ARTICOLO 137
“Una legge
costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità
dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie di indipendenza dei
giudici della Corte.
Con legge ordinaria
sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento
della Corte.
Contro le decisioni
della Corte Costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La Corte Costituzionale è l’organo giudiziale preposto a
difesa dei valori e dei dettami iscritti nella Costituzione. La sua operatività
è realizzabile attraverso delle leggi
costituzionali ed ordinarie che ne regolamentano il funzionamento e l’organizzazione.
L’entrata in vigore della nostra Carta Fondamentale non ha coinciso con l’istituzione
dell’organo di controllo delle leggi. Il 31 gennaio 1948 Iniziò l’iter
legislativo, che doveva concludersi il 10 maggio 1955 con il discorso di
insediamento della consulta. Quel giorno del ’48 fu approvata, abbastanza
celermente, la legge costituzionale che stabiliva le modalità dei termini di
proponibilità dei giudici di legittimità costituzionale, ottemperando al primo
comma dell’articolo 137 della nostra legge fondamentale. In base a questa norma
un cittadino non può adire direttamente la corte, come avviene ad esempio in
Spagna. La questione di legittimità deve essere posta da un giudice, nell’esercizio
della funzione giudicante. Insomma la questione di Costituzionalità può essere
posta in udienza. Durante lo svolgersi del processo si costata che la norma che
si dovrebbe applicare per dirimere la vertenza potrebbe peccare di costituzionalità, davanti a questa costatazione
il giudice blocca il contenzioso e rinvia gli atti alla Corte Costituzionale,
motivando le ragioni per cui ritiene che la legge in questione pecchi dei
crismi di costituzionalità. Insomma si può indire la corte solo se ci si trova
in un processo. Vedremo, però, che organi dello stato apicali, cioè che sono
posti al grado più alto della scala gerarchica, possono rivolgersi alla corte
costituzionale impugnando atti amministrativi e legislativi di altre autorità
statali che ledano le proprie attribuzioni. Le Regioni possono impugnare atti del
governo nazionale, e viceversa. I giudici, in veste di rappresentanti del
potere giudiziario, possono impugnare atti amministrativi e leggi del
governo che ledono la loro autonomia,
perfino la stessa Corte Costituzionale può impugnare presso se stessa atti che
ledono la propria indipendenza. Possono agire per conflitto di attribuzione le
due camere del parlamento, o una sola di esse, e tutti gli organi
costituzionali e di rilevanza costituzionale, cioè tutte le istituzioni che la
Carta fondamentale o ritiene fondamentali per l’ordinamento dello stato o,
comunque, ritiene degne di tutela costituzionale. È importassimo chiarire le
modalità per condurre un processo costituzionale. Deve essere da un lato chiaro
chi sono i soggetti che possono presenziare all’udienza. E’ da ritenersi
necessaria la presenza dello stato, o meglio dell’avvocatura dello stato, a
difesa dell’ordinamento giuridico e della sua integrità. Possono presentarsi
come parti coloro che erano parti nel processo in cui è stata dichiarata la
dubbia costituzionalità di una legge. Soggetti che partecipano ad altri
processi, anch’essi sospesi, in cui si richiede l’applicazione della stessa
norma. Possono adire organizzazioni e associazioni di cittadini, ma la loro
presenza deve essere vagliata dalla corte, che può decidere che non sia
opportuna la loro iscrizione come parti del processo.
Bisogna dire che le due leggi che ordinano il funzionamento
della corte sono la legge costituzionale n. 1 del 1953 e la legge ordinaria n.
87 dello stesso anno. Dopo cinque anni di immobilismo, dovuto anche a
pregiudizi di natura politica, era visto di malocchio da parte dei partiti il
fatto che un organo giuridico, non eletto dal popolo, potesse sindacare sull’operato
del parlamento, espressione della volontà popolare, queste due leggi fecero
nascere la Corte Costituzionale. La
prima regolamenta le modalità di designazione dei giudici, come si eleggono i
quindici membri ordinari e i sedici membri aggiunti, in caso la corte assuma il
ruolo di corte penale. La seconda disegna le linee generali dell’ordinamento
interno della Corte, indica come si strutturano le udienze e le riunioni dell’assemblea,
indica quali siano gli organi necessari, il presidente della Consulta. Insomma
la Corte Costituzionale è operativa da quando le norme attuative dell’articolo
137 sono entrate in vigore. Ancora una volta appare lampante che la
Costituzione è viva e cogente per tutti solo attraverso l’opera attiva, non
solo delle istituzioni e, soprattutto, della Corte Costituzionale, ma anche dei
cittadini. Se i valori di solidarietà, uguaglianza e libertà incisi nella carta
fondamentale sono vivi è perché sono difesi dai cittadini. In regioni degradate
e decadenti del nostro paese questo senso dei valori manca. Ogni giorno
disabili, appartenenti a minoranze, donne vengono non solo offesi, ma anche
violentati fisicamente. Vediamo le violenze sulle donne. Vediamo i tanti
disabili oggetto di sfregi, pensiamo al caso della donna disabile picchiata e
insultata in un bar alla periferia di Roma da un malavitoso. Pensiamo ai tanti
disabili emarginati, senza lavoro, senza dignità sociale. Pensiamo ai diritti
negati di libertà di pensiero e di parola. La Corte Costituzionale non può
risolvere questi problemi, non può dichiarare incostituzionale uno sfottò al
disabile che balbetta, una violenza o una parola sboccata rivolta a una donna,
non può dichiarare incostituzionale i soprusi. Deve giudicare le leggi, deve
appurare la loro conformità alla Costituzione, può al limite dichiarare
incostituzionali norme che favoriscono la discriminazione, anzi è bene che lo
faccia. L’opera di attuazione dei valori costituzionali deve rimanere delle
istituzioni. Deve essere prerogativa dei comuni, che si devono operare in azioni
di inclusione sociale e devono censurare coloro che discriminano. La stessa
cosa devono fare Province e Regioni. L’impegno è grande e gravoso. La
costituzione si applica censurando le imprese che discriminano donne e
disabili. Censurando la cultura che esalta la “razza”, quale poi? Non si sa!
Diceva Albert Hainstain: esiste solo una razza quella umana. Insomma la
Costituzione si difende in aula, davanti alla Corte Costituzionale, chiamata a
censurare le norme scritte non ottemperando i suoi alti dettami, ma si difende
anche nella quotidianità, attraverso l’acquisizione di quei valori che devono
essere patrimonio della intera cittadinanza. Mi è capitato di sentire la frase:
sono valori tuoi! Si stava discutendo di solidarietà e di passione per l’impegno
sociale, due avventori stavano proponendo le loro idee, uno pensava che era
bene che l’articolo 3, che propone l’uguaglianza sostanziale delle persone,
fosse da applicare, l’altro no. Beh la Corte Costituzionale non può dichiarare
inammissibile il pensiero di colui che rifiuta il concetto di solidarietà. Non
può dire: un attimo i valori costituzionali non sono proprietà del tuo
interlocutore, ma di tutti, anche tuoi. Quello che deve sorgere è una cultura
della conoscenza dei valori, una cultura che parte dai piccoli centri e dalle
società di persone. La Costituzione può essere strumento di sviluppo culturale.
È bene che sia difesa, che sia attuata
quella istanza di libertà e giustizia che ha animato i nostri padri
costituenti. La Costituzione, come diceva Piero Calamandrei, è nata sui monti
dove combattevano i partigiani, nei lager ove i prigionieri erano torturati e
uccisi, è nata dove la cultura prevaricatrice ha manifestato la sua più becera
violenza e dove la reazione libertaria ha donato martiri alla patria. Per
questo motivo la Costituzione va protetta, va rispettata, non solo attraverso l’opera
della consulta ma attraverso l’impegno costante dei cittadini. La Costituzione
non è un bene di pochi, ma un patrimonio di tutti.
L’ultimo comma dell’articolo 137 dice che le decisioni della
Corte costituzionale sono inappellabili. Non c’è un tribunale superiore alla
Consulta. In materie costituzionali la corte è
l’unico giudice preposto a decidere. È d’uopo ricordare che fino al 10
maggio 1955, giorno della nascita della Consulta, in via provvisoria era la
Corte di Cassazione, il più alto organo di giustizia ordinaria, a pronunciarsi in
caso di incostituzionalità di una legge. È bene ricordare che in tali frangenti
l’alto tribunale si limitava a disapplicare la legge, ma non la espelleva,
abrogava, dal nostro ordinamento giuridico. Gli altri giudici, però, erano
chiamati a tener conto della sua ingiunzione e non applicare anche loro la
legge, fin quando il Parlamento non l’avesse abrogata. La Corte Costituzionale
invece cancella le leggi incostituzionali, la norma incriminata cessa di avere
efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, come
ricorda l’articolo 136 primo comma della Costituzione. Ora è importante
ricordare che la Corte Costituzionale è il primo garante dell’integrità
istituzionale della Repubblica. È lei che deve garantire che qualunque atto
normativo illegittimo sia espulso dal nostro ordinamento. È l’organo che decide
l’ammissibilità dei quesiti referendari in forza dell’articolo 75 ultimo comma
della Costituzione. Insomma è chiamata a controllare l’attività di democrazia
diretta che il popolo italiano è chiamato ad esercitare attraverso i referenda.
Non deve essere visto ciò come un atto di restringimento della volontà
popolare, deve essere interpretato come atto di riconoscimento del popolo, dell’elettorato,
quale organo dello stato che partecipa e determina la formazione delle leggi.
In quanto assurge a tale funzione il popolo deve essere sottomesso non certo
alla corte costituzionale, ma agli alti valori incisi nella nostra Carta
Fondamentale, ecco perché l’azione dei comitati promotori dei referenda deve
essere messa sotto il monitoraggio della corte, chiamata a giudicare se il
quesito referendario lede gli articoli costituzionali. Ricordiamo che la costituzione
vieta che vi possano essere referendum in materia di accordi internazionali, di
amnistia ed indulto, di bilancio e di tributi. A questo proposito imbarazza l’idea
che Salvini, promotore dell’incostituzionale “referendum sull’euro” (che verte
su trattati internazionali), possa diventare ministro della repubblica. Ma si
sa lo sfilacciamento etico e morale della nostra Italia permette che avvenga
anche questo. Permette che una persona che si è manifestata contro i valori
costituzionali, possa diventare ministro giurando su di essa. Insomma la stessa
incoltura che porta a rifiutare i valori di solidarietà sociale iscritti nella
costituzione, determina la presenza di Savini al Viminale, infatti secondo voci
il segretario della Lega dovrebbe essere ministro degli interni.
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