ARTICOLO 123
“Ciascuna Regione ha
uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di
governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto
regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti
amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti
regionali.
Lo Statuto è
approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive
adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l’apposizione
del visto da parte del Commissario di Governo. Il Governo della Repubblica può
promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali
dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è
sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione
ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto
dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è
promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
In ogni Regione, lo
statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di
consultazione fra la Regione e gli enti locali.”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
L’articolo 123 della Costituzione indica le norme generali
che regolamentano l’istituzione e il contenuto degli Statuti Regionali. Lo
Statuto è l’atto normativo più importante che la Regione compie. Contiene le
regole della vita istituzionale regionale e disegna le alte finalità etico
politiche che l’ente locale è chiamato a perseguire. Questo fondamentale atto
giuridico deve essere in armonia con la Costituzione Italiana. È essa la fonte
del diritto su cui lo Statuto poggia. Lo Statuto deve essere in piena armonia
con i valori e con i dettami costituzionali, deve diventare prezioso strumento
per permettere alle amministrazioni locali di perseguire le finalità che sono
incise nella Carta Fondamentale della Repubblica. Insomma lo Statuto è l’espressione
dell’indipendenza dell’istituto regionale dagli altri organi dello stato ed è
la prova della sua sottomissione ai principi cardine dell’ordinamento italiano.
Lo statuto deve indicare quali siano i rapporti fra gli organi regionali e deve
garantire la fruttuosa interazione fra loro nel rispetto della legalità.
Sancisce quali siano gli organi a rilevanza statutaria. Determina quali siano
le loro funzioni. Ne determina i compiti e le modalità del loro adempimento.
Questo in armonia con la Costituzione e le leggi quadro dello stato che
delineano nelle forme generali il funzionamento di tutte le Regioni italiane.
Bisogna quindi dire che lo Statuto non è un documento giuridico libero da
vincoli. La sua compilazione, che fa il consiglio regionale, deve aver presente
in primo luogo i dettami costituzionali imposti alle regioni, ma anche le norme
approvate dal Parlamento volte a regolare la vita degli enti regionali. Insomma
lo statuto ha il compito di enunciare i compiti del Consiglio regionale, della
Giunta e del presidente della Regione. Questi tre sono organi necessari e inalienabili
per la Regione. In alcun modo lo statuto può eliminare una di queste figure
giuridiche. Le può regolamentare dando indicazioni sulla loro composizione
interna. Detta norme su come si organizza il governo regionale, su come debba
essere impostata la guida del Consiglio: indica le modalità di elezione del
Presidente del Consiglio regionali e dell’ufficio della sua presidenza. Lo
statuto indica quali siano le regole per l’approvazione delle leggi regionali. Indica
le modalità di insediamento dei consiglieri, dei membri della giunta e del
presidente della regione. Indica quali siano le modalità di proclamazione degli
eletti e di controllo di legittimità delle elezioni regionali. Come abbiamo
visto lo Statuto è un importantissimo strumento per la vita della Regione. Esso
contiene quelle regole generali che dovrebbero essere conosciute da tutti .
Sono norme che esprimono i valori di una popolazione che riconosce nel
territorio locale le fondamenta di una cultura comune. La regione dovrebbe
essere palestra di democrazia. Attraverso forme di partecipazione diretta,
quale i referendum abrogativi di leggi regionali e consultivi, mette il
cittadino come centro di tutta la vita sociale. I Referendum regionali sono
previsti dalla Costituzione Italiana. Sono regolamentati nelle linee generale
dai singoli statuti regionali. Sono normati nel dettaglio da leggi regionali.
Sono lo strumento con cui il cittadino può partecipare attivamente alle
decisioni quotidiane.Si possono indire referendum per modificare l’assetto territoriale
delle province e la soppressione, l’istituzione e la fusione di comuni. Si
possono indire referendum per costruire nuove strade. Si può chiedere alla
cittadinanza di esprimersi sulle politiche urbane, ambientali, culturali etc.
attribuite alla regione. Il sogno di una politica dal basso, fondata sulla partecipazione
attiva della cittadinanza, si può realizzare attraverso lo strumento
referendario, il più importante strumento di democrazia diretta che l’ordinamento
italiano, non solo regionale, mette a disposizione del cittadino. È bene che lo
Statuto Regionale diventi strumento al servizio della cittadinanza. Molto si è
discusso se lo statuto debba essere un mero strumento per delineare e
delimitare i poteri istituzionali regionali o debba essere anche strumento per
delineare e indicare i valori comuni alla cittadinanza. Molti hanno pensato che
immettere nello statuto principi generali e valori normativi fosse inutile. La
Costituzione Italia dà a tutti gli organi dello stato i principi generali.
Tutte le istituzioni, compresa la Regione, ha il compito di attuarli.
Iscriverli negli statuti è vista o come una mera ripetizione oppure come un
pericoloso ricettacolo di conflitti istituzionali. La prassi della compilazione
degli statuti ha smentito questa tesi. I principi espressi dal legislatore
regionale si sono dimostrati congrui e coerenti alla Costituzione, hanno
contribuito ad accrescere il valore etico giuridico dei testi. Il richiamo alla
dignità umana, al rispetto della natura, alla difesa dei più deboli, disabili e
anziani, alla parità di genere sono stati importantissimi per disegnare l’ambito
in cui le regioni devono operare per il bene comune. La scelta etica di
tutelare chi è indietro è la caratteristica fondante di tutti gli statuti. Ci
sia permesso di citare lo Statuto della regione Puglia che all’articolo 1 pone
il rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà della persona come
il fondamento del vivere civile. Insomma la solidarietà, il prendersi cura l’uno
dell’altro, il principio di sussidiarietà, cioè l’obbligo morale di impegnarsi
ad aiutare chi ci sta accanto senza delegare ad altri questo importante
compito, sono i fondamenti esplicitati nello Statuto. La cura dell’altro è un
compito delle istituzioni, ma è anche un dovere del cittadino, che è chiamato a
collaborare allo sforzo comunitario di costruire una società per tutti.
Mentre il primo comma della Costituzione Italiana delinea
succintamente quali debbano essere i contenuti dello Statuto Regionale, il
secondo comma delinea le modalità per la sua approvazione. L’organo Regionale
che è chiamato a stilarlo è il consiglio regionale. L’assemblea ha il compito
di elaboralo, nella Commissione affari istituzionali, e poi votarlo e, se
necessario, emendarlo in seduta plenaria.
Perché sia approvato deve essere adottato con due deliberazioni, che devono
avere fra loro un intervallo di almeno due mesi. Ricordiamo che le riforme
costituzionali, in forza dell’articolo 138 della Costituzione devono essere
approvate con due delibere di ciascuna camera nazionale intervallate fra loro
da tre mesi. Come vediamo il modello di approvazione dello Statuto ricalca il
modello di revisione costituzionale, anche se bisogna sempre tener presente che
l’approvazione dello statuto è un atto monocamerale, fatto solo dal Consiglio
Regionale, mentre la modifica della Costituzione è un atto bicamerale compiuto
attraverso le distinte azioni deliberative di Camera e Senato. La riforma del
2001 ha eliminato il passaggio parlamentare. Prima della novella alla
Costituzione lo statuto regionale doveva essere approvato dalle due camere
nazionali attraverso un atto normativo speciale. Tale atto consisteva soltanto
nella votazione dello statuto regionale, senza possibilità di emendarlo. Il
parlamento, insomma, poteva bocciare, con voto negativo, lo Statuto regionale o
approvarlo. Questo passaggio è stato abrogato, rendendo lo Statuto una
manifestazione della indipendenza istituzionale dell’ente regione. Lo Stato
nazionale oggi può sindacare i suoi contenuti solo se questi sono contrari alla
Costituzione, non può dare un giudizio politico sull’atto. Il Governo, a nome
dello stato centrale, può impugnare lo statuto davanti alla corte
costituzionale, ma entro trenta giorni dalla sua proclamazione. In caso di
ritardo nell’agire la sua azione è vana. Insomma questa forma di approvazione e
controllo di legittimità dello statuto regionale è nell’ottica di rafforzare l’autonomia
locale. Lo Stato. La repubblica, pone nell’ordinamento regionale il fondamento
del suo vivere. Le istituzioni regionali sono il fulcro dell’attività politica
nazionale. Il potere di autonomia deve essere il motore del paese. Dispiace
invece che spesso il potere regionale diventi strumento di spreco delle risorse
pubbliche e non potenziamento del sistema. Questo è dovuto alla mancanza di
senso etico che, purtroppo, è caratteristica della classe politica e, per certi
versi, anche della cittadinanza, spesso non aliena a compromessi.
Lo Statuto è sottoposto a referendum del corpo elettorale
regionale. Entro tre mesi dalla sua pubblicazione possono fare richiesta di
consultazione elettorale un cinquantesimo degli elettori regionali oppure un
quinto dei componenti del consiglio regionale. Questa norma, iscritta nel terzo
comma dell’articolo 123 della Costituzione, avvicina ancor di più le modalità
di approvazione dello statuto a quelle che regolamentano l’approvazione delle
riforme costituzionali. Anche in questo caso il referendum è previsto, ma non è
obbligatorio. Se entro tre mesi non è richiesto dai soggetti che la
costituzione indica come proponenti, si ritiene lo statuto approvato. Anche in
questo caso, esattamente come il referendum costituzionale, non c’è quorum, non
c’è bisogno che partecipino il 50% più uno degli aventi diritto al voto per
considerare la consultazione valida. Mentre, ricordiamolo, questo è necessario
per indicare la validità dei referendum abrogativi di legge dello Stato. Si
computano i voti validi per determinare la maggioranza. Il referendum è l’atto
attraverso cui la popolazione partecipa alla elaborazione e alla approvazione
dello statuto. È atto importantissimo. La partecipazione attiva, l’abbiamo già
detto, è il fondamento dell’ordinamento regionale, l’impegno attivo dei
cittadini è la linfa vitale che rende la regione il fulcro della vita locale. La
regione è palestra di politica. Attraverso di lei i cittadini imparano ad
esercitare il potere che la costituzione gli conferisce di cambiare, di
migliorare, di rendere più belle le istituzioni. Bisogna che, anche con l’apporto
delle formazioni politiche, la cittadinanza impari a utilizzare pienamente
questo strumento democratico. Alcune tappe di questo cammino sono state fatte,
altre bisogna farle per rendere le istituzioni, e in particolare la regione, un
bene comune.
Al fine di far diventare la regione e tutte le istituzioni
locali “bene comune” è stato pensato l’ultimo comma dell’articolo 122. Questo
prevede l’istituzione del “Consiglio delle autonomie locali”. Il compito di
costituirlo e di dargli delle regole di gestione è dato allo statuto regionale.
È un organo di consultazione che vede la
compartecipazione di tutti gli enti locali e di una rappresentanza della
società civile. Sostituisce il Co. Re. Co. organo regionale che fino alla
riforma aveva il compito di controllare e vidimare gli atti amministrativi
degli enti locali più piccoli. La riforma ha cambiato tutto. Non c’è più un
organo di controllo, ma un organo che favorisce la compartecipazione. Bisogna dire
che questo esperimento istituzionale ha dato risultati altalenanti, in molte
regioni non è stato ancora istituito, e dove c’è non ha dato risultati
brillanti. Ma l’idea è da prendere in considerazione. Mutua l’esperienza della
cosiddetta “conferenza di servizi” un istituzione e che riunisce gli uffici di
diversi organi dello stato, a livello locale e nazionale, che hanno mansioni
diverse ma finalità e obbiettivi comuni. L’idea è di mettere in comune le
forze, le capacità umane, istituzionali ed economiche, per poter raggiungere
prima, meglio e con una spesa minore l’obbiettivo. Il Consiglio delle Autonomie
Locali dovrebbe essere meglio pubblicizzato e meglio sfruttato nell’ambito dell’azione
amministrativa. La cooperazione, la compartecipazione alle decisioni
istituzionali da parte dei cittadini, è la strada per costruire una democrazia
più efficiente e migliore.
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