoluta, previo un proficuo
dialogo istituzionale fra Stato, governo nazionale, e Regione.
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