mercoledì 23 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 137



ARTICOLO 137

“Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie di indipendenza dei giudici della Corte.

Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.

Contro le decisioni della Corte Costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

La Corte Costituzionale è l’organo giudiziale preposto a difesa dei valori e dei dettami iscritti nella Costituzione. La sua operatività è realizzabile attraverso  delle leggi costituzionali ed ordinarie che ne regolamentano il funzionamento e l’organizzazione. L’entrata in vigore della nostra Carta Fondamentale non ha coinciso con l’istituzione dell’organo di controllo delle leggi. Il 31 gennaio 1948 Iniziò l’iter legislativo, che doveva concludersi il 10 maggio 1955 con il discorso di insediamento della consulta. Quel giorno del ’48 fu approvata, abbastanza celermente, la legge costituzionale che stabiliva le modalità dei termini di proponibilità dei giudici di legittimità costituzionale, ottemperando al primo comma dell’articolo 137 della nostra legge fondamentale. In base a questa norma un cittadino non può adire direttamente la corte, come avviene ad esempio in Spagna. La questione di legittimità deve essere posta da un giudice, nell’esercizio della funzione giudicante. Insomma la questione di Costituzionalità può essere posta in udienza. Durante lo svolgersi del processo si costata che la norma che si dovrebbe applicare per dirimere la vertenza potrebbe  peccare di costituzionalità, davanti a questa costatazione il giudice blocca il contenzioso e rinvia gli atti alla Corte Costituzionale, motivando le ragioni per cui ritiene che la legge in questione pecchi dei crismi di costituzionalità. Insomma si può indire la corte solo se ci si trova in un processo. Vedremo, però, che organi dello stato apicali, cioè che sono posti al grado più alto della scala gerarchica, possono rivolgersi alla corte costituzionale impugnando atti amministrativi e legislativi di altre autorità statali che ledano le proprie attribuzioni. Le Regioni possono impugnare atti del governo nazionale, e viceversa. I giudici, in veste di rappresentanti del potere giudiziario, possono impugnare atti amministrativi e leggi del governo  che ledono la loro autonomia, perfino la stessa Corte Costituzionale può impugnare presso se stessa atti che ledono la propria indipendenza. Possono agire per conflitto di attribuzione le due camere del parlamento, o una sola di esse, e tutti gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, cioè tutte le istituzioni che la Carta fondamentale o ritiene fondamentali per l’ordinamento dello stato o, comunque, ritiene degne di tutela costituzionale. È importassimo chiarire le modalità per condurre un processo costituzionale. Deve essere da un lato chiaro chi sono i soggetti che possono presenziare all’udienza. E’ da ritenersi necessaria la presenza dello stato, o meglio dell’avvocatura dello stato, a difesa dell’ordinamento giuridico e della sua integrità. Possono presentarsi come parti coloro che erano parti nel processo in cui è stata dichiarata la dubbia costituzionalità di una legge. Soggetti che partecipano ad altri processi, anch’essi sospesi, in cui si richiede l’applicazione della stessa norma. Possono adire organizzazioni e associazioni di cittadini, ma la loro presenza deve essere vagliata dalla corte, che può decidere che non sia opportuna la loro iscrizione come parti del processo.

Bisogna dire che le due leggi che ordinano il funzionamento della corte sono la legge costituzionale n. 1 del 1953 e la legge ordinaria n. 87 dello stesso anno. Dopo cinque anni di immobilismo, dovuto anche a pregiudizi di natura politica, era visto di malocchio da parte dei partiti il fatto che un organo giuridico, non eletto dal popolo, potesse sindacare sull’operato del parlamento, espressione della volontà popolare, queste due leggi fecero nascere la Corte Costituzionale.  La prima regolamenta le modalità di designazione dei giudici, come si eleggono i quindici membri ordinari e i sedici membri aggiunti, in caso la corte assuma il ruolo di corte penale. La seconda disegna le linee generali dell’ordinamento interno della Corte, indica come si strutturano le udienze e le riunioni dell’assemblea, indica quali siano gli organi necessari, il presidente della Consulta. Insomma la Corte Costituzionale è operativa da quando le norme attuative dell’articolo 137 sono entrate in vigore. Ancora una volta appare lampante che la Costituzione è viva e cogente per tutti solo attraverso l’opera attiva, non solo delle istituzioni e, soprattutto, della Corte Costituzionale, ma anche dei cittadini. Se i valori di solidarietà, uguaglianza e libertà incisi nella carta fondamentale sono vivi è perché sono difesi dai cittadini. In regioni degradate e decadenti del nostro paese questo senso dei valori manca. Ogni giorno disabili, appartenenti a minoranze, donne vengono non solo offesi, ma anche violentati fisicamente. Vediamo le violenze sulle donne. Vediamo i tanti disabili oggetto di sfregi, pensiamo al caso della donna disabile picchiata e insultata in un bar alla periferia di Roma da un malavitoso. Pensiamo ai tanti disabili emarginati, senza lavoro, senza dignità sociale. Pensiamo ai diritti negati di libertà di pensiero e di parola. La Corte Costituzionale non può risolvere questi problemi, non può dichiarare incostituzionale uno sfottò al disabile che balbetta, una violenza o una parola sboccata rivolta a una donna, non può dichiarare incostituzionale i soprusi. Deve giudicare le leggi, deve appurare la loro conformità alla Costituzione, può al limite dichiarare incostituzionali norme che favoriscono la discriminazione, anzi è bene che lo faccia. L’opera di attuazione dei valori costituzionali deve rimanere delle istituzioni. Deve essere prerogativa dei comuni, che si devono operare in azioni di inclusione sociale e devono censurare coloro che discriminano. La stessa cosa devono fare Province e Regioni. L’impegno è grande e gravoso. La costituzione si applica censurando le imprese che discriminano donne e disabili. Censurando la cultura che esalta la “razza”, quale poi? Non si sa! Diceva Albert Hainstain: esiste solo una razza quella umana. Insomma la Costituzione si difende in aula, davanti alla Corte Costituzionale, chiamata a censurare le norme scritte non ottemperando i suoi alti dettami, ma si difende anche nella quotidianità, attraverso l’acquisizione di quei valori che devono essere patrimonio della intera cittadinanza. Mi è capitato di sentire la frase: sono valori tuoi! Si stava discutendo di solidarietà e di passione per l’impegno sociale, due avventori stavano proponendo le loro idee, uno pensava che era bene che l’articolo 3, che propone l’uguaglianza sostanziale delle persone, fosse da applicare, l’altro no. Beh la Corte Costituzionale non può dichiarare inammissibile il pensiero di colui che rifiuta il concetto di solidarietà. Non può dire: un attimo i valori costituzionali non sono proprietà del tuo interlocutore, ma di tutti, anche tuoi. Quello che deve sorgere è una cultura della conoscenza dei valori, una cultura che parte dai piccoli centri e dalle società di persone. La Costituzione può essere strumento di sviluppo culturale.  È bene che sia difesa, che sia attuata quella istanza di libertà e giustizia che ha animato i nostri padri costituenti. La Costituzione, come diceva Piero Calamandrei, è nata sui monti dove combattevano i partigiani, nei lager ove i prigionieri erano torturati e uccisi, è nata dove la cultura prevaricatrice ha manifestato la sua più becera violenza e dove la reazione libertaria ha donato martiri alla patria. Per questo motivo la Costituzione va protetta, va rispettata, non solo attraverso l’opera della consulta ma attraverso l’impegno costante dei cittadini. La Costituzione non è un bene di pochi, ma un patrimonio di tutti.

L’ultimo comma dell’articolo 137 dice che le decisioni della Corte costituzionale sono inappellabili. Non c’è un tribunale superiore alla Consulta. In materie costituzionali la corte è  l’unico giudice preposto a decidere. È d’uopo ricordare che fino al 10 maggio 1955, giorno della nascita della Consulta, in via provvisoria era la Corte di Cassazione, il più alto organo di giustizia ordinaria, a pronunciarsi in caso di incostituzionalità di una legge. È bene ricordare che in tali frangenti l’alto tribunale si limitava a disapplicare la legge, ma non la espelleva, abrogava, dal nostro ordinamento giuridico. Gli altri giudici, però, erano chiamati a tener conto della sua ingiunzione e non applicare anche loro la legge, fin quando il Parlamento non l’avesse abrogata. La Corte Costituzionale invece cancella le leggi incostituzionali, la norma incriminata cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, come ricorda l’articolo 136 primo comma della Costituzione. Ora è importante ricordare che la Corte Costituzionale è il primo garante dell’integrità istituzionale della Repubblica. È lei che deve garantire che qualunque atto normativo illegittimo sia espulso dal nostro ordinamento. È l’organo che decide l’ammissibilità dei quesiti referendari in forza dell’articolo 75 ultimo comma della Costituzione. Insomma è chiamata a controllare l’attività di democrazia diretta che il popolo italiano è chiamato ad esercitare attraverso i referenda. Non deve essere visto ciò come un atto di restringimento della volontà popolare, deve essere interpretato come atto di riconoscimento del popolo, dell’elettorato, quale organo dello stato che partecipa e determina la formazione delle leggi. In quanto assurge a tale funzione il popolo deve essere sottomesso non certo alla corte costituzionale, ma agli alti valori incisi nella nostra Carta Fondamentale, ecco perché l’azione dei comitati promotori dei referenda deve essere messa sotto il monitoraggio della corte, chiamata a giudicare se il quesito referendario lede gli articoli costituzionali. Ricordiamo che la costituzione vieta che vi possano essere referendum in materia di accordi internazionali, di amnistia ed indulto, di bilancio e di tributi. A questo proposito imbarazza l’idea che Salvini, promotore dell’incostituzionale “referendum sull’euro” (che verte su trattati internazionali), possa diventare ministro della repubblica. Ma si sa lo sfilacciamento etico e morale della nostra Italia permette che avvenga anche questo. Permette che una persona che si è manifestata contro i valori costituzionali, possa diventare ministro giurando su di essa. Insomma la stessa incoltura che porta a rifiutare i valori di solidarietà sociale iscritti nella costituzione, determina la presenza di Savini al Viminale, infatti secondo voci il segretario della Lega dovrebbe essere ministro degli interni.

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