martedì 31 ottobre 2017

RUSSIAN GATE

IL COLORE DEI RUBLI
E' stato colto sul fatto Paul Manfort, ex capo della campagna elettorale di Donald Trump. La FBI, la polizia federale degli Stati Uniti, l'accusa di frode fiscale e riciclaggio di denaro. Reati, che se commessi, portano a una condanna pari a vent'anni di carcere. Un altro membro dello staff del partito Repubblicano alla Casa Bianca è stato colpito da uno scandalo. Manfort si è già dimesso da ogni incarico governativo. Oltre a macchiare ulteriormente la moralità del bourò di Trump, questo scandalo rischia di fornire la prova definitiva di come Vladimir Putin, il presidente della Russia, abbia fortemente aiutato il magnate americano nella sua campagna elettorale che lo ha portato, vittorioso, alla presidenza. Il motivo? Semplice gli affari sporchi di Manfort riguarderebbero transazioni finanziarie fatte in Russia e in Ucraina, quando a Kiev c'era un governo alleato al Cremlino. Quei milioni di dollari in nero che manfort avrebbe fatto girare in diverse banche di diversi continenti sarebbero di provenienza governativa russa. Sarebbe imbarazzante per Trump che si venisse a scoprire che Manfort ha usato quei soldi per la campagna elettorale. Già un consigliere presidenziale, Rex Tillerson, ha dovuto presentare le proprie dimissioni perché si è scoperto impegnato in affari con Mosca. Se si dovesse scoprire che anche Monfort si sia rifornito di rubli, sarebbe difficilissimo per Trump sostenere la propria estraneità dai fatti. Intanto Trump prova a cercare gli strumenti per difendersi. Sta pensando di destituire il capo dell'FBI che sta dirigendo le indagini che potrebbero portare alla sua messa in stato d'accusa davanti al congresso. In più il suo staff giuridico sta pensando al "perdono presidenziale". Il "perdono presidenziale" è un istituto pensato per colpevoli o indiziati per reati federali. Il presidente degli stati uniti può perdonare un colpevole. Se applicato il soggetto è emendato da ogni tipo di processo e pena, è considerato scevro da colpe. Ovviamente l'istituto giuridico è stato usato pochissime volte. Il presidente che l'ha usato l'ha sempre usato per altri non per se stesso. Questa volta sarebbe un unicum. Il primo cittadino della Casa Bianca lo utilizzerebbe per perdonare se stesso e anche i membri del proprio staff. I giuristi sono concordi nel dire che non c'è nessuna ragione che impedisce questo atto, anche se concordano che sarebbe deprecabile dal punto di vista morale. Intanto Trump twitta: Ma perché al centro dell'indagine non ci sono la corrotta Hillary Clinton e i democratici????? (noi abbiamo tradotto la frase dall'inglese all'italiano ma abbiamo lasciato invariati i cinque punti interrogativi che Donald Trump ha postato). Insomma la tesi presidenziale è che ci sia un complotto contro di lui. Che la vera colpevole è la Clinton. Al momento però tutte le accuse che erano pendenti sulla Clinton, dal caso delle mail private a quello legato ai suoi fondi elettorali, si sono rilevate un falso. La Clinton probabilmente ha perso le elezioni per i sospetti su di lei, ma è apparsa successivamente innocente. Trump continua imperterrito ad accusarla come se non fosse stata scagionata, ma fosse rea di un'innumerevole lista di accuse. Ovviamente non sappiamo se i suoi collaboratori, accusati di reati finanziari, siano rei, ma appare stucchevole da parte del primo cittadino americano continuare pervicacemente a riservare sulla sua ormai ex avversaria accuse false. Intanto appare sempre più opaca la campagna elettorale che ha condotto Donald trump ad essere l'uomo più potente del mondo. Se dovesse scegliere di autoassolversi applicando il "perdono presidenziale" la sua credibilità davanti al paese sarebbe ancora minore di quella attuale, che è comunque assai poca.
testo di Giovanni Falagario

DIBATTITO SUI VALORI



I VALORI
In Italia c'è un colonialismo culturale. La popolazione italiana è costretta ad accettare passivamente quei dettami che la chiesa impone. L'aborto, la derisione dei più deboli, il divorzio, il non prendere in giro il disabile, l'esprimere solidarietà al rifugiato sono considerati imposizioni culturali dalla stragrande maggioranza del paese, da nord a sud. Chi vi scrive crede in questi valori. Crede che la solidarietà sia il fondamento della sua vita. La domanda è: lo spirito di fratellanza può essere il fondamento del vivere dell'intera società? Chi prende in giro il disabile, il tifoso laziale che usa il nome di "Anna Frank", chi picchia il migrante, come è successo il 29 ottobre 2017, nelle strade di Roma, deve essere censurato dal punto di vista sociale. Nell'ultimo caso, quello della violenza verso dei migranti pakistani, la censura penale è d'obbligo, la violenza ovviamente non può essere consentita. Però l'idea che ha indotto dei ragazzini romani a picchiare dei migranti può essere censurata? L'Idea che è giusto mettere all'angolo chi "ci ruba il lavoro", come gridavano gli adolescenti della capitale mentre picchiavano lo sfortunato avventore, è socialmente accettabile? La risposta viaggia nel cuore delle persone, nelle menti di tutti noi. Spesso i valori del cristianesimo sono incompatibili con il fluire quotidiano. Stiamo con i ladroni (i ragazzi che picchiano) e non con il picchiato, come avrebbe fatto il buon samaritano. Eppure non abbiamo il coraggio di dire che il messaggio evangelico non è nostro. Deridiamo il disabile, deridiamo il meno fortunato, come è successo alcuni mesi fa in un supermercato della Brianza, eppure ci professiamo credenti. Non riusciamo a vivere concretamente la nostra vita. Che senso ha credere che un ebreo duemila anni fa è sceso sulla terra a proferire il verbo divino e poi considerare una piccola ebrea come Anna Frank una reietta e oggetto di scherno? Che senso ha sentire parole di fratellanza, quando è costume deridere il più debole? I valori si scelgono, non si subiscono, non c'è nulla di male a rinnegare quelli cristiani. Allora proviamo a farci una seduta analitica collettiva. Proviamo a interrogarci su cosa siamo, su cosa è il paese, proviamo a chiederci se i valori di fraternità mazzianiana sono ancora validi, proviamo a chiederci addirittura se ha senso essere nazione, visti i referendum "autonomisti" in Lombardia e Veneto. Nulla è dato. Le persone che rifiutano i valori cristiani non devono nascondersi. E' meglio anche per i deboli che coloro che rifiutano la cultura della solidarietà esprimano con orgoglio le proprie posizioni invece di usare la violenza, non solo fisica ma anche psicologica, per sottomettere l'altro. Chi vi scrive crede nei valori di solidarietà e accoglienza. Ma cerca di capire chi non li condivide e gli chiede di esplicitare le proprie idee non con la prevaricazione ma con il ragionamento.
Testo di Giovanni Falagario

LE MONTAGNE BRUCIANO!



RICORDI D'ESTATE
L'inverno sta giungendo. Il calendario indica che il fatidico 21 dicembre, giorno del solstizio invernale, è lontano solo due mesi. Eppure l'autunno stenta ad arrivare. Le copiose e costanti piogge che caratterizzavano in passato la stagione delle foglie morte sono un lontano ricordo. In Italia giornate burrascose, con piogge intensissime e di poca durata, si alternano a lunghi periodi di sole quasi estivo. Questa strana condizione atmosferica ci lascia un ricordo d'estate. Fa impressione sentire che ieri, 29 ottobre 2017, in piena stagione delle piogge le Alpi Orientali bruciano. Il Phoen, la brezza temperata che in passato solo alcune volte riscaldava il gelido inverno alpino, oggi è diventato un vento spietato che alimenta incendi che stanno distruggendo la flora del Nord Ovest Italiano. Interi paesi alpini sono stati evacuati. Il vento caldo sta bruciando le foreste che da millenni si ergevano maestose sui crinali delle montagne. La protezione civile è in massima allerta. I canader che solitamente sorvolano in estate la Sicilia per spegnere incendi sono insufficienti e lontani per mettere fine al rogo che sta soffocando una parte del Piemonte. Non si è mai registrato un fenomeno simile. Certamente a rendere più difficile la situazione è la scelta del Governo Renzi di accorpare la guardia forestale all'arma dei carabinieri. Una decisione che ha di fatto contribuito a ledere ulteriormente l'apparato dello stato volto a difendere il paesaggio e la natura. I sindaci dei comuni montani, accerchiati dalle fiamme, sono al lavoro notte e giorno per mettere al sicuro la popolazione. Un'estate che non finisce mai sta mettendo a dura prova tutto l'arco alpino che sta vivendo una stagione secca e arida che non era mai stata registrata prima dagli annali. Sembra chiaro che l'effetto serra, l'immissione nell'atmosfera di una grande quantità di anidride carbonica frutto dell'industrializzazione avanzata, sta radicalmente cambiando l'habitat di tutto il pianeta e sta distruggendo il paesaggio italiano. La soluzione a questa emergenza ambientale è nel seguire due strade. La prima che deve essere immediata. Ricostruire un sistema interconnesso di agenti dello stato che si occupano della salvaguardia del territorio. Bisogna fare una manutenzione costante e indefessa del nostro patrimonio boschivo, eliminando rami secchi, piantando nuovi germogli e non solo. In più bisogna pensare a un piano di lunga durata che abbatta l'immissione di gas inquinanti nella nostra atmosfera. Bisogna che la comunità internazionale si adoperi per ridurre le emissioni nocive. Gli uragani che mietono vittime negli stati uniti, le siccità che fanno morire di sete milioni di africani, il Gange che in India è in secca, sono tutte manifestazioni di quanto può essere mortifero il sistema industriale antropico. Diamo un futuro ai nostri figli, riduciamo l'inquinamento. E' un dolore vedere le Alpi, con la loro bellezza naturalistica che lascia senza parole, bruciare.
testo di Giovanni Falagario

lunedì 30 ottobre 2017

VERTICE DI PACE A ROMA



LA PACE DI FRANCESCO
Jorge Maria Bergoglio ci prova. Prova a portare pace contrastando i venti di guerra che provengono dall'Oceano Pacifico, che di pacifico in questi mesi sembra avere poco. l'11 e il 12 novembre 2017 si terrà a Roma un vertice indetto dal Vaticano che avrà come punto principale dell'agenda il tema: "Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari per un disarmo integrale". Parteciperanno i vertici delle Nazioni Unite e gli ambasciatori di tutte le nazioni accreditati al Soglio Pontificio. Interverrà Izumi Nakamitsu, Alto rappresentante Onu per il disarmo. Non mancherà Rose Gottemoeller, vice segretario generale della Nato. Sarà presente Beatriche Fihn direttrice dell'Ican che si è impegnata alacremente per l'abolizione delle armi nucleari e per questo motivo quest'anno è stata insignita del premino Nobel per la pace. Mentre gli Stati Uniti e la Corea del Nord si stanno affrontando in un braccio di ferro che sembra non avere prospettive di pace, il papa prova a portare su un piano multilaterale la crisi che rischia di portare all'olocausto nucleare. La Corea del Nord sembra decisa a portare avanti il suo folle piano di corsa agli armamenti. Il presidente Usa Donald Trump sembra intenzionato a impedirglielo usando la forza. Questo stato di cose potrebbe portare a un conflitto bellico di immani proporzioni, capace di fare milioni di morti. Questo vuole scongiurare il pontefice. Prova a coinvolgere una molteplicità di soggetti internazionali per inaugurare una nuova stagione improntata al dialogo. L'invito è di firmare prontamente il trattato che impone a tutte le nazioni di rinunciare all'armamento nucleare. Questo obbiettivo è ovviamente difficilmente raggiungibile in un breve arco temporale, ma è una prospettiva a cui Francesco non intende rinunciare. Il senso della conferenza di Roma non è solo questo. Il Papa sembra intenzionato a fare da mediatore fra le parti. Francesco vorrebbe che Washington e Piong Jang provassero a dialogare. E' una prospettiva difficile solo da immaginare , in un momento in cui le portaerei Usa veleggiano minacciose davanti alle coste della penisola coreana. D'altra parte nemmeno il Vaticano può negare che il dittatore nordcoreano, Kim Jong-un, sia un personaggio impresentabile. Difficile pensare di dialogare con un leader politico che utilizza l'omicidio e la tortura sistematica degli avversari politici come strumento di governo. Rimane il fatto che provare a cercare una soluzione pacifica di fronte a un incombente minaccia bellica sull'intera umanità è un dovere morale a cui la massima autorità religiosa del mondo cattolico non può e non vuole sottrarsi. Giovanni XXIII nel 1962 ebbe un ruolo fondamentale nello scacchiere internazionale per risolvere la crisi fra Usa e URSS causata dai missili che Mosca voleva istallare nell'isola caraibica. Paolo VI nel 1964 nel suo storico viaggio ad Israele proclamò solennemente "mai più guerra!" primo pontefice a farlo. Giovanni Paolo II ebbe un ruolo centrale negli anni che conclusero la Guerra fredda e posero fine alla cortina di ferro che separava gli stati europei.La voce di Papa Francesco potrebbe avere lo stesso afflato profetico dei suoi predecessori. Il papa potrebbe scongiurare una guerra dagli effetti devastanti. Chi è credente si affida alla divina provvidenza che agisce grazie all'opera dell'uomo, allo sforzo di un papa.
testo di Giovanni Falagario

domenica 29 ottobre 2017

CRISI CATALANA

FERMATEVI!
Il braccio di ferro fra lo stato centrale spagnolo e la generalitad catalana sembra non aver fine. Il senato iberico ha sciolto tutte le istituzioni locali catalane. La regione è formalmente in mano a Soraya Selenz Santamaria un ministro del governo Raoi (cioè dello stato spagnolo) che ha il compito di presiedere tutte le attività amministrative e legislative che normalmente dovevano essere assolte dalla politica locale. Barcellona, d'altro canto, è ferma nel rifiutare di accettare i dictat della capitale. Per loro le autorità catalane sono legittimate a svolgere le loro funzioni regolarmente. Il parlamento Catalano ha votato, ieri 28 ottobre 2017, a voto segreto il decreto che dichiara la nascita della Repubblica di Catalogna. Cosa succederà? Speriamo che non si scada nella violenza. Purtroppo la guerra civile è un pericolo che non si può escludere. Difficilmente la Spagna potrà rinunciare all'integrità del suolo nazionale. Difficilmente la Catalogna potrà rinunciare alla propria indipendenza. Spetta alla politica cercare un modo per aprire un dialogo. Le armi, le morti non possono essere una opzione accettabile. L'Autonomia può essere un modo per dare spazio ai bisogni locali e allo stesso tempo non ledere l'integrità nazionale spagnola. Se le due parti riuscissero ad ascoltarsi, se fossero capaci di farsi vicendevolmente concessioni forse si potrebbe scongiurare il peggio. In Spagna, a parte qualche pur grave incidente durante il referendum per l'indipendenza, non si è scaduto ancora nella violenza. Barcellona è ancora una città di pace che vuole vivere in pace. Il dialogo può e deve esse la soluzione.
Testo di Giovanni Falagario

LA SALUTE DELLE DONNE



I PERICOLI DELLA PILLOLA
Chi vi scrive non è un medico. Di malattie non capisce nulla, di come si generano di come cambiano la vita delle persone. E' mia intenzione raccontare la testimonianza di una donna che ho letto da un giornale. La signora si chiama Roberta Borin, è farmacista, vive a Rovigo. Ha avuto un ictus celebrale. Il male poteva costargli la vita. Si reputa fortunata perché ha subito una paralisi agli arti periferici del 40%. Cioè a perso il 40% delle funzionalità di braccia e gambe. Il problema è che la dottoressa attribuisce l'ictus all'uso delle pillole anticoncezionali. La donna dichiara di essere sempre stata consapevole che l'uso della pillola avrebbe potuto causare danni alla circolazione sanguigna, ma come capita a molte persone si è detta "a me non succederà". Una notte una pesantezza agli arti del lato sinistro del corpo l'ha costretta a svegliarsi. Con terrore ha scoperto che non riusciva a muoversi. Resosi conto di trovarsi di fronte a una patologia grave ha chiesto al marito di chiamare il "118". Fortunatamente la sua vita è stata salvata, e oggi è potuta tornare a svolgere il suo ruolo di farmacista. L'episodio che l'ha vista tragicamente protagonista, però, la indotta a cambiare modo di vedere sulle cose. Quando una donna, presentando regolare ricetta medica, chiede un anticoncezionale non può evitare di raccontarle cosa è successo alla sua vita. Non può esimersi dal dire che avrebbe potuto rinunciare alla vita, ad accompagnare a scuola ogni giorno i suoi due bambini, a causa di quel medicinale. Avrebbe potuto perdere la vita serena e felice con suo marito, Roberta mostra statistiche chiare, le donne sotto i quarant'anni che hanno avuto problemi gravi di carattere cardiocircolatorio sono in maggioranza utilizzatrici di pillole contraccettive. Queste hanno l'effetto indesiderato di alterare l'apparato circolatorio. Ripetiamo: chi vi scrive non è un medico, non è un farmacista, racconta solo la testimonianza raccolta dalla voce della dottoressa Roberta Borin. A voi che leggete, soprattutto voi donne in età fertile, il compito di informarvi e acquisire ulteriori dati.
testo di Giovanni   Falagario

INFRAZIONI SABAUDE



LA MULTA
Gli illeciti amministrativi segnano la vita della politica italiana. Josefa Idem, ministro dello sport nel governo Letta, perse il posto per non aver adeguatamente fatto la dichiarazione Ici sui beni immobili posseduti. Matteo Renzi dovette dar conto, da presidente del consiglio, per i voli di stato da lui utilizzati. Il ministro dell'industria nel governo Renzi, Federica Guidi, dovette dare le dimissioni perché il suo compagno era legato alle 'industrie Total che gestivano un giacimento in Basilicata, a Tempa Rossa. Oggi tocca a un rappresentante del Movimento Cinque Stelle dare le dimissioni. Il capo di gabinetto della giunta pentastellata di Torino, Paolo Giordana. La sua colpa? Aver "abbonato" un multa a un amico. Un suo conoscente avrebbe compiuto una infrazione statale, e lui si sarebbe adoperato per fargliela togliere. Un piacere da poco, che di fatto è costato pochissimo, al limite qualche centinaia di euro e una macchina circolante in più, alla comunità del capoluogo piemontese. Rimane il fatto che anche in questo caso un comportamento discutibile, ma non grave, sia stato pagato con le dimissioni. Una scelta forte in un momento in cui la sindaca, Chiara Appendino, è messa sotto accusa per errori al bilancio. Ha ricevuto un avviso di garanzia perché non ha ascritto alle uscite comunali un mutuo di alcune centinaia di euro che il comune della Mole Antonelliana ha contratto. Un errore contabile che la magistratura vuole capire se ha rilievi penali. Insomma Torino è sotto gli occhi del paese. Difficile dire se avrà effetti anche sugli equilibri interni del Movimento Cinque Stelle, impegnato in questi giorni in una difficile battaglia per contendere la presidenza della regione siciliana al candidato voluto da Berlusconi e Salvini, Nello Musumeci. Mentre Beppe Grillo in un comizio ad Aci Trezza sottolineava la diversità del Movimento rispetto alla destra sempre legata, fin dalla nascita di Forza Italia, alla parte grigia della Sicilia, arriva la notizia della grana torinese. Facile la risposta di Berlusconi e Salvini: siete come noi. Ora il futuro appare incerto. Una cosa è certa gli elettori di Lega e Forza Italia sono propensi a perdonare gli scandali. A Venezia ad esempio lo scandalo "Mose", la diga che doveva servire a salvare la città lagunare dalle maree e invece è servita da rimpolpare le casse della destra locale, invece di far diminuire ha aumentato i consensi di Berlusconi e Salvini. Invece così non è per gli altri partiti che quando malamministrano sono puniti dagli elettori. Brutto segno per il movimento?
Testo di Giovanni Falagario

sabato 28 ottobre 2017

VIVERE LA COSTITUZIONE



ARTICOLO 21
Il primo comma dell'articolo 21 della Costituzione Italiana dichiara "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o ogni altro mezzo di diffusione". Un principio chiaro che difende la libertà di pensiero e di parola. Non basta essere liberi di pensare ciò che si vuole, nessuno fra l'altro ce lo può impedire visto che il nostro pensare appartiene al nostro mondo interno, celato agli altri. Bisogna essere liberi di proferire parola. I tifosi della Lazio insultando la memoria di Anna Frank hanno esercitato un diritto tutelato dall'articolo su citato. Ma fino a che punto si può esercitare questo diritto? Si può arrivare a praticare il razzismo e manifestarlo come ha fatto il tifo Laziale. La risposta è difficile. Censurare un qualsiasi pensiero anche negativo rischia di essere una censura inaccettabile. Allo stesso tempo permettere di gridare allo stato e attraverso i social network messaggi che inneggiano all'Olocausto o alla guerra Nazi Fascista lede quei principi di pace, fratellanza e solidarietà propri del nostro ordinamento costituzionale nato anche per impedire che l'orrore dei campi di concentramento nazista si ripeta. La libertà di dire ciò che si vuole non può essere strumento per inneggiare alla violenza e all'odio. Ma ciò non può essere imposto dalla legge. Bisogna insegnare al nostro prossimo che il diritto a dire ciò che si vuole implica una consapevolezza di ciò che si dice. La guerra, la violenza, la morte che il fascismo evoca dovrebbe essere sufficiente per bandirlo dalle nostre bocche, o meglio dovrebbe portarci a considerarlo un modello culturale deleterio oltre che negativo e quindi bisognerebbe parlarne solo per censurarlo con fermezza. Si è liberi di parlare, ma si è anche liberi di capire che la cultura della violenza è male. Nella quotidianità si censura spesso. Molte volte si fa tacere lo scemo, che dice scemenze. "Statti zitto che non capisci niente". Io provengo da una scuola culturale che invita al dubbio. Spessissime volte mi è stato ripetuto che invitare al silenzio chi parla male è un diritto. Io non sarei molto d'accordo. La costituzione, penso, inviti a confutare e non a tacitare chi sbaglia. Questo vale nella quotidianità ma anche nel caso dei tifosi laziali che imprecano contro Anna Frank, ragioniamo contro chi esprime concetti che reputiamo sbagliati non li insultiamo.
Testo di Giovanni Falagario

ARTE E MEMORIA

RISORGERANNO
Che le statue antiche possano "risorgere", cioè essere ammirate da noi contemporanei nella loro bellezza è quello che ci auguriamo. Intanto il direttore del museo egizio di Torino inaugura in questi giorni una mostra fotografica che ha il titolo, provocatorio, "Anche le statue muoiono". Christian Greco vicentino classe 1975 è dal 2014 il responsabile di uno dei musei archeologici più importanti del mondo, che custodisce una vasta raccolta di reperti del paese dei faraoni. La mostra che sarà allestita nelle sale del museo sarà fotografica. I maggiori artisti dello sviluppo hanno prestato le loro foto di monumenti persi per sempre o grandemente danneggiati dalla follia umana. Importantissimo il reportage su Palmira, l'antica città romana che si trova in Siria, gravemente danneggiata dallo Stato Islamico. Come non ricordare l'enorme statua di Budda distrutta a colpi di cannone dai talebani in Afghanistan, mentre il XX secolo volgeva al tramonto. Ma danni al patrimonio culturale dell'umanità non l'ha fatto solo il terrorismo. Il museo di Baghdad fu gravemente danneggiato e molti suoi preziosissimi reperti, che ricordano le antiche civiltà della Mesopotamia, andati perduti a seguito della guerra fra l'Iraq di Saddam Hussein e gli Usa di George Bush. Il Museo fu letteralmente assaltato da coloro che diverranno seguaci del califfato, in nome di una folle iconoclastia. Anni dopo l'attuale presidente Donald Trump incolpò il presunto lassismo di Obama per quell'episodio, ignorando che allora Barack era solo un avvocato che si candidava alla carica di senatore mentre chi ha permesso, da presidente lo scempio fu un Repubblicano. Così si dimostra che si può impunemente distruggere, assieme ai monumenti, la verità storica. Ma anche in secoli passati la distruzione dell'arte era costume, purtroppo, comune. Molti imperatori romani distruggevano le opere volute dai loro predecessori, la "damnatio memoriae", cioè la decisione del politico vincente di uccidere l'avversario e di cancellarne anche ogni ricordo imponeva la distruzione di tantissimi monumenti del passato. Stessa cosa facevano i faraoni che addirittura utilizzavano e adattavano monumenti del passato per glorificare se stessi. Ramses II utilizzo una statua enorme di un suo predecessore, Amenofi II, per glorificare se stesso. Cambiò qualche iscrizione e quella statua da essere rappresentazione si Amenofi appari rappresentazione di Ramses. Solo recentemente, attraverso studi archeologici e paleografici, i ricercatori hanno potuto accertare la verità. Insomma l'arte è sempre stata strumento per glorificare chi detiene il potere. Da sempre chi succede nel dominio vuole distruggere le vestigia del predecessore, lasciando solo a se stesso il diritto di erigere monumenti per l'eternità. Ovviamente è ambizione vana. Chi lo seguirà del susseguirsi degli eventi storici distruggerà le sue opere. Intanto il museo di Torino prova a raccontare quello che l'umanità ha perduto o rischia di perdere in virtù di questa folle brama di violenza, auspicando che ciò non succeda più e che le statue possano "risorgere" attraverso un'accurata e appassionata opera di restauro.
testo di Giovanni Falagario

venerdì 27 ottobre 2017

PUNTI DI RIFERIMENTO

PUNTI DI RIFERIMENTO
Una società per poter vivere ha bisogno di modelli a cui riferirsi. E' un affermazione banale, scontata. Gli stati, le comunità, perdono la loro stabilità, si dissolvono, quando coloro che ne fanno parte cominciano a non riconoscere come propri i modelli valoriali propri della comunità civile. In Italia sta avvenendo questo? I valori di fratellanza e di comunanza iscritti nella costituzione stanno venendo meno? Addirittura è lecito domandarsi se i valori che sembravano comuni all'intero popolo non siano stati propri di pochi e imposti ai molti in maniera coatta? I valori di antirazzismo, solidarietà sono un bene comune di tutti gli italiani oppure sono frutto di una colonizzazione culturale fatta da pochi a danni di molti? L'episodio della tifoseria calcistica romana dà da pensare. I tifosi delle squadre calcistiche Lazio e Roma si insultano dandosi "dell'ebreo" o dell'ebrea (mi riferisco alla fotografia pubblicata suoi social network dai laziali con Anna Frank, la ragazzina ebrea autrice del noto diario e morta in un campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale, vestita con una maglietta della Roma). Si può stigmatizzare questo comportamento come episodico e frutto dell'insensibilità di pochi? Da un lato vorrei vivamente che si potesse farlo. Dall'altro è difficile non costatare che questo episodio sia l'ultimo di una lunga serie. Anche la tifoseria romana, ad esempio, in un passato recente ha utilizzato slogan razzisti. Poi il fenomeno non è relegato solo al mondo del calcio. Sui social network, anche su facebook, si possono facilmente rivelare "post", come si chiamano le pubblicazioni degli utenti, nei quali l'intolleranza verso il diverso è il motivo costante dell'argomentazione. Anche nelle strade, nei luoghi pubblici, fra la gente che compie le azioni della vita quotidiana, si possono facilmente cogliere conversazioni ove il tema principale è il proprio pregiudizio verso il diverso. In una società in cui il modello di riferimento è una carta costituzionale inclusiva, in una società in cui la religione predominante si fonda sulle parole di un ebreo di duemila anni fa che diceva che il giusto deve "ospitare lo straniero" (un passo del vangelo dice "avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete mi hai dato da bere, ero straniero e pellegrino mi hai ospitato" passo che indica l'azione del giusto), diventa evidente che la cultura dell'esclusione predominate in questi tempi mina le fondamenta della civiltà che a fatica ci siamo costruiti e che hanno costruito i nostri padri. Negli anni '30 del secolo scorso il nazismo e il fascismo, e per alcuni versi anche il comunismo, hanno messo in discussione i valori portanti della cultura cristiano europea, questo ha prodotto la seconda guerra mondiale e milioni di morti. Allora chiederci se sia il caso di combattere con la forza del ragionamento coloro che praticano l'intolleranza non sia un modo per difendere la pace, la coesione e la nostra stessa vita, non mi pare un interrogativo peregrino. Quando a San Pietroburgo un secolo fa un manipolo di comunisti hanno creduto che per portare la pace e la prosperità nel mondo fosse necessari reprimere i detentori della "cultura borghese", quando i bolscevichi hanno scelto di ammazzare la famiglia Romanov e tanti altri nobili e borghesi in nome di un presunto bene collettivo il XX secolo allora nascente è cominciato a precipitare in un baratro di morte. Quando si arriva alla convinzione che per raggiungere i propri obbiettivi bisogna eliminare l'altro, il nobile, il borghese, l'ebreo o qualsiasi altro appartenente a un gruppo sociale diverso dal nostro, si aprono scenari di morte terribili. Allora forse è il caso di meditare, di ragionare, di acquistare la consapevolezza che ogni forma di intolleranza, anche se avviene all'interno dello stadio, può portare disastri all'intera umanità se perseguita con folle determinazione. I valori cristiani e incisi nella nostra Costituzione e in quelle di molte altre nazioni possono essere un baluardo contro l'intolleranza e in fin dei conti contro la guerra e la morte. Provare a rispondere, affermando questi valori, alle provocazioni antisemite può essere realmente un modo per costruire una società migliore. Allora davanti a coloro che quotidianamente mettono in discussione la dignità altrui, il rispetto, il confronto pacifico e tollerante fra le diverse componenti sociali, con il loro operare intollerante dobbiamo provare a rispondere con il ragionamento e con il racconto di una comunanza fra le persone possibile e fondata sull'idea che l'amore verso il prossimo, o con un termine più laico, la solidarietà, sia l'unico strumento per vivere meglio la propria vita.
testo scritto da Giovanni Falagario


giovedì 26 ottobre 2017

IL VALORE DELLA DIVERSITA'



SIAMO TUTTI ANNA FRANK?
Chi scrive questo pezzo ha scelto di mettere l'interrogativo al titolo. Volutamente ho reso, quella che per molti in questi momenti è fortunatamente una convinta affermazione, una domanda. Ovviamente non per stare dalla parte di quei tifosi di calcio che hanno usato il volto della fanciulla morta in un campo di concentramento come uno strumento di offesa per la tifoseria avversaria. Il mio intento è chiedermi: possiamo costruire una società in cui la formazione culturale, la religione praticata, l'educazione diversa di ogni singola persona sia considerata una risorsa per tutti e non un oggetto di scherno? E' possibile che essere mussulmano, ebreo e cristiano debba essere considerato un insulto. Io sono cattolico, se uno mi dice "ortodosso" non mi insulta dice semplicemente una falsità, mi designa con una formazione religiosa che non è la mia. Lo stesso quando qualcuno mi chiama "ebreo". Il valore della diversità è un bene prezioso che permette alla storia di camminare. La civiltà del Mediterraneo in epoca classica è stato il frutto dell'unione e della fusione delle culture latina, greca, orientale e di tantissime altre culture. Se non ci fosse stato l'apporto dell'oriente Virgilio non avrebbe mai scritto l'Eneide, le Georgiche e le tante poesie bucoliche. Se l'orientale Saffo non avesse scritto poesie in greco, probabilmente Catullo non avrebbe avuto gli strumenti metrici e poetici necessari per cantare in latino il suo amore per Lesbia. Se non ci fosse stato l'ebraismo non sarebbe mai nato né il cristianesimo, nelle sue svariate confessioni, né l'Islam, anch'esso fiorito in diverse accezioni: quella sunnita e shiita ad esempio. La diversità è un bene prezioso se viene usata dagli uomini come strumento di accrescimento personale e collettivo. Anche essere laziale può essere fonte di insegnamento per un romanista e viceversa, scusate l'affermazione che può apparire paradossale. Insomma cominciamo a imparare che la diversità altrui non è motivo per vedere l'altro come il male. Proviamo a imparare a vivere in pace. Questo vale ancora di più oggi. In un momento storico in cui le differenze religiose producono la radicalizzazione di alcune frange di persone violente che approdano al terrorismo. Penso alle brutture e agli omicidi che compie lo Stato Islamico e i suoi accoliti. In un momento storico in cui le differenze fra i popoli e le persone sembrano prevalere sul senso di comunanza, sulla coscienza di essere parte di una comune umanità. Penso al caso Catalano, ma non solo. Allora ben venga chi dice "siamo tutti Anna Frank", il loro dire afferma giustamente che l'antisemitismo, il razzismo e la xenofobia sono mali da sradicare. Ricordiamoci comunque che bisogna imparare a rispettare l'altro nella diversità. Certo bisogna rispettare il prossimo nella convinzione che siamo tutti fratelli, figli del genere umano. Ma bisogna anche rispettare l'altro per la sua diversità. Anna Frank è morta più di settanta anni fa perché Ebrea, perché qualcuno ha pensato che essere di quella fede far parte di quella cultura era di per sé una cosa malvagia e che rendeva indegni di vivere, una manifestazione di inferiorità. Insomma Anna Frank è morta perché un'intera nazione, quella governata dal nazismo, era convinta che la parola "ebrea" era un'offesa. Cambiare questo modo di ragionare è l'unico modo per evitare che altri olocausti avvengano, come diceva Primo Levi.
testo di Giovanni Falagario

martedì 24 ottobre 2017

ANNA FRANK



ANNA FRANK
E' sconvolgete l'iniziativa di un gruppo di tifosi laziali. Hanno pubblicato una foto di Anna Frank, la ragazzina morta durante la seconda guerra mondiale in un campo di concentramento i cui diari sono rimasti monito per l'intera umanità, con in dosso una maglietta della Roma. Il loro intento era di insultare i romanisti. Per loro Anna Frank è un insulto. Fa orrore sapere che per degli italiani l'essere ebreo, l'essere debole e vittima dell'altrui prevaricazione è una colpa. Chi è il reo non è il carnefice, è la vittima. Chi merita di rimanere nell'infamia è una bambina di tredici anni non i suoi aguzzini nazisti. Sia chiaro non è la prima volta che gli emarginati sono considerati dei reietti. Quante volte la parola "handicappato" è usata come insulto, anche per questo motivo, provocatoriamente, chi vi scrive la usa per descrivere lo status psicofisico personale, quasi a dire che non ci sto ad usare i vostri gretti schemi mentali. Le parole vanno liberate anche dalle incrostazioni cattive prodotte da una malacultura sociale che rende "il diverso" un essere da considerare inferiore. Si è handicappati non perché inferiori agli altri ma perché diversi dagli altri, latori di un patrimonio etico che può essere messo comunque a frutto, per costruire una società in cui "Anna Frank" non sia un insulto ma sia vista come una ragazzina che ha saputo portare luce all'umanità raccontando nei suoi diari, con le incertezze legate all'età, un periodo storico di profondo buio in cui l'uomo sembrava sprofondare nelle tenebre. Allora da una parte è un bisogno personale sentirsi altro da quei tifosi laziali che considerano "Anna Frank" un insulto. Un modo per dire che io non appartengo a quel genere di italiano, che se il pregiudizio la xenofobia l'antisemitismo è un elemento del nostro paese, io orgogliosamente mi sento altro da questo che reputo schifo. Io mi voglio sottrarre da questa cultura che considera lo straniero, il credente in altre religioni, il diverso un essere da respingere o addirittura inferiore. Dall'altro vorrei provare a cambiare questo paese. Vorrei provare a far capire che il rispetto verso il prossimo è uno strumento efficace di convivenza. L'Italia può diventare un paese migliore se si espande l'amore e il rispetto verso l'altro. Rendere l'Italia un paese migliore è possibile. Basta riscoprire i valori di uguaglianza e di tolleranza che la nostra cultura millenaria contiene. Dante, Manzoni e tanti altri ci possono essere d'esempio per una cultura che rinneghi profondamente l'antisemitismo, il razzismo e il pregiudizio. Coraggio! La strada è lunga. Ce la possiamo, comunque, fare!
testo di Giovanni Fralagario


CALCIO ANTISEMITA



ANNA FRANK
E' sconvolgete l'iniziativa di un gruppo di tifosi laziali. Hanno pubblicato una foto di Anna Frank, la ragazzina morta durante la seconda guerra mondiale in un campo di concentramento i cui diari sono rimasti monito per l'intera umanità, con in dosso una maglietta della Roma. Il loro intento era di insultare i romanisti. Per loro Anna Frank è un insulto. Fa orrore sapere che per degli italiani l'essere ebreo, l'essere debole e vittima dell'altrui prevaricazione è una colpa. Chi è il reo non è il carnefice, è la vittima. Chi merita di rimanere nell'infamia è una bambina di tredici anni non i suoi aguzzini nazisti. Sia chiaro non è la prima volta che gli emarginati sono considerati dei reietti. Quante volte la parola "handicappato" è usata come insulto, anche per questo motivo, provocatoriamente, chi vi scrive la usa per descrivere lo status psicofisico personale, quasi a dire che non ci sto ad usare i vostri gretti schemi mentali. Le parole vanno liberate anche dalle incrostazioni cattive prodotte da una malacultura sociale che rende "il diverso" un essere da considerare inferiore. Si è handicappati non perché inferiori agli altri ma perché diversi dagli altri, latori di un patrimonio etico che può essere messo comunque a frutto, per costruire una società in cui "Anna Frank" non sia un insulto ma sia vista come una ragazzina che ha saputo portare luce all'umanità raccontando nei suoi diari, con le incertezze legate all'età, un periodo storico di profondo buio in cui l'uomo sembrava sprofondare nelle tenebre. Allora da una parte è un bisogno personale sentirsi altro da quei tifosi laziali che considerano "Anna Frank" un insulto. Un modo per dire che io non appartengo a quel genere di italiano, che se il pregiudizio la xenofobia l'antisemitismo è un elemento del nostro paese, io orgogliosamente mi sento altro da questo che reputo schifo. Io mi voglio sottrarre da questa cultura che considera lo straniero, il credente in altre religioni, il diverso un essere da respingere o addirittura inferiore. Dall'altro vorrei provare a cambiare questo paese. Vorrei provare a far capire che il rispetto verso il prossimo è uno strumento efficace di convivenza. L'Italia può diventare un paese migliore se si espande l'amore e il rispetto verso l'altro. Rendere l'Italia un paese migliore è possibile. Basta riscoprire i valori di uguaglianza e di tolleranza che la nostra cultura millenaria contiene. Dante, Manzoni e tanti altri ci possono essere d'esempio per una cultura che rinneghi profondamente l'antisemitismo, il razzismo e il pregiudizio. Coraggio! La strada è lunga. Ce la possiamo, comunque, fare!
testo di Giovanni Fralagario



IL REFERENDUM: E' UN TEST
In Lombardia monta la polemica. Il referendum per l'autonomia di domenica 22/10/2017 doveva anche essere una rivoluzione digitale. Per la prima volta gli elettori si sono espressi non votando su una scheda cartacea ma attraverso un tablet. Avevano nelle urne un piccolo elaboratore con un Tuch screen su cui esprimere il proprio consenso. Il problema è che gli scrutatori avevano fatto, come è naturale, dei piccoli test per costatare che il sistema informatico funzionasse prima dell'apertura dei seggi. Oggi si scopre che ad urne aperte gli elettori hanno votato in modalità "test" e per una scelta politica della regione invece di annullare quei voti si è optato per computarli come validi assieme ai foti fasulli, perché testati. Insomma per non annullare i voti dei cittadini si è scelto di considerare validi i voti finti dei test. Probabilmente questo non ha confutato l'esito del referendum, i voti finti erano pochissimi. Rimane il fatto che una macchina del voto costosissima come quella messa in piedi dalla regione guidata da Roberto Maroni si è inceppata. Non ci sono solo gli episodi dei voti fasulli. C'è anche il caos delle chiavette vuote. Chiavette che dovevano trasportare i dati sui voti nei singoli seggi alla sede centrale operativa che doveva elaborare i dati. Queste chiavette giunte agli uffici regionali risultavano prive di dati. Gli addetti al trasporto delle chiavette si sono dovuti precipitare nuovamente nei seggi e recuperare i dati telematici dall'hardware delle periferiche locali, con un'operazione non contemplata dal regolamento regionale che dettava le modalità del voto elettronico, con il conseguente rischio di ulteriore inquinamento dell'esito elettorale. Certo suscita perplessità tutto questo. Qualche giorno fa Roberto Maroni aveva lodato l'efficienza della Regione Lombardia che aveva ideato uno strumento di voto computerizzato che doveva essere modello per il resto del paese. Aveva addirittura criticato il ministero degli interni per il suo rifiuto di finanziare al 100% il progetto lombardo di voto computerizzato. Oggi invece la novità è diventato mero esperimento agli occhi della lega in Lombardia. Negli uffici della Lega Nord in Lombardia si dice stizziti: quante storie per un referendum consultivo, è vero ci sono stati dei problemi, ma non si votava per eleggere qualcuno, era solo un test malriuscito. Intanto il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle continua a criticare Maroni. Si dice: non si può considerare il referendum in Lombardia un Test, perché è fallito, mentre considerare quello in Veneto una vittoria e un progetto politico perché è andato a votare il 60% dei cittadini veneti. La Lega come festeggia Zaia e i suoi successi deve fare i conti con i fallimenti e gli sprechi di Maroni. A queste critiche il presidente della Lombardia non risponde e va avanti verso altri test.
testo di Giovanni Falagario


I GUAI DEL VOTO ELETTRONICO



IL REFERENDUM: E' UN TEST
In Lombardia monta la polemica. Il referendum per l'autonomia di domenica 22/10/2017 doveva anche essere una rivoluzione digitale. Per la prima volta gli elettori si sono espressi non votando su una scheda cartacea ma attraverso un tablet. Avevano nelle urne un piccolo elaboratore con un Tuch screen su cui esprimere il proprio consenso. Il problema è che gli scrutatori avevano fatto, come è naturale, dei piccoli test per costatare che il sistema informatico funzionasse prima dell'apertura dei seggi. Oggi si scopre che ad urne aperte gli elettori hanno votato in modalità "test" e per una scelta politica della regione invece di annullare quei voti si è optato per computarli come validi assieme ai foti fasulli, perché testati. Insomma per non annullare i voti dei cittadini si è scelto di considerare validi i voti finti dei test. Probabilmente questo non ha confutato l'esito del referendum, i voti finti erano pochissimi. Rimane il fatto che una macchina del voto costosissima come quella messa in piedi dalla regione guidata da Roberto Maroni si è inceppata. Non ci sono solo gli episodi dei voti fasulli. C'è anche il caos delle chiavette vuote. Chiavette che dovevano trasportare i dati sui voti nei singoli seggi alla sede centrale operativa che doveva elaborare i dati. Queste chiavette giunte agli uffici regionali risultavano prive di dati. Gli addetti al trasporto delle chiavette si sono dovuti precipitare nuovamente nei seggi e recuperare i dati telematici dall'hardware delle periferiche locali, con un'operazione non contemplata dal regolamento regionale che dettava le modalità del voto elettronico, con il conseguente rischio di ulteriore inquinamento dell'esito elettorale. Certo suscita perplessità tutto questo. Qualche giorno fa Roberto Maroni aveva lodato l'efficienza della Regione Lombardia che aveva ideato uno strumento di voto computerizzato che doveva essere modello per il resto del paese. Aveva addirittura criticato il ministero degli interni per il suo rifiuto di finanziare al 100% il progetto lombardo di voto computerizzato. Oggi invece la novità è diventato mero esperimento agli occhi della lega in Lombardia. Negli uffici della Lega Nord in Lombardia si dice stizziti: quante storie per un referendum consultivo, è vero ci sono stati dei problemi, ma non si votava per eleggere qualcuno, era solo un test malriuscito. Intanto il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle continua a criticare Maroni. Si dice: non si può considerare il referendum in Lombardia un Test, perché è fallito, mentre considerare quello in Veneto una vittoria e un progetto politico perché è andato a votare il 60% dei cittadini veneti. La Lega come festeggia Zaia e i suoi successi deve fare i conti con i fallimenti e gli sprechi di Maroni. A queste critiche il presidente della Lombardia non risponde e va avanti verso altri test.
testo di Giovanni Falagario

lunedì 23 ottobre 2017

REFERENDUM IN VENETO E LOMBARDIA



VITTORIA PADANA
Ieri, 22 Ottobre 2017, i cittadini italiani residenti in Veneto e Lombardia erano chiamati alle urne. Dovevano partecipare a un referendum consultivo. Le autorità regionali venete e lombarde gli chiedevano di delegarle per aprire una trattativa con lo stato, il potere centrale, per avere maggiori deleghe sulle 23 materie che la Costituzione Italiana definisce "concorrenti", cioè che necessitano sia di leggi statali che di leggi regionali per essere applicate. Insomma si chiede ai cittadini che in materie come il libero commercio fra regioni europee, l'ordinamento sportivo, la valorizzazione dei beni culturali la regione abbia più poteri decisionali rispetto allo stato centrale. In Veneto l'esito del referendum è stato uno straordinario successo del presidente Zaia. Il 60% dei Veneti sono andati a votare, dicendo compattamente "si", vogliono che la regione abbia più poteri. In Lombardia i dati sono più contrastanti. Chi è andato a votare nella regione il cui capoluogo è Milano è stato il 40% degli aventi diritto. In Lombardia le istanze del governo regionale sono meno sentite rispetto alla regione di Venezia. I Veneti chiedono maggiore autonomia. Chiedono con forza che le tasse che pagano siano spese per il territorio e non che non vadano lontano, a Roma, come si dice. In realtà il referendum di domenica non potrà garantire che gli schei, come si chiamano i denari in dialetto veneto, rimangano nelle tasche dei cittadini delle due regioni più prospere d'Italia. Il referendum non verteva sulla fiscalità, ma su altri ambiti del potere legislativo. Non è un caso che Zaia, presidente del Veneto, appena incassato la vittoria nella sua regione al referendum abbia messo in un cassetto i progetti legati al quesito referendario e abbia alzato il tiro proponendo di rendere la regione Veneto "a statuto speciale". Cioè invece di portare avanti il progetto di riforma avviato dalla consultazione popolare da lui stesso promossa, ha proposto altro. Invece di incrementare l'autonomia del veneto sulle materie indicate nel quesito della consultazione ha chiesto per il Veneto un diverso status giuridico paragonabile a quello del Trentino - Alto Adige o della Valle d'Aosta. Non è la prima volta che la Lega procede zizzagando. Procede a tentoni verso il sogno di uno stato padano. Si incassano successi, come è stato indubbiamente il risultato referendario in Veneto del 22 ottobre 2017, per intraprendere nuove e diverse strade. Un modo di far politica tipico del giovane Umberto Bossi, il senatur che negli anni '90 spiazzava la folla e i suoi avversari politici dicendo un giorno una cosa e l'altro l'opposto. Zaia segue il tracciato indicato da colui che è il fondatore della Lega Nord ed è ancor oggi considerato l'ispiratore di tutta la politica del carroccio. Allora appare coerente l'incoerenza di Zaia. Scusate il gioco di parole. Appare il suo chiedere a Roma lo statuto speciale per il Veneto, mentre gli elettori veneti hanno appena votato, su sua richiesta, per altro, coerente a quello spirito guizzante e provocatoriamente spiazzante che è stato il motore del leghismo fin dalla sua nascita.
testo di Giovanni Falagario

lunedì 16 ottobre 2017

CALCIO: NAPOLI IN VETTA



NAPOLI AVANTI TUTTA
E' finita l'era Juve? E' prestissimo per dirlo, siamo all'inizio del campionato. Quel che è certo è che il Napoli è in vetta alla classifica del campionato di calcio italiano, mentre la Juventus arranca con già cinque punti di distacco. Nel capoluogo partenopeo l'entusiasmo è alle stelle. Finalmente il lavoro e gli investimenti della società potrebbero, nella città sono d'obbligo gli scongiuri, portare al compimento di un sogno che non si raggiunge da quando non giova più Maradona. L'unica squadra che sembra tenere il passo del Napoli è l'Inter che ieri ha battuto il Milan in un derby al cardiopalma, vinto dai neroazzurri con un rigore concesso al '90. Insomma in questo momento della stagione sembra che la zebra, simbolo della Juventus, debba lasciare il passo all'asinello, simbolo del Napoli. Difficile dire se la situazione rimarrà tale fino alla fine del campionato. Quel che è certo è che il Napoli gioca bene, diverte e vince. Un campionato italiano che soffre da anni di mancanza di una vera tensione agonistica aveva bisogno dell'entusiasmo napoletano per dare pepe a un torneo calcistico che negli anni passati era apparso monotono e privo di stimoli. Le tre squadre, Napoli Inter e Juventus, magari accompagnate da altre, ci auguriamo che possano offrire emozione e divertimento a tifosi stanchi di un calcio monotono. Sperando che il campionato riesca a dare campioni alla Nazionale Italiana che in questi anni si è dimostrata povera di talenti. Chi vincerà lo scudetto? E' presto per dirsi. Certo che la vittoria della lazio allo Juventus Stadium, la vittoria del Napoli sulla Roma hanno ridato nuovo interesse al campionato.
testo di Giovanni Falagario