ARTICOLO 60
“La Camera dei
deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni.
La durata di ciascuna
Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra”
Per festeggiare i settanta anni dalla entrata in vigore della Costituzione Italiana, atto avvenuto il 1 gennaio 1948, "Racconto a mano libera" pubblica uno alla volta gli articoli della nostra carta fondamentale.
Il parlamento, organo complesso composto da Camera dei
Deputati e Senato, è il luogo ove massimamente si manifesta la sovranità
popolare. I componenti delle due camere sono eletti da tutti i cittadini aventi
diritto al voto e rappresentano la nazione. Ricordiamo che per essere elettori
ala Camera bisogna avere diciotto anni, mentre per essere elettori al senato
venticinque. L’articolo 60 stabilisce che l’elezioni per il rinnovamento delle
due camere legislative deve avvenire ogni cinque anni. L’arco temporale che
intercorre fra un’elezione e la successiva si chiama legislatura. Fino alla
legge Costituzionale introdotta il 9 settembre 1963, le legislature delle due
camere avevano una durata diversa. Il senato si rinnovava ogni sette anni. La
Camera, invece, ogni cinque. Fu una scelta del costituente volta a
differenziare le due camere e a dare una diversa caratura al Senato. La scelta
però si rivelò subito non gradita alle forze politiche. Negli anni che
seguirono alla nascita della Repubblica, alla scadenza della legislatura della
camera si chiedeva al capo dello stato di sciogliere anticipatamente anche il
senato, questo per rendere possibile la formazione di un assetto politico
omogeneo in entrambe le camere. Quindi la riforma costituzionale del 1963 fu
vista come un semplice adeguamento della Costituzione Formale alla Costituzione
Materiale. Di fatto era solo un sancire su carta quello che era una prassi
politica. Sono passati decenni da quella scelta. Difficile dire se fu sbagliata
o meno. Difficile dire se è giusto che il senato abbia la stessa durata
temporale della Camera. Una cosa è certa, uno sbalzo temporale nell’elezioni
delle due Camere può certamente determinare la composizione di maggioranze
politiche non omogenee, favorendo così l’ingovernabilità. Il bicameralismo
perfetto, cioè il fatto che ambedue le camere debbano approvare proposte di
leggi e dare la fiducia all’esecutivo, dovrebbe consigliare che i due rami del
parlamento siano rinnovati contemporaneamente per poter favorire sia la
governabilità sia il rispetto della volontà popolare espressa dalle urne. È raro
che il parlamento duri per cinque anni. La stragrande maggioranza delle
legislature passate hanno visto lo scioglimento anticipato delle due Camere.
Questo avviene per scelta e volontà del Presidente della Repubblica, è una
prerogativa propria, uno degli atti più importanti, politicamente e
istituzionalmente, del primo cittadino della repubblica. L’inquilino del
Quirinale, se constata l’impossibilità politica che si formi una maggioranza
che appoggi il governo, deve sciogliere le camere. Nella legislatura aperta con
le elezioni del 1994, l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi
Scalfari, costatando che il governo presieduto dall’Onorevole Silvio Berlusconi
avesse perso l’appoggio delle Camere, nominò un altro presidente del consiglio
che invece ebbe l’appoggio del parlamento e formò un nuovo governo. Questo
mandò su tutte le furie Berlusconi che chiedeva lo scioglimento del parlamento.
Per lui il vero mandato a governare lo aveva dato il popolo che lo amava,
bisogna tornare a votare e quindi far nascere un nuovo parlamento pronto a
rimandarlo al governo. Questa interpretazione della Costituzione è apparsa
forzata. Appariva ai giuristi bizzarro chiedere al presidente della Repubblica
di disobbedire al dettame costituzionale, che gli imponeva di non sciogliere le
camere in presenza di una maggioranza disposta a dare la fiducia al governo
Dini, in virtù del presunto e al momento non appurabile amore della gente per Silvio
Berlusconi. Quello che è certo il grande valore del bicameralismo perfetto. Il
fatto che i cuori e le passioni delle due camere debbano battere all’unisono
per far funzionare la macchina dello stato è fonte di garanzia che le scelte e
le leggi approvate siano frutto di ponderazione. Sono due le assemblee che
devono approvare i disegni e le proposte di legge per essere approvate. Due
organi dello stato devono dare la fiducia al governo. Una garanzia per il buon
andamento dello stato. Il secondo comma dell’articolo 60 prevede che le camere
possano essere prorogate per legge in caso di guerra. Fortunatamente non ci sono
casi e precedenti in cui si sia applicato il secondo comma dell’articolo 60. L’Italia
da quando è repubblica non è mai stata in guerra, il suo esercito ha solo
compiuto operazioni militari all’estero di peace Keaping sotto l’egida dell’Onu.
Anche l’infastua scelta del governo di Forza Italia e Lega di mandare soldati
in Iraq non fu una scelta di guerra. Si voleva supportare l’America di Bush che
Berlusconi considerava già vincente. Poi questa scelta si rivelò tragica, l’Italia
si trovò coinvolta in una guerra non sua, i sogni di potenza del cavaliere di
Arcore produssero le vittime italiane cadute nella cittadina irachena di Nassyria.
Comunque non c’è mai stata la necessità
di prorogare la durata delle camere. Probabilmente, a norma dell’articolo 78
della Costituzione, al momento in cui le camere deliberano lo stato di guerra,
assieme a dare poteri speciali all’esecutivo e/o ad altri organi dello stato,
dovrebbero anche indicare il prolungamento sine die della legislazione in
corso. In caso di guerra nuove elezioni dovrebbero aversi al momento del
ritorno della pace. Speriamo, ovviamente, che non ci sia mai la necessità di
applicare questo comma d’articolo, d’altronde l’articolo 11 della costituzione
tuona che l’Italia ripudia la guerra. Una guerra può essere concepita come
difesa da un esercito invasore. L’Italia non entrerà mai in un conflitto quale
soggetto che attacca, almeno fino a quando la nostra cara Costituzione sarà
vigente. Il Parlamento, in caso di guerra, dovrebbe darsi delle norme al fine
di garantire allo stesso tempo la sicurezza nazionale e la democrazia, che può
essere condizionata dal pericolo ma non soppressa, anche in un momento gravido
di lutti. Spetterà alla saggezza dei parlamentari e del governo sapersi
districare una situazione così complessa.
Scritto da Pellecchia Gianfranco
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