mercoledì 2 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 116



ARTICOLO 116

“Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino – Alto Adige / Sudtirol e la Valle d’Aosta / Vallee d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino – Alto Adige / Sudtirol è costituito dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alla lettera l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. “

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

La Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali. Questo afferma con forza l’articolo cinque della Costituzione. In base a questo principio fondamentale lo stato riconosce che le caratteristiche morfologiche del territorio, le condizioni socio culturali e l’evoluzione storica della società di alcune Regioni del paese impongano che queste godano di alcune particolari forme di autonomia superiori a quelle delle altre regini. Il primo comma dell’articolo 116 elenca le regioni che godono di questo status. Sono il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, il Trentino – Alto Adige /Sudtirol e Valle d’Aosta /Vallee d’Aoste. Come si manifesta tale forma di autonomia speciale? Attraverso i loro Statuti Regionali. Ricordiamo che i primi statuti speciali furono approvati dalla stessa assemblea Costituente. I nostri padri della Repubblica ritennero necessario occuparsi non solo della Carta Fondamentale della Nazione, ma anche delle regole poste agli enti locali di particolari regioni della nazione. Tali statuti sono il fondamento dell’ordinamento giuridico di ciascuna regione. Mentre gli statuti delle altre regioni sono semplicemente approvati dal consiglio regionale, quelli delle regioni a statuto speciale devono essere confermate da un voto parlamentare per giunta aggravato dalla procedura legislativa di una legge costituzionale. Gli statuti speciali derogano ai dettami costituzionali dell’articolo 117 e seguenti, dedicati alla divisione dei poteri legislativi e amministrativi fra stato centrale e regioni a statuto ordinario. Gli statuti speciali danno maggiore potere alle regioni. Per questo motivo, per la loro capacità di derogare i principi di autonomia posti dalla stessa Costituzione, per entrare in vigore devono avere un procedimento simile alla approvazione di una legge costituzionale. Cioè devono essere approvati dalle camere nazionali con doppia lettura, l’ultima votazione deve essere a maggioranza assoluta dei membri di ogni ramo del Parlamento. È d’obbligo notare che per quanto riguarda la Valle d’Aosta e l’Alto Adige la riforma del 2001 ha incastonato nella Costituzione la denominazione in tedesco, per l’Alto Adige, e in francese, per la Valle d’Aosta, delle due realtà locali per riconoscere la realtà bilingue del territorio, sensibilità assente nella vecchia modulazione dello stesso articolo, poi novellato. Quello che è necessario sottolineare è la peculiarità degli statuti speciali rispetto a quelli ordinari. Essi danno un potere di legislazione esclusiva alle regioni in materie, quali la gestione amministrativa degli uffici giudiziari, la gestione di uffici locali dell’erario, i programmi scolastici, che normalmente sono materia legislativa statale. Insomma le Regioni a Statuto speciale godono di un’autonomia ben maggiore rispetto alle altre realtà locali. I governi regionali hanno poteri amministrativi ampi su varie sfere di competenza che normalmente sono statuali. Insomma lo statuto speciale è la fonte di autonomia e indipendenza. È importantissimo sottolineare che il fine ultimo di questa forma di decentramento è la tutela del cittadino. Il principio di uguaglianza impone che chiunque abbia il diritto di vedersi tutelate le proprie caratteristiche culturali e linguistiche. È compito della nazione preservare la ricchezza prodotta dalla pluralità culturale.  La ricchezza custodita dalla Sicilia, dall’Alto Adige e dalle altre regioni è soprattutto una ricchezza storica, di tradizioni millenarie. Queste vanno valorizzate dando strumenti per esplicitarle. Questo è il senso della legislazione speciale regionale. Dare alla complessità la possibilità di esprimersi al fine di produrre effetti benefici sull’intera comunità nazionale. Ecco perché è bene preservare le lingue e le tradizioni locali. È bene che lo si faccia per tutte le minoranze del paese, non solo per quelle che risiedono nelle regioni a statuto speciale. In ottica di questo  fra gli anni ’90 e 00 si sono fatte leggi che promuovono la peculiarità linguistica di alcune popolazioni site in regioni non a statuto speciale. Minoranze albanesi e greche, ad esempio, che vivono nelle regioni peninsulari del meridione. La diversità è ricchezza. Va tutelata. Questo è il senso dell’ordinamento regionale differenziato. Bisogna che ci siano leggi differenti a regolamentare situazioni differenti. L’omologazione distrugge e non arricchisce l’afflato etico che porta alla ricerca di una comune cultura.
L’ultimo comma dell’articolo 116 prima della riforma costituzionale non c’era. Il riformatore ha voluto introdurre una novità rispetto al passato che vale per tutte le regioni, sia quelle a statuto ordinario che quelle a statuto speciale. I poteri legislativi e amministrativi delle regioni possono essere ampliati, possono espandersi otre i paletti posti dalla stessa Costituzione. Lo stato e le regioni possono “trattare” affinché alcune materie legislative normalmente affidate allo Stato possano diventare di competenza regionale. Questa è una novità fondamentale, che avvicina il nostro ordinamento agli stati federali. Le regioni possono dialogare con le istituzioni governative nazionali quasi come se fossero entità giuridicamente autonome, quasi fossero entità statuali indipendenti. Ora questa è una definizione esagerata. Le Regioni rimangono enti costituzionali locali, non sono equiparabili a stati indipendenti. Certo che l’ente regionale può contrattare forme di ulteriore autonomia. Per farlo deve proporre una legge al governo che la presenterà al parlamento che, se riterrà opportuno, la approverà. Sono molte le regioni che hanno chiesto maggiore autonomia e la concessione di ulteriori poteri legislativi. Ricordiamo le domande di decentramento poste dalla regione Veneto, Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna. Questi ulteriori poteri regionali possono riguardare la giurisdizione, cioè il funzionamento dei tribunali per quanto riguarda il giudice di pace, le norme sull’istruzione e la tutela dell’ambiente. Materie importantissime e delicatissime, che hanno un‘indubbia valenza locale. Lo stato e le regioni debbono vagliare con attenzione l’opportunità di questo decentramento. Da un lato l’intervento regionale potrebbe essere un prezioso arricchimento giuridico e culturale in materie così delicate, dall’altro potrebbe essere un modo per accentuare le diseguaglianze nel territorio nazionale. Per questo motivo eventuali riforme e deleghe legislative devono essere approvate dal parlamento a maggioranza assoluta, previo un proficuo dialogo istituzionale fra Stato, governo nazionale, e Regione.

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