lunedì 23 ottobre 2017

REFERENDUM IN VENETO E LOMBARDIA



VITTORIA PADANA
Ieri, 22 Ottobre 2017, i cittadini italiani residenti in Veneto e Lombardia erano chiamati alle urne. Dovevano partecipare a un referendum consultivo. Le autorità regionali venete e lombarde gli chiedevano di delegarle per aprire una trattativa con lo stato, il potere centrale, per avere maggiori deleghe sulle 23 materie che la Costituzione Italiana definisce "concorrenti", cioè che necessitano sia di leggi statali che di leggi regionali per essere applicate. Insomma si chiede ai cittadini che in materie come il libero commercio fra regioni europee, l'ordinamento sportivo, la valorizzazione dei beni culturali la regione abbia più poteri decisionali rispetto allo stato centrale. In Veneto l'esito del referendum è stato uno straordinario successo del presidente Zaia. Il 60% dei Veneti sono andati a votare, dicendo compattamente "si", vogliono che la regione abbia più poteri. In Lombardia i dati sono più contrastanti. Chi è andato a votare nella regione il cui capoluogo è Milano è stato il 40% degli aventi diritto. In Lombardia le istanze del governo regionale sono meno sentite rispetto alla regione di Venezia. I Veneti chiedono maggiore autonomia. Chiedono con forza che le tasse che pagano siano spese per il territorio e non che non vadano lontano, a Roma, come si dice. In realtà il referendum di domenica non potrà garantire che gli schei, come si chiamano i denari in dialetto veneto, rimangano nelle tasche dei cittadini delle due regioni più prospere d'Italia. Il referendum non verteva sulla fiscalità, ma su altri ambiti del potere legislativo. Non è un caso che Zaia, presidente del Veneto, appena incassato la vittoria nella sua regione al referendum abbia messo in un cassetto i progetti legati al quesito referendario e abbia alzato il tiro proponendo di rendere la regione Veneto "a statuto speciale". Cioè invece di portare avanti il progetto di riforma avviato dalla consultazione popolare da lui stesso promossa, ha proposto altro. Invece di incrementare l'autonomia del veneto sulle materie indicate nel quesito della consultazione ha chiesto per il Veneto un diverso status giuridico paragonabile a quello del Trentino - Alto Adige o della Valle d'Aosta. Non è la prima volta che la Lega procede zizzagando. Procede a tentoni verso il sogno di uno stato padano. Si incassano successi, come è stato indubbiamente il risultato referendario in Veneto del 22 ottobre 2017, per intraprendere nuove e diverse strade. Un modo di far politica tipico del giovane Umberto Bossi, il senatur che negli anni '90 spiazzava la folla e i suoi avversari politici dicendo un giorno una cosa e l'altro l'opposto. Zaia segue il tracciato indicato da colui che è il fondatore della Lega Nord ed è ancor oggi considerato l'ispiratore di tutta la politica del carroccio. Allora appare coerente l'incoerenza di Zaia. Scusate il gioco di parole. Appare il suo chiedere a Roma lo statuto speciale per il Veneto, mentre gli elettori veneti hanno appena votato, su sua richiesta, per altro, coerente a quello spirito guizzante e provocatoriamente spiazzante che è stato il motore del leghismo fin dalla sua nascita.
testo di Giovanni Falagario

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