mercoledì 9 maggio 2018

VIAGGIO NELLA COSTITUZIONE: ARTICOLO 123

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ARTICOLO 123

“Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Lo Statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l’apposizione del visto da parte del Commissario di Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.

Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.

In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.”

Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.

L’articolo 123 della Costituzione indica le norme generali che regolamentano l’istituzione e il contenuto degli Statuti Regionali. Lo Statuto è l’atto normativo più importante che la Regione compie. Contiene le regole della vita istituzionale regionale e disegna le alte finalità etico politiche che l’ente locale è chiamato a perseguire. Questo fondamentale atto giuridico deve essere in armonia con la Costituzione Italiana. È essa la fonte del diritto su cui lo Statuto poggia. Lo Statuto deve essere in piena armonia con i valori e con i dettami costituzionali, deve diventare prezioso strumento per permettere alle amministrazioni locali di perseguire le finalità che sono incise nella Carta Fondamentale della Repubblica. Insomma lo Statuto è l’espressione dell’indipendenza dell’istituto regionale dagli altri organi dello stato ed è la prova della sua sottomissione ai principi cardine dell’ordinamento italiano. Lo statuto deve indicare quali siano i rapporti fra gli organi regionali e deve garantire la fruttuosa interazione fra loro nel rispetto della legalità. Sancisce quali siano gli organi a rilevanza statutaria. Determina quali siano le loro funzioni. Ne determina i compiti e le modalità del loro adempimento. Questo in armonia con la Costituzione e le leggi quadro dello stato che delineano nelle forme generali il funzionamento di tutte le Regioni italiane. Bisogna quindi dire che lo Statuto non è un documento giuridico libero da vincoli. La sua compilazione, che fa il consiglio regionale, deve aver presente in primo luogo i dettami costituzionali imposti alle regioni, ma anche le norme approvate dal Parlamento volte a regolare la vita degli enti regionali. Insomma lo statuto ha il compito di enunciare i compiti del Consiglio regionale, della Giunta e del presidente della Regione. Questi tre sono organi necessari e inalienabili per la Regione. In alcun modo lo statuto può eliminare una di queste figure giuridiche. Le può regolamentare dando indicazioni sulla loro composizione interna. Detta norme su come si organizza il governo regionale, su come debba essere impostata la guida del Consiglio: indica le modalità di elezione del Presidente del Consiglio regionali e dell’ufficio della sua presidenza. Lo statuto indica quali siano le regole per  l’approvazione delle leggi regionali. Indica le modalità di insediamento dei consiglieri, dei membri della giunta e del presidente della regione. Indica quali siano le modalità di proclamazione degli eletti e di controllo di legittimità delle elezioni regionali. Come abbiamo visto lo Statuto è un importantissimo strumento per la vita della Regione. Esso contiene quelle regole generali che dovrebbero essere conosciute da tutti . Sono norme che esprimono i valori di una popolazione che riconosce nel territorio locale le fondamenta di una cultura comune. La regione dovrebbe essere palestra di democrazia. Attraverso forme di partecipazione diretta, quale i referendum abrogativi di leggi regionali e consultivi, mette il cittadino come centro di tutta la vita sociale. I Referendum regionali sono previsti dalla Costituzione Italiana. Sono regolamentati nelle linee generale dai singoli statuti regionali. Sono normati nel dettaglio da leggi regionali. Sono lo strumento con cui il cittadino può partecipare attivamente alle decisioni quotidiane.Si possono indire referendum per modificare l’assetto territoriale delle province e la soppressione, l’istituzione e la fusione di comuni. Si possono indire referendum per costruire nuove strade. Si può chiedere alla cittadinanza di esprimersi sulle politiche urbane, ambientali, culturali etc. attribuite alla regione. Il sogno di una politica dal basso, fondata sulla partecipazione attiva della cittadinanza, si può realizzare attraverso lo strumento referendario, il più importante strumento di democrazia diretta che l’ordinamento italiano, non solo regionale, mette a disposizione del cittadino. È bene che lo Statuto Regionale diventi strumento al servizio della cittadinanza. Molto si è discusso se lo statuto debba essere un mero strumento per delineare e delimitare i poteri istituzionali regionali o debba essere anche strumento per delineare e indicare i valori comuni alla cittadinanza. Molti hanno pensato che immettere nello statuto principi generali e valori normativi fosse inutile. La Costituzione Italia dà a tutti gli organi dello stato i principi generali. Tutte le istituzioni, compresa la Regione, ha il compito di attuarli. Iscriverli negli statuti è vista o come una mera ripetizione oppure come un pericoloso ricettacolo di conflitti istituzionali. La prassi della compilazione degli statuti ha smentito questa tesi. I principi espressi dal legislatore regionale si sono dimostrati congrui e coerenti alla Costituzione, hanno contribuito ad accrescere il valore etico giuridico dei testi. Il richiamo alla dignità umana, al rispetto della natura, alla difesa dei più deboli, disabili e anziani, alla parità di genere sono stati importantissimi per disegnare l’ambito in cui le regioni devono operare per il bene comune. La scelta etica di tutelare chi è indietro è la caratteristica fondante di tutti gli statuti. Ci sia permesso di citare lo Statuto della regione Puglia che all’articolo 1 pone il rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà della persona come il fondamento del vivere civile. Insomma la solidarietà, il prendersi cura l’uno dell’altro, il principio di sussidiarietà, cioè l’obbligo morale di impegnarsi ad aiutare chi ci sta accanto senza delegare ad altri questo importante compito, sono i fondamenti esplicitati nello Statuto. La cura dell’altro è un compito delle istituzioni, ma è anche un dovere del cittadino, che è chiamato a collaborare allo sforzo comunitario di costruire una società per tutti.

Mentre il primo comma della Costituzione Italiana delinea succintamente quali debbano essere i contenuti dello Statuto Regionale, il secondo comma delinea le modalità per la sua approvazione. L’organo Regionale che è chiamato a stilarlo è il consiglio regionale. L’assemblea ha il compito di elaboralo, nella Commissione affari istituzionali, e poi votarlo e, se necessario, emendarlo in seduta  plenaria. Perché sia approvato deve essere adottato con due deliberazioni, che devono avere fra loro un intervallo di almeno due mesi. Ricordiamo che le riforme costituzionali, in forza dell’articolo 138 della Costituzione devono essere approvate con due delibere di ciascuna camera nazionale intervallate fra loro da tre mesi. Come vediamo il modello di approvazione dello Statuto ricalca il modello di revisione costituzionale, anche se bisogna sempre tener presente che l’approvazione dello statuto è un atto monocamerale, fatto solo dal Consiglio Regionale, mentre la modifica della Costituzione è un atto bicamerale compiuto attraverso le distinte azioni deliberative di Camera e Senato. La riforma del 2001 ha eliminato il passaggio parlamentare. Prima della novella alla Costituzione lo statuto regionale doveva essere approvato dalle due camere nazionali attraverso un atto normativo speciale. Tale atto consisteva soltanto nella votazione dello statuto regionale, senza possibilità di emendarlo. Il parlamento, insomma, poteva bocciare, con voto negativo, lo Statuto regionale o approvarlo. Questo passaggio è stato abrogato, rendendo lo Statuto una manifestazione della indipendenza istituzionale dell’ente regione. Lo Stato nazionale oggi può sindacare i suoi contenuti solo se questi sono contrari alla Costituzione, non può dare un giudizio politico sull’atto. Il Governo, a nome dello stato centrale, può impugnare lo statuto davanti alla corte costituzionale, ma entro trenta giorni dalla sua proclamazione. In caso di ritardo nell’agire la sua azione è vana. Insomma questa forma di approvazione e controllo di legittimità dello statuto regionale è nell’ottica di rafforzare l’autonomia locale. Lo Stato. La repubblica, pone nell’ordinamento regionale il fondamento del suo vivere. Le istituzioni regionali sono il fulcro dell’attività politica nazionale. Il potere di autonomia deve essere il motore del paese. Dispiace invece che spesso il potere regionale diventi strumento di spreco delle risorse pubbliche e non potenziamento del sistema. Questo è dovuto alla mancanza di senso etico che, purtroppo, è caratteristica della classe politica e, per certi versi, anche della cittadinanza, spesso non aliena a compromessi.

Lo Statuto è sottoposto a referendum del corpo elettorale regionale. Entro tre mesi dalla sua pubblicazione possono fare richiesta di consultazione elettorale un cinquantesimo degli elettori regionali oppure un quinto dei componenti del consiglio regionale. Questa norma, iscritta nel terzo comma dell’articolo 123 della Costituzione, avvicina ancor di più le modalità di approvazione dello statuto a quelle che regolamentano l’approvazione delle riforme costituzionali. Anche in questo caso il referendum è previsto, ma non è obbligatorio. Se entro tre mesi non è richiesto dai soggetti che la costituzione indica come proponenti, si ritiene lo statuto approvato. Anche in questo caso, esattamente come il referendum costituzionale, non c’è quorum, non c’è bisogno che partecipino il 50% più uno degli aventi diritto al voto per considerare la consultazione valida. Mentre, ricordiamolo, questo è necessario per indicare la validità dei referendum abrogativi di legge dello Stato. Si computano i voti validi per determinare la maggioranza. Il referendum è l’atto attraverso cui la popolazione partecipa alla elaborazione e alla approvazione dello statuto. È atto importantissimo. La partecipazione attiva, l’abbiamo già detto, è il fondamento dell’ordinamento regionale, l’impegno attivo dei cittadini è la linfa vitale che rende la regione il fulcro della vita locale. La regione è palestra di politica. Attraverso di lei i cittadini imparano ad esercitare il potere che la costituzione gli conferisce di cambiare, di migliorare, di rendere più belle le istituzioni. Bisogna che, anche con l’apporto delle formazioni politiche, la cittadinanza impari a utilizzare pienamente questo strumento democratico. Alcune tappe di questo cammino sono state fatte, altre bisogna farle per rendere le istituzioni, e in particolare la regione, un bene comune.

Al fine di far diventare la regione e tutte le istituzioni locali “bene comune” è stato pensato l’ultimo comma dell’articolo 122. Questo prevede l’istituzione del “Consiglio delle autonomie locali”. Il compito di costituirlo e di dargli delle regole di gestione è dato allo statuto regionale.  È un organo di consultazione che vede la compartecipazione di tutti gli enti locali e di una rappresentanza della società civile. Sostituisce il Co. Re. Co. organo regionale che fino alla riforma aveva il compito di controllare e vidimare gli atti amministrativi degli enti locali più piccoli. La riforma ha cambiato tutto. Non c’è più un organo di controllo, ma un organo che favorisce la compartecipazione. Bisogna dire che questo esperimento istituzionale ha dato risultati altalenanti, in molte regioni non è stato ancora istituito, e dove c’è non ha dato risultati brillanti. Ma l’idea è da prendere in considerazione. Mutua l’esperienza della cosiddetta “conferenza di servizi” un istituzione e che riunisce gli uffici di diversi organi dello stato, a livello locale e nazionale, che hanno mansioni diverse ma finalità e obbiettivi comuni. L’idea è di mettere in comune le forze, le capacità umane, istituzionali ed economiche, per poter raggiungere prima, meglio e con una spesa minore l’obbiettivo. Il Consiglio delle Autonomie Locali dovrebbe essere meglio pubblicizzato e meglio sfruttato nell’ambito dell’azione amministrativa. La cooperazione, la compartecipazione alle decisioni istituzionali da parte dei cittadini, è la strada per costruire una democrazia più efficiente e migliore.

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