ARTICOLO 56
“La Camera dei
deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei
deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione
estero.
Sono eleggibili a
deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i
venticinque anni di età.
La ripartizione dei
seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla
circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della
Repubblica, quale risulta dall’ultimo censimento generale della popolazione,
per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di
ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti e dei più alti resti.
Tutti i cittadini italiani, maggiorenni, sono chiamati ad
eleggere i rappresentanti della Camera. Questo è un principio fondamentale, la
Camera deve essere votata da tutto il corpo elettorale. Il voto è universale,
cioè compiuto da tutta la popolazione. La tradizione giuridica occidentale
definisce la Camera dei Deputati quale camera bassa. Questo termine non vuol
dire degradare e sminuire il ruolo dell’assemblea. La Camera è bassa perché fa
propria la volontà di tutta la popolazione senza che vi siano distinzioni
sociali, è bassa perché accoglie tutti, i suoi membri non si pongono su un alto
scranno a giudicare le miserie umane, ma si fanno protagonisti dell’esigenze
del paese e cercano di trovare risoluzione ai problemi generali. La Camera è la
casa di tutti. Il voto deve essere universale, cioè deve riguardare tutti i
cittadini, con la riforma costituzionale del 2001 possono votare anche i
cittadini italiani residenti all’estero. Anche chi non vive nel nostro paese,
pur detenendo la cittadinanza italiana ma non la residenza, può votare. Il tema
della razza è caro a Forza Italia, alla lega e ai suoi elettori. Per chi vota
destra chi ha sangue italiano, chi ha sangue padano, è titolare di diritti. Chi
vota vive all’estero, ma di sangue italiano o padano, ha dei diritti, mentre
gli altri no. Come ha ben evidenziato il candidato per la destra alla Regione
Lombardia la difesa della razza è uno dei capisaldi su cui si basa l’alleanza
elettorale fra Berlusconi e Salvini. Proprio in occasione degli ottant’anni delle
leggi razziali volute da Benito Mussolini, che il cavaliere definisce “grande
statista”, votare destra vuol dire ribadire le leggi del sangue, vuol dire
rivendicare la superiorità della razza padana se si vive a nord del Po, oppure
la superiorità della razza italiana se si vive al Sud. Vuol dire esprimere
solidarietà per Luca Traini, l’attivista della Lega oggi in carcere perché ha
sparato su delle persone di colore, che non avevano sangue italiano. Ovviamente
il tema della razza, il tema della sua purezza, sarà oggetto di dibattito
politico fin da lunedì, se sono veri i sondaggi, quando sarà chiara la vittoria
della coalizione di estrema destra che ha come leader Salvini e Berlusconi. All’oggi,
almeno per qualche ora ancora, prevale l’idea che la razza non conti nella
conduzione della cosa pubblica, che chi è chiamato a votare è il cittadino . I
seicentotrenta deputati che occupano gli scranni di Palazzo Montecitorio oggi
non sono emanazione di una razza italica, sono esponenti del popolo italiano, rappresentano
coloro che vivono nel nostro paese e rappresentano coloro che hanno legami
forti con esso. Dovrebbero essere eletti direttamente dal popolo. Cioè gli
elettori dovrebbero scegliere chi mandare alla Camera, oggi non è così la legge
elettorale il cui primo firmatario è l’onorevole Rosati. Oggi si vota con un
sistema misto maggioritario e proporzionale che garantisce l’elezione a coloro
che sono arrivati primi, cioè sono stati più votati, nel collegio uninominale
di appartenenza, ma il voto per loro permette di essere eletti a persone
inserite in liste bloccate volute dai partiti che appoggiano il candidato all’uninominale.
Si vota una persona, ma in realtà si manda in parlamento un’altra, un sistema
che contrasta con il principio dell’elezione diretta, come dice la
costituzione, del candidato votato. Secondo costituzione, idea suffragata da
molte sentenze della Corte Costituzionale, il voto deve essere diretto ad
eleggere una persona chiaramente candidata, non può produrre effetti discorsivi.
Per questo la nuova legge elettorale appare dubbia esattamente come lo era
stata la legge voluta dal leghista Calderoli e quella voluta dal democratico
Renzi. In tutte tre le leggi elettorali menzionate non c’è un rapporto causa
effetto fra voto del cittadino ed elezione del candidato. Insomma è più di un decennio che abbiamo leggi elettorali che
sono inadeguate ai principi di rappresentanza e governabilità voluti dal
costituente. È ora di cambiare. Speriamo che i prossimi governi invece di
pensare a salvaguardare la razza padana oppure a difendere gli interessi
personali di Silvio Berlusconi pensino ad adottare misure normative atte a
trovare un giusto equilibrio nelle competizioni elettorali. L’Italia è
ripartita in circoscrizioni, ogni circoscrizione è composta da un numero di
cittadini pari alla divisione della intera popolazione nazionale per il numero
dei posti alla camera, pari a seicentodiciotto. Questo per fare in modo che
ogni circoscrizione elegga un deputato, come dice l’ultimo comma dall’articolo
56 della Costituzione. Questo è un principio di congruità e di proporzionalità
prezioso, che se rispettato anche nelle leggi elettorali risolverebbe molti
problemi di costituzionalità e di giustizia. I tempi sono bui. Sembra destino
del nostro paese essere guidato da una formazione estremista e oscurantista,
interessata solo alla razza e a difendere gli evasori fiscali. L’auspicio che
le cose vadano diversamente è d’obbligo, anche se la speranza di non vedere la
coalizione di Traini al governo è poca.
Pellecchia Gianfranco
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