ARTICOLO 117
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regini nel rispetto della Costituzione, nonché dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha la legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione Europea; diritto d’asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea.
b) Immigrazione;
c) Rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) Difesa e forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) Moneta; tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) Organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) Ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) Ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) Cittadinanza, stato civile ed anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale; organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città Metropolitane.
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione Europea; diritto d’asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea.
b) Immigrazione;
c) Rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) Difesa e forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) Moneta; tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) Organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) Ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) Ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) Cittadinanza, stato civile ed anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale; organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città Metropolitane.
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione Europea e le Regioni; commercio con l’estero; tutela della sicurezza sul lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità d’esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con le altre Regioni per migliore esercizio delle loro funzioni, anche con l’individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e nelle forme disciplinati da leggi dello Stato”.
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
La riforma Costituzionale del 2001 ha compiuto una vera e propria rivoluzione copernicana nell’ambito legislativo. Se prima di tale atto normativo erano elencati tassativamente i poteri normativi regionali, lasciando le altre numerose materie allo stato, con la riscrittura dell’articolo116 della Costituzione i rapporti si ribaltano. E’ lo stato che deve attenersi a legiferare nelle materie che la costituzione gli attribuisce, mentre alle regioni spetta normare nelle altre materie. Questa novità ha creato dei seri problemi di attribuzione dei poteri. A seguito della riforma sono stati molti i conflitti di attribuzione, le dispute, fra stato e regione a cui la Corte Costituzionale ha dovuto porre rimedio. Ad onor del vero era quasi inevitabile che un cambiamento costituzionale così rilevante dovesse implicare un abbastanza lungo periodo di tempo in cui fosse difficile interpretare e capire quali fossero i ruoli e le competenze degli organi statali e regionali. Bisogna dire che la Corte Costituzionale, massimo interprete della giurisprudenza della nostra Carta Fondamentale, si è districata bene, dando una lettura del nuovo articolo 116 coerente con i principi fondamentali del nostro stato e riuscendo ad indicare la strada per un fruttuoso rapporto sinergico fra istituzioni nazionali, locali e regionali. Insomma la strada che porta alla piena attuazione dell’articolo 117 è aperta, anche se appare ancora lontano l’obbiettivo di una attuazione piena, il traguardo non è affatto irraggiungibile. La riforma del 2001 si è ispirata ai modelli di stato federale. In questi paesi è d’uopo che le competenze fra stati federati e stato federale si fondino sul principio che è giusto dare maggiore competenze e poteri ai primi e non al secondo. Occorre sottolineare, però, che la nostra Repubblica rimane unitaria. La sovranità, che negli stati federali spetta alle entità statali confederate, nella nostra Repubblica rimane alla Nazione, all’Italia nella sua interezza. Ecco perché il nostro paese è una Repubblica che promuove le autonomie locali, come dice l’articolo 5 della Costituzione, ma non è uno stato federale. Bisogna essere chiari. Non lo sarà mai. La Lega, il partito che vorrebbe creare una forma di stato federale in Italia, per ottenere tale risultato dovrebbe compiere una rivoluzione, ovviamente non necessariamente violenta. Dovrebbe distruggere i fondamenti del nostro stato, la nostra stessa Costituzione, per crearne un’altra, o meglio altre, ognuno per ogni novello stato che magari per libera scelta potrebbe unirsi agli altri, a creare una struttura federale. Casi di decostruzione di vecchi stati e ricostruzione violenta di nuovi ci sono stati: esempio Jugoslavia. Come casi di scissione di vecchi stati e nascita di nuovi in maniera pacifica: Cecoslovacchia e per alcuni aspetti anche il Belgio. Non è detto quindi che l’Italia Federale debba nascere con una guerra civile, quello che è certo è che nascerà con un totale ribaltamento dei principi del nostro stato e con una debelatio, cioè con la dissoluzione, dell’Italia nata nel 1861. Ovviamente a questa prospettiva noi che scriviamo ci ribelliamo. Per noi i valori Repubblicani sono altissimi e servono a vivere in maniera migliore la vita. Rimane il fatto che nel nord Italia le istanze federali sono portate avanti da un folto numero di cittadini.
Guardando il primo comma dell’articolo 117 si può notare che la Costituzione riconosce fra le fonti di diritto, fra le leggi che sono vincolanti nel nostro territorio, l’ordinamento comunitario. Bisogna dire che la Corte Costituzionale fin dalla nascita dell’Unione Europea negli anni ’50 del secolo scorso ha sempre considerato i regolamenti e le direttive comunitarie quali fonti del diritto per il nostro ordinamento. Lo ha fatto in forza dell’articolo 11 della Costituzione che ammette che l’Italia possa accettare limitazioni alla sovranità nazionale per assicurare la pace fra le nazioni. Il legislatore del 2001, cambiando l’articolo 117, ha voluto esplicitamente citare le norme europee quali parti integranti del nostro ordinamento giuridico. Un passo necessario, vista l’estrema rilevanza che l’Unione Europea ha nel determinare gli aspetti giuridici della vita quotidiana non solo del nostro stato, ma anche di noi cittadini. Insomma le norme comunitarie hanno pieno diritto ad essere considerate leggi parificate, non alle leggi ordinarie, ma alla stessa costituzione. Questo vuol dire le che norme del nostro paese, se in contrasto con quelle comunitarie, soccombono.
Lo stato ha legislazione esclusiva su politica estera e rapporti internazionali, questo è nella tradizione comune a tutti gli stati nazione europei e dell’intero pianeta. Da sempre i rapporti con altre autorità statuali internazionali sono prerogativa dello stato centrale. Ciò avviene anche negli stati federali. Lo stato gestisce in esclusiva le politiche migratorie, basti pensare le polemiche che ci sono stati in questi anni sulla decisioni del Governo nazionale di dislocare nelle diverse regioni i rifugiati e i migranti provenienti da nazioni dell’Africa e dell’Asia. Le comunità locali, spesso guidate da partiti di estrema destra quale lega e Forza Italia, hanno inscenato proteste verso le scelte governative. Ovviamente bisogna dire che la cittadinanza ha le sue ragioni a rimanere interdetta davanti al fenomeno migratorio che porta tanti squilibri sociali ha portato. L’insicurezza diffusa rende più vulnerabili. È tempo di ricostruire la fiducia di pensare al paese. Basta con uscite ridicole come quelle del Presidente della Lombardia che rivendica il mito della razza. Basta con nostalgie del Mussolini che fa le leggi razziali. Bisogna avere una innovativa ed efficace politica dell’accoglienza, magari in sinergia con gli enti locali, ma evitando che le spinte xenofobe prevalgano. Lo stato ha la piena ed esclusiva competenza per quanto riguarda le energie statuali necessarie a difendere la patria. L’esercito è competenza dello stato centrale. Da sempre la gestione della forza è prerogativa del governo. Hobbes, il filosofo inglese, teorizzo l’idea che la civiltà nasce con l’assunzione del diritto ad usare la violenza solo da parte nel sovrano, così da considerare meritevoli di morte coloro che osassero usare violenza senza il permesso regio. Si può uccidere in guerra, ma non si può uccidere per strada, banalizzando.
Lo stato ha la gestione della moneta e del risparmio, anche se questa potestà è stata in buona parte ceduta alla Unione Europea e alla Banca Centrale Europea da quando sono stati stipulati gli accordi che stabiliscono le regole della Moneta Unica.
Bisogna dire che sono tantissime le materie di esclusiva competenza dello Stato, le regioni hanno un ruolo marginale in tutto ciò che riguarda la vita sociale delle persone. L’ordinamento giuridico, il diritto penale e civile, è competenza dello stato. Tutte le principali regole di convivenza sono stabilite dal parlamento nazionale. L’ordine pubblico e la profilassi per epidemie è competenza dello stato. Sono tante le materie di competenza di Roma, come si dice in gergo.
Poi ci sono le materie concorrenti. Cioè materie che impongono che i principi generali siano indicati da norme nazionali e che invece quelle operative siano il frutto di normative regionali. Tali materie in cui c’è un rapporto sinergico fra regione e governo centrale sono: la salute, gli aeroporti e la loro gestione, la ricerca scientifica, gli albi professionali, il funzionamento delle istituzioni e degli edifici scolatici, in questo caso tenendo anche conto l’autonomia dei singoli istituti scolastici. Le attività culturali sono fra le materie concorrenti. Pensiamo a come sia importante per il nostro paese valorizzare le bellezze storiche ed artistiche. Come è bello vedere Regione e Stato operare insieme per migliorare i servizi a turisti e studiosi del nostro patrimonio culturale. La legislazione concorrente è stata la materia più controversa da quando è stato riformato l’articolo 116 nel 2001. Lo scontro fra stato e regioni, che ha visto coinvolta quale arbitro la Corte Costituzionale, si è consumato proprio sulla definizione di quali siano i principi generali introdotti da legge dello stato. Si parla anche di materie quali la alimentazione, l’organizzazione di scuole professionali, la preparazione dei lavoratori alle nuove sfide della modernità, il riassetto dell’apparato industriale locale, che ha dei importanti risvolti nazionali. Ricordiamo a tal proposito lo storico duello istituzionale fra la Regione Puglia e il Governo Italiano, sulla grande acciaieria di Taranto, la cui rilevanza industriale, sociale ed occupazionale ha creato amplissimi dibattiti su chi dovesse risolvere tale controversia. Il governo di Roma ha escluso il governo regionale nella difficilissima trattativa con lavoratori e proprietà, aprendo una polemica con il governatore pugliese Michele Emiliano, che rivendica il ruolo della regione non solo per la difesa dei lavoratori ma anche per la tutela ambientale del territorio e la salute dei cittadini seriamente compromessa dall’impianto siderurgico. Insomma le materie concorrenti, i temi su cui la legislazione regionale e nazionale hanno pari poteri, sono rilevantissimi. Spesso si tratta di temi decisivi per l’intera nazione. Si tratta di questioni strategiche. Ad esempio l’utilizzo del suolo e del sottosuolo. Sono materie che realmente potrebbero produrre quel salto di qualità sociale ed industriale che potrebbe spingere il nostro paese ad uscire dalle secche delle crisi. A dire il vero alcune Regioni sono riuscite ad utilizzare questi nuovi poteri per affrontare la crisi. Ad esempio la Regione Puglia ha applicato una politica di sviluppo dell’impresa giovanile efficace, lanciando diverse start up. La Regione veneto e quella della Lombardia in sinergia hanno rilanciato l’asset veicolare della pianura padana favorendo lo sviluppo di una già fiorente industri manifatturiera. Il Nord Est d’Italia è la parte del paese che più di tutti sta crescendo economicamente in questo periodo anche grazie ad un oculato e attento utilizzo delle risorse da parte degli enti locali, che hanno saputo mettere a frutto i poteri in politica economica che la Costituzione gli offre.
La Costituzione dà potestà legislativa esclusiva alle regioni nelle materie non espressamente annoverate fra quelle di esclusiva potestà statale o concorrente. In realtà queste sono poche e poco essenziali. Comunque il principio di ripartizione rovesciata, cioè di elencazioni delle competenze dello stato, lasciando le altre nelle mani della regione è un modo per far prevalere il principio di sussidiarietà. Tale concetto impone che se non vi siano cause di sicurezza e rilevanza generale debba essere l’ente più vicino al cittadino, l’ente locale, a gestire e a normare la vita comunitaria. È un modo per rendere le istituzioni più vicine al popolo. Come principio generale è giusto che il singolo non debba identificare il potere come qualcosa di lontano ed estraneo. Abbiamo detto che le materie di competenza regionale sono poche e poco essenziali, ci rendiamo conto che la nostra affermazione è ingiusta. In realtà la Regione ha un compito importantissimo. Sta vicino alle persone più deboli. Si occupa della salute delle persone. Si occupa di dare un supporto sia fisico che psicologico alle persone con disabilità. Alcune istituzioni regionali sono all’avanguardia nell’accoglienza e nella solidarietà verso coloro che hanno disabilita psicomotorie. Le regioni si occupano di promuove l’inserimento sociale attraverso campagne di formazione.
La regione deve promuovere l’uguaglianza fra i sessi, deve farsi latrice di una politica che superi definitivamente le differenze di genere, lo dice esplicitamente il comma sesto dell’articolo 117. Lo deve fare sia in ambito politico, favorendo la presenza di entrambi i generi in maniera paritaria in tutte le istituzioni. Sia in ambito sociale, perseguendo ogni tipo di discriminazione in ambito lavorativo e culturale. La regione deve diventare promotrice di diritti. Deve essere strumento per attuare quei valori di uguaglianza e di libertà iscritti fra i principi fondamentali del nostro stato. Bisogna che l’ente regionale sia palestra di giustizia. Sia il luogo in cui i cittadini si sentano sicuri che le proprie prerogative giuridiche siano rispettate. Le regioni debbono essere luogo di partecipazione. Posti ove il cittadino possa avanzare le sue proposte per vivere meglio. Le regioni devono ascoltare le associazioni, il volontariato, che propone una vita collettiva benefica per tutti. Cambiare il paese in meglio è possibile. Lo si deve fare partendo dalle istituzioni regionali. Le biblioteche, i centri sociali istituzionali, le strutture pubbliche devono essere il luogo del raccordo e della innovazione. Queste cose avvengono già oggi. Adesso la Regione, tutte le Regioni, sono protagoniste assolute della vita sociale, è giusto che lo diventino di più. Lo possono fare utilizzando il potere amministrativo, il potere di amministrare la realtà, che la Costituzione gli offre. Lo possono fare utilizzando le proprie risorse per investire in arte, cultura, ambiente e salute. Troppo spesso invece la Regione è stata una fonte di sprechi, uno strumento di arricchimento per pochi, pensiamo ai casi del Lazio, in cui la maggioranza di destra guidata dalla Polverini, ha sprecato milioni di euro pubblici. Pensiamo agli scandali alla regione Lombardia o alla Regione Piemonte, le famose mutande verdi del leghista Cota. Le regioni non sono questo. Bisogna crederci! Sono i politici locali che utilizzano i poteri conferitigli non per il bene pubblico, ma per gli interessi di partito. Sia chiaro non è questione di colore politico, anche la sinistra e anche i Cinque Stelle, sono stati coinvolti in inchieste. Pensiamo ai fatti di Roma che hanno visto coinvolto i scandali prima il sindaco di sinistra poi il sindaco penta stellato. Bisogna cambiare, bisogna cambiare insieme, partendo dalla Costituzione, che non dà il potere di avere tangenti, ma il potere di dare felicità ai cittadini attraverso una buona politica sia nazionale che locale. Ci auguriamo che i presidenti regionali smettano di inneggiare alla “razza”, come fa quello della Lombardia, e pensino al bene pubblico. Aggiungo che noi cittadini dovremmo smettere di votare gente del genere e i loro partiti, lo dico consapevole del fatto che purtroppo un partito xenofobo come la lega ormai detiene il controllo della parte migliore e produttiva del paese. Dobbiamo arrenderci al fatto che le regioni del Nord siano governate dalla destra estrema? Spero di no!
Nessun commento:
Posta un commento