SECONDA DISPOSIZIONE
TRANSITORIA E FINALE
“Se alla data della
elezione del Presidente della Repubblica non sono costituiti tutti i Consigli
regionali, partecipano alla elezione soltanto i componenti delle due Camere”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Per comprendere il senso della seconda disposizione
transitoria e finale bisogna ricordare cosa prescrive l’articolo 83 della
Costituzione. I primi due comma di tale articolo dicono: Il Presidente della
Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. / All’elezione
partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in
modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha
un solo delegato”. Alla luce di ciò appare chiaro che i rappresentanti dei
consigli regionali sono elettori del presidente della repubblica. In realtà
fino al 1970, anno di costituzione dell’ordinamento regionale ordinario, le
Regioni non avevano una forma di autogoverno. I decreti delegati del 1970, in cui
furono trasferiti i poteri amministrativi alle regione in forza di ciò che
indicava il titolo V della Costituzione. In base a ciò si istituì il Consiglio
Regionale. Solo da allora è stato possibile che si designassero i delegati
regionali. Quindi con la nascita delle regioni a statuto ordinario questa norma
transitoria ha perso efficacia. Tale norma autorizzava il solo parlamento in
seduta comune ad eleggere il presidente della Repubblica. Tale regola ha avuto
effetto fin quando le regioni a statuto ordinario non sono entrate nel pieno
delle loro funzioni. È bene sottolineare
che la Repubblica ci ha messo più di vent’anni per rendere effettivo un’istituzione,
quale quella Regionale, che è una dei capisaldi del nostro ordinamento. Questo
ritardo storico ha avuto conseguenze rilevanti, non certo per la mancata
designazione dei delegati regionali alla elezione del presidente della
Repubblica, visto l’esiguo numero di tali rappresentanti, una quarantina scarsa,
poca cosa rispetto ai mille componenti del Parlamento. Ha avuto conseguenze nel
mancato avvio delle istituzioni locali che dovevano avere un profondo legame
con la cittadinanza. Le Regioni dovevano essere il cuore della rinascita
repubblicana, per questo motivo i Costituenti hanno voluto che una loro
rappresentanza partecipasse all’elezione del Presidente della Repubblica, per
consolidare l’immagine di una Repubblica Italiana fondata sull’autonomia locale,
invece ci sono voluti decenni perché ciò avvenisse. Questo ci fa meditare sulla
poco lungimiranza di una classe politica che ha visto nel regionalismo un
pericolo per il loro potere, più che una speranza per il futuro. Certo la
classe dirigente di oggi non è da meno, se ieri non si voleva dare potere alle
regioni per non cedere autorità, oggi le regioni sono diventate strumento di
arricchimento, vedi i vari scandali giudiziari vertenti sugli sprechi
regionali. Ma cambiare è possibile. Costruire una politica basata sulla
partecipazione effettiva dei cittadini può essere un modo per migliorare la
qualità politica locale e anche nazionale. Se le Regioni hanno in parte fallito
al loro mandato storico e istituzionale, lo si deve anche al ritardo,
colpevole, della loro costituzione. Bisogna dirlo questa seconda disposizione
transitoria è la manifestazione di un fallimento storico di un’intera
generazione politica.
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