lunedì 9 ottobre 2017



CUPIO DISSOLVI
La tendenza all'autodistruzione sembra la caratteristica principale della sinistra italiana. Da quando finì la storia politica del partito comunista, siamo nel lontano 1989, la "parte progressista" della società italiana si è divisa e ricomposta innumerevoli volte. Dalle membra del partito comunista nacquero il Partito della Sinistra e Rifondazione Comunista, lo ricordiamo. Da allora non facciamo altro che assistere a scissioni a sinistra che fanno nascere partiti che durano il tempo di un caffè. Questa brama di dividersi sembra la caratteristica principale della classe dirigente della sinistra. Ormai sono passati già dieci anni dalla nascita del Partito Democratico, che doveva unire in maniera definitiva l'anima cattolica e l'anima laica della sinistra in un progetto comune. A volere il nuovo partito fu una classe dirigente particolarmente acculturata, che si era formata sulla base dell'esperienza americana. Walter Veltroni, quello che fu il primo segretario del pd, intendeva chiudere con il passato, con una sinistra incentrata sull'antiberlusconismo. Si doveva pensare al futuro disse, a costruire un'Italia migliore. Si sbagliava, ovviamente, Berlusconi è sempre lì, gli elettori di destra lo amano. Comunque rimaneva l'afflato del nuovo Partito Democratico al rinnovamento e non a guardare al passato. Poi arrivò Bersani, dopo la sconfitta alle elezioni politiche del pd veltroniano. Pierluigi Bersani difendeva la "ditta", come chiamava il partito. Chi voleva dividere era oggetto delle sue oramai celeberrime battute surreali, rese famosissime dal suo imitatore Crozza. Il Partito Democratico di Bersani era destinato a vincere le elezioni contro la decrepita, così almeno appariva nel 2013, coalizione Lega Forza Italia. Così non fu. In quella tornata elettorale vinse la coalizione del Pd, ma quella guidata da Berlusconi arrivò seconda per un soffio, mentre il nuovo nascente partito "Movimento Cinque Stelle" fondato da Beppe Grillo si affermò come primo partito italiano, il pd lo superò come preferenze solo grazie ai voti degli italiani all'estero. La "non-vittoria", come la chiamò eufemisticamente Bersani, del 2013 aprì le porte a un nuovo segretario: Matteo Renzi, che aveva fatto già parlare di sé alle primarie che si erano svolte prima delle elezioni politiche. da allora gli scontri dialettici fra Renzi e Bersani si sono susseguiti. Bersani, il fustigatore degli scissionisti, si fa scissionista lui stesso fondando "Articolo 1" assieme ad altri esponenti del PD contrari alla segreteria Renzi. La ditta, che Bersani fino al 2013 voleva difendere, ora è diventata un'organizzazione da dileggiare. Insomma anche Bersani si diverte a fare il distruttore della sinistra. Oggi "Articolo 1" è arrivato al punto di chiudere le proprie porte a Giuliano Pisapia, ex sindaco milanese dell'expo, modello di una sinistra che guarda al popolo e allo stesso tempo sa governare, perché sarebbe reo di dialogare con il Partito Democratico a guida Renzi. Pisapia è convinto che senza unità la sinistra non potrà mai più pensarsi come soggetto capace di mutare in meglio la società, per questo motivo auspica un accordo politico fra tutte le forze in campo. Ma la "cupio dissolvi", il bisogno quasi fisico dei dirigenti di sinistra di dividersi e di distruggersi sembra prevalere sul buon senso di Giuliano Pisapia che auspica un programma comune. Bersani forse pensa: la ditta va difesa solo quando la guido io, se non sono io il segretario che il paese vada in malora e che sia guidato da Salvini e Berlusconi. Mala tempora per la sinistra, niente di nuovo aggiungiamo.
testo di Giovanni Falagario


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